Il social media team de La Stampa interviene sulla pagina Facebook della testata per mettere un freno ai commenti razzisti
Interveniva così, il 9 agosto, il social media team de La Stampa per porre un freno ai commenti razzisti generati da una notizia pubblicata sulla pagina Facebook della testata: la piccola Nicole ha il quoziente intellettivo superiore a quello di Einstein.
Una notizia che desta molto scalpore, in parte perché la bambina – che vive nel Regno Unito – abita in una roulotte, in una condizione lontana dall’essere considerata ideale dall’opinione pubblica per lo sviluppo delle sue capacità. Ma c’è di più: Nicole è rom ed è questo che agli utenti di Facebook proprio non va giù; i commenti razzisti e che incitano all’odio, dimenticando completamente quale sia il contenuto della notizia, iniziano a moltiplicarsi.
La Stampa decide allora di intervenire avvisando chi legge che tali commenti non saranno più tollerati: i post saranno rimossi e agli utenti verrà impedito di poter commentare nuovamente. Detto fatto, le espressioni ritenute inappropriate sono rimosse (per il post clicca qui).
Il quotidiano, tuttavia, con la sua presa di posizione va oltre e fa suo l’appello dell’emittente tedesca ARD, che pochi giorni fa si rivolgeva agli ascoltatori chiedendo loro di opporsi, di parlare e di “svergognare” gli istigatori d’odio. La Stampa, infatti, ha chiesto ai suoi lettori «di isolare chi esprime questo tipo di “opinioni”, non rispondere e se ritenete segnalarli a noi in posta privata».
Riprende il caso il quotidiano online Giornalettismo, che titola un articolo «Razzismo: la lezione de La Stampa che tutti dovremmo imparare. Noi giornalisti per primi» (di Stefania Carboni):
Onestà dell’informazione, veridicità delle fonti e rispetto per la religione, razza, orientamento politico e sessuale delle persone coinvolte. Lo prevede la Carta di Roma, lo richiede la deontologia professionale. Non è questione di libertà di pensiero ma di coscienza professionale.
[…] Il problema si pone quando si smette di esser giornalisti e si fa da grancassa ai politici e populismi di cui è ghiotto il nostro paese: di destra o sinistra che siano. Si inizia così e si finisce nel fare da arbitri in uno scontro virtuale da bar che regala solo sfoghi infimi, inutili.
[…] Sbagliamo noi a non “educarvi” all’informazione e sbagliate voi a spegnere la mente e a non andare oltre agli slogan e il flusso di informazioni che ricevete ogni giorno. Così pian piano diamo il microfono ai signor Nessuno, poi un comune, infine un Paese. Dimenticandoci i nostri doveri e i nostri diritti: quelli di esser umani e insegnarvi a rimanere tali. Sempre. Anche tramite una notizia.
Nel condividere l’atteggiamento e l’iniziativa de La Stampa, ci auguriamo che essi possano stimolare il dibattito e la riflessione nelle redazioni italiane, come accaduto sulle pagine di Giornalettismo. Quello della gestione dell’hate speech sul web, infatti, è un problema del quale si sta finalmente iniziando ad acquisire consapevolezza. Già ad aprile era stato Il Tirreno a dire basta ai commenti brutali e ironici scaturiti dalla notizia del naufragio in cui hanno perso la vita centinaia di persone.
È necessario, però, andare oltre le prese di posizione individuali e affrontare l’argomento in maniera complessa, definendo quali siano le responsabilità di una testata nell’accettare o meno commenti che incitano all’odio, commenti che talvolta contengono gli elementi per – potenzialmente – costituire un reato.
«Una nuova etica giornalistica parte dal contrasto all’hate speech», affermava a inizio luglio Frank La Rue – direttore della Robert F. Kennedy Human Rights Europe – ricordando che la libertà d’espressione resta comunque alla base del pensiero europeo e che il suo rispetto rappresenta la regola.
È ora, per i media, di interrogarsi seriamente su come affrontare l’hate speech online.