Non sono stati denunciati e la prefettura di Brescia ha smentito ufficialmente di aver assunto qualsiasi iniziativa, eppure un quotidiano titola come fosse già stato presentato il provvedimento giudiziario a danno di dieci sindaci del bresciano.
Ben due articoli di Libero, ieri, puntavano i riflettori sulla vicenda. «Rifiutano i clandestini denunciati 10 sindaci» e «Dieci sindaci anti clandestini si beccano una denuncia» titola oggi il quotidiano. All’interno del primo si mette subito in chiaro che «in questura di Brescia è pronta una denuncia», mentre nel secondo pezzo leggiamo che «il timore che le denunce partano è più che reale». Quindi niente denunce o denunciati, nonostante i titoli non lascino dubbi a riguardo.
Ancora più interessanti sono la ricostruzione e la motivazione delle possibili denunce pronte alla questura di Brescia. Nel sottotitolo il quotidiano afferma: «difendere la propria comunità diventa reato». Peccato che poi nel testo dell’articolo firmato da Giuseppe Spatola si chiarisca che l’accusa a danno dei sindaci è di «reato per falso ideologico, abuso d’ufficio e omissione d’atti d’ufficio». Come afferma lo stesso collega di Libero, i sindaci sono ufficiali di governo e hanno -nell’articolo avrebbero – l’obbligo costituzionale di «adoperarsi per risolvere un problema se interpellati dal prefetto».
Per chiarire le procedure e ricostruire la vicenda ci viene in aiuto l’intervista a Domenico Manzione della collega Maria Cristina Carratù sulle pagine fiorentine de La Repubblica di oggi. Il sottosegretario agli Interni ricorda infatti che nel luglio del 2014 è stato approvato da governo, regioni ed enti locali un Piano nazionale «che demanda a ogni prefettura capoluogo di regione di istituire un tavolo regionale per una sistemazione concordata a livello locale». «Nel caso in cui (questa procedura) fallisse – continua Manzione – renderebbe obbligata la via che prevede il potere dei prefetti di trovare loro stessi in via straordinaria, tramite requisizioni o bandi di gara, le strutture necessarie per l’accoglienza».
Nel bresciano, dunque, si è proceduto secondo il piano concordato dagli stessi enti locali chiedendo ai vari sindaci la disponibilità di strutture di accoglienza. I sindaci dei comuni bresciani hanno dichiarato nelle relazioni consegnate al prefetto di non aver disponibilità di alcuna struttura. La prefettura ha quindi stabilito dei controlli e verificato che, al contrario, la possibilità esisteva. Da qui le basi per una denuncia per falso ideologico e abuso d’ufficio perché, come ribadisce al Corriere della Sera l’avvocato Alberto Guarisio dell’Asgi (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione): “Un sindaco ha l’obbligo di dire la verità all’autorità statale. Tanto più se il tema riguarda un piano di livello nazionale».
«L’atteggiamento di chi resiste non paga da nessun punto di vista», afferma nell’intervista a Carratù il sottosegretario Manzione. Certo, paga in termini di temporanea visibilità, perché sindaci e assessori di questi piccoli comuni non avranno forse tante altre chance di finire sulle pagine nazionali.
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