Di Anna Spena su Vita.it
Siamo a Trieste, in Piazza della Libertà, una delle più importanti della città, dove si trova la stazione ferroviaria. Ogni giorno, tra il tardo pomeriggio e la sera, qui arrivano più di 100 persone: i migranti della Rotta Balcanica, in molti partiranno subito per il Nord Europa. Il flusso aumenta o diminuisce a seconda dei mesi e a seconda di quanto la polizia croata – al confine con la Bosnia Erzegovina – li respinge indietro in modo che non possano arrivare in Europa. E in queste settimane il numero di ingressi è aumentato. L’ultimo rapporto di Frontex ha rilevato che, nei primi dieci mesi del 2022, gli arrivi ai confini esterni dell’Unione Europea sono stati circa 275mila, con un aumento del 73% rispetto ai primi dieci mesi dell’anno precedente. La rotta più attiva rimane quella dei Balcani Occidentali, dove si sono registrati 128.438 attraversamenti, un aumento del 168%. E Infatti «in Bosnia Erzegovina, in modo particolare nel Cantone di Una – Sana», dice Silvia Maraone, project Manager dell’Ipsia, ong delle Acli, «oggi ci sono poco meno di 4mila migranti. Ma il numero delle persone ancora bloccate qui, inferiore agli anni passati, non dice tutto su quello che sta accadendo. Il dato interessante è un altro: il numero delle persone che superano il “game” – espressione utilizzata dai migranti per indicare il passaggio tra il confine bosniaco e quello croato – ad oggi è circa il 170% più alto dello scorso anno». Mentre il neo Governo si è lanciato contro una nuova crociata verso le ong che soccorrono i migranti in mare e urla ad un’emergenza che in Italia non esiste, è solo il sistema dell’accoglienza a operare in maniera emergenziale dato che 7 migranti su 10 sono accolti in centri straordinari, erroneamente si continua a non guardare alle rotte terrestri.
Non tutti i migranti che passano i confini terrestri vengono registrati. L’unico dato ufficiale che esiste in Italia, pubblicato dal Ministero dell’Interno, tiene conto solo del numero dei migranti arrivati via mare, quindi degli sbarchi. Dal primo gennaio al 16 novembre 2022 in Italia sono arrivati 93.241 migranti, tra loro 11.172 (dato aggiornato al 14 novembre ndr) sono minori stranieri non accompagnati. E allora alla domanda: “quanti sono i migranti che ogni anno passano per l’Italia?”, la risposta è “non lo sappiamo”. Quello che possiamo fare è avere delle stime e confrontare le voci delle organizzazioni umanitarie e dei volontari che presidiano i punti nevralgici delle rotte di terra per dare prima assistenza ai migranti che arrivano. Tre i luoghi principali da considerare: il Friuli Venezia Giulia, nello specifico la città di Trieste, perché il punto d’arrivo delle Rotta Balcanica, quindi l’ingresso in Italia e le due frontiere d’uscita, Oulx in Val di Susa, e i comuni di Ventimiglia e Mentone, dove i migranti provano a passare il confine con la Francia, ma più e più volte vengono respinti dalla parte Italiana del confine.
«Dallo scorso agosto», spiega Gian Andrea Franchi, vice presidente dell’associazione Linea d’Ombra odv, organizzazione di volontari che presta cure mediche, dà indumenti puliti a chi passa in transito per la città di Trieste e organizza viaggi in Bosnia per portare aiuti concreti ai migranti e agli attivisti presenti sul posto, «il flusso dei migranti che arrivano dalla Rotta Balcanica è aumentato notevolmente. Parliamo di una media di almeno 80 persone al giorno, con picchi fino a 200. Questo dipende anche dal fatto che la polizia croata – che da anni ormai effettua respingimenti illegali e usa lo strumento della violenza contro i migranti – sta facendo passare più persone, questo per loro significa anche un impiego minore di forze di polizia ai confini». A Trieste stanno arrivando anche molte famiglie con minori. «Diverse famiglie curde», continua Franchi. «Stanno arrivando persone anche dall’Africa subsahariana, che prima non vedevamo, e poi sempre pakistani, afghani, nepalesi».
Per avere un’idea, o almeno per provare a ricostruire, quante persone passano per il territorio italiano dobbiamo guardare oltre agli sbarchi via mare, alle stime di Frontex, alle domande d’asilo che ci dicono chi si ferma qui, anche ad un altro dato: quello dei respingimenti. Un flusso di persone maggiori in ingressi significa che ad Oulx, in Val di Susa, ma ancora di più a Ventimiglia e Mentone, le persone si bloccano perché vengono rispedite indietro dalla polizia francese. Guardando i dati del Prefetto del Dipartimento PACA (Provence-Alpes Maritimes-Cote d’Azur) e del Ministero dell’Interno Italiano nel 2016 ce ne sono stati 31mila, nel 2017 è stato registrato un picco di 50mila, per poi tornare a 29.600 nel 2018. Nel 2019 il numero è calato ancora, con poco più di 18mila respingimenti. E il 2020 non è stato da meno: nonostante la pandemia abbia bloccato quasi totalmente i flussi durante la primavera, il numero delle persone respinte è pari a 22.616. «Nel 2021», spiega Jacopo Colomba, project Manager di WeWorld a Ventimiglia, «al confine con la Francia sono state respinte 22mila persone. Quest’anno i respingimenti saranno superiori ai 30mila».
Per la stragrande maggioranza delle persone che arrivano dalla Rotta Balcanica, l’Italia non è il Paese di destinazione. Ma anche se lo fosse, non è così scontato risalire al numero di migranti che decide di fare domanda d’asilo nel Paese: «Il ministero dell’Interno», spiega Gianfranco Schiavone dell’Asgi, Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione, «non pubblica mai i dati complessivi sulle domande d’asilo presentate dalla persone che non arrivano via mare. È una volontaria omissione, come se queste persone non esistessero anche quando poi di fatto fanno domanda d’asilo in Italia e rientrano nel nostro sistema di accoglienza. Solo in Friuli Venezia Giulia, lo scorso anno, sono state presentate circa 10mila domande».
WeWorld ha aperto 2 anni fa a Ventimiglia una struttura di accoglienza insieme a Caritas Intemelia e Diaconia Valdese, pensata per famiglie e donne che cercano di attraversare il confine con la Francia e che hanno bisogno di un riparo per la notte. Dal novembre 2020 ha ospitato 787 nuclei familiari per un totale di 2.278 persone in fuga da 37 paesi diversi. La struttura è stata aperta per sopperire alla chiusura del Campo Roja, il presidio della Croce Rossa italiana dove venivano accolti i migranti di passaggio. «Le stime sono sempre imprecise», continua Jacopo Colomba, «ma tra agosto e fine ottobre ci sono stati circa 150 respingenti al giorno. Dall’inizio di novembre i respingimenti si sono attestati sui cento. Il 10% delle persone che intercettiamo sono minori stranieri non accompagnati, in prevalenza afghani, anche molto piccoli. La maggior parte delle persone sono originarie dell’Africa sub-sahariana, soprattutto da Eritrea, Costa d’Avorio, Nigeria, Guinea ed Etiopia, sono arrivate dalla rotta mediterranea, o già nel nostro paese ma uscite dal sistema di accoglienza italiano. Poi c’è un’altra parte proveniente dai Paesi del Nord Africa – Tunisia e Libia- dal Medio Oriente, principalmente da Afghanistan, Siria, Iran e Iraq/Kurdistan. Loro arrivano principalmente seguendo la rotta balcanica o quella del Mediterraneo orientale. Ventimiglia è diventata la “Lampedusa del nord” dal 2015. Quando la Francia ha letteralmente chiuso ogni punto di passaggio abbiamo visto la militarizzazione dei valichi per fermare e scoraggiare i flussi migratori».
Prima la maggior parte dei migranti provava ad attraversare la frontiera in treno: di solito alla prima stazione francese, quella di Menton Garavan, li aspettava la polizia francese, che perquisiva tutte le carrozze. Alcuni provavano a nascondersi nei bagni, altri nei vani elettrici. Lo scenario è cambiato a partire da marzo 2021, ovvero da quando sono stati introdotti i controlli sui documenti da parte di pattuglie miste italo-francesi direttamente sul binario del treno diretto in Francia alla stazione di Ventimiglia, sulla base di un nuovo accordo bilaterale fra i Ministeri dell’Interno dei due paesi. Ciò ha determinato che provare il passaggio tramite treno è diventato estremamente più difficile, di conseguenza vengono attualmente preferiti altri metodi. «Molti provano ad attraversare rivolgendosi a un passeur, pagando per nascondersi in una macchina o nel retro di un camion. Altrimenti c’è chi tenta camminando sulla ferrovia, o in autostrada, o ancora per i sentieri del crinale: il più famoso è il cosiddetto “passo della morte”, alla fine del quale la polizia francese ha installato telecamere e droni per controllare la montagna dall’alto».
Foto in evidenza di Lorena Fornasir, presidente dell’associazione Linea d’Ombra
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