Dopo le condanne della tedesca ARD e de La Stampa, a prendere posizione contro l’hate speech è la belga RTBF (la radio televisione belga francofona).
La reazione fa seguito alla pubblicazione su Facebook del link all’articolo «Il Belgio affronta un “afflusso massiccio di rifugiati”? La risposta in cifre»:
La povertà e la xenofobia che trapelano dai commenti all’articolo sono davvero scoraggianti per noi, come redazione. Se gli xenofobi e gli altri agitatori facessero a volte lo sforzo di leggere ciò che scriviamo, forse sarebbero più sereni rispetto alla questione dell’immigrazione, senza tuttavia ignorarne le difficoltà soggiacenti. Questo articolo spiegava, giustamente, che non c’è nulla di eccezionale nella situazione attuale. Ma la stupidità dei numerosi interventi e la loro esasperante xenofobia (ci permettiamo di ricordarvi che è un reato in Belgio) dimostrano che coloro che finiscono su questa pagina la maggior parte delle volte non leggono neppure il contenuto degli articoli, accontentandosi dei titoli. Signori e signore xenofobi, se volete vomitare il vostro odio su altri esseri umani, vi preghiamo di farlo altrove. […] Siamo desolati per tutte e tutti coloro che leggono i nostri articoli e postano commenti costruttivi o esprimono il proprio parere in tono appropriato. Questo messaggio non vi riguarda in alcun modo e la vostra opinione è per noi al primo posto, qualunque sia il suo tenore. Grazie per portare avanti il dibattito. Buona giornata a tutte e tutti. Julien Vlassenbroek (l’autore dell’articolo)
La povertà e la xenofobia che trapelano dai commenti all’articolo sono davvero scoraggianti per noi, come redazione.
Se gli xenofobi e gli altri agitatori facessero a volte lo sforzo di leggere ciò che scriviamo, forse sarebbero più sereni rispetto alla questione dell’immigrazione, senza tuttavia ignorarne le difficoltà soggiacenti.
Questo articolo spiegava, giustamente, che non c’è nulla di eccezionale nella situazione attuale. Ma la stupidità dei numerosi interventi e la loro esasperante xenofobia (ci permettiamo di ricordarvi che è un reato in Belgio) dimostrano che coloro che finiscono su questa pagina la maggior parte delle volte non leggono neppure il contenuto degli articoli, accontentandosi dei titoli.
Signori e signore xenofobi, se volete vomitare il vostro odio su altri esseri umani, vi preghiamo di farlo altrove.
[…] Siamo desolati per tutte e tutti coloro che leggono i nostri articoli e postano commenti costruttivi o esprimono il proprio parere in tono appropriato. Questo messaggio non vi riguarda in alcun modo e la vostra opinione è per noi al primo posto, qualunque sia il suo tenore. Grazie per portare avanti il dibattito.
Buona giornata a tutte e tutti.
Julien Vlassenbroek (l’autore dell’articolo)
«Queste reazioni individuali sono salutari. Il giornalista non può restare passivo di fronte ai discorsi d’odio, a rischio di diventarne complice. Ha, al contrario, la responsabilità di denunciare le affermazioni razziste. Ma sono soprattutto i media a dover attuare le procedure di moderazione che consentono di sopprimere i commenti d’odio e di bannare i loro autori», ha commentato Ricardo Gutiérrez, segretario generale della Federazione europea dei giornalisti, unendosi all’Associazione Carta di Roma nel salutare con favore l’iniziativa italiana de La Stampa. Il quotidiano, infatti, dopo aver rilevato quanti commenti razzisti e d’incitamento all’odio erano stati generati da un post, ha deciso di rimuovere i commenti considerati intollerabili e di impedire agli autori di pubblicare nuovi post sulla sua pagina Facebook.
«Non è questione di libertà d’espressione, ma di etica professionale» ricorda Gutiérrez, aggiungendo che, conformemente a quanto già previsto dai codici deontologici in vigore in alcuni paesi, come il Belgio, le redazioni dovrebbero disporre degli strumenti necessari per moderare il comportamento degli utenti.
L’appello dell’emittente ARD, che si è rivolta in diretta agli ascoltatori dicendo loro che gli incitatori d’odio non sono tollerati e chiedendo, dunque, di manifestare il proprio dissenso verso tali atteggiamenti, potrebbe aver iniziato a smuovere il dibattito sulla gestione dell’hate speech a livello europeo, questione per troppo tempo ignorata da molte redazioni. L’Italia, in questo, non rappresenta certo un’eccezione positiva, ma decisioni come quella de La Stampa dimostrano che una nuova sensibilità e consapevolezza circa le responsabilità dei giornalisti nei confronti dell’incitamento all’odio online iniziano a diffondersi tra i media.
Se Giornalettismo ha definito subito la presa di posizione del quotidiano italiano un esempio da seguire, oggi è Giuseppe Giulietti a riflettere dalle pagine di Articolo 21 sul significato di libertà di opinione: «Significa anche “essere costretti” a pubblicare e a dare spazio sul proprio sito a ogni sorta di insulti, bestemmie, volgarità, istigazione al nazismo, al razzismo, alla omofobia?».
Ricordando che la testata diretta da Stefano Corradino ha scelto di non dar voce al «radicalismo verbale che vive di superficialità ed esibizionismi», il politico e giornalista esprime il supporto a La Stampa: «Altri compiranno forse scelte diverse, ma questa iniziativa merita non solo sostegno ed imitazione, ma anche l’apertura di una discussione capace di coinvolgere tutti i comunicatori, professionali o volontari che siano, il mondo del volontariato e delle associazioni, la Fererazione della stampa e l’Ordine dei giornalisti e chiunque abbia a cuore i destini di una informazione libera da ogni condizionamento, ma anche rispettosa dei più elementari valori civili ed umani».
Nel frattempo, su Twitter iniziano ad affacciarsi le proposte di professionisti della comunicazione e cittadini che chiedono una condanna dell’hate speech.
@BeppeGiulietti @la_stampa @cartadiroma @libera_annclm @Retedellereti @valerio_cataldi Facciamolo anche su FB e TW? #iobannoilrazzismo — Luigi Grimaldi (@LuigiGrimaldi19) 12 Agosto 2015
@BeppeGiulietti @la_stampa @cartadiroma @libera_annclm @Retedellereti @valerio_cataldi Facciamolo anche su FB e TW? #iobannoilrazzismo
— Luigi Grimaldi (@LuigiGrimaldi19) 12 Agosto 2015
Pylos e il silenzio dell’informazione
A Lampedusa c’è la tomba di una giovane donna di nome Ester. Aveva 18 anni e veniva dalla Nigeria. Era incinta ed è morta di stenti su un barcone carico di migranti rimasto in balia delle onde per giorni
Leggi tutti gli articoli su immigrazione, asilo e minoranze pubblicati dalla stampa italiana.
Quiz: quanto ne sai di persone migranti e rifugiate?
Le migrazioni nel 2021, il nuovo fact-checking di Ispi
Trump e G7 catalizzano l’attenzione dell’informazione mainstream
© 2014 Carta di Roma developed by Orange Pixel srlAutorizzazione del Tribunale di Roma n° 148/2015 del 24 luglio 2015. - Sede legale: Corso Vittorio Emanuele II 349, 00186, Roma. - Direttore responsabile: Domenica Canchano.