Il Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale segnala l’esperienza spagnola nella gestione – virtuosa – dei Centri di identificazione per il rimpatrio
“Fin dalla dichiarazione dello stato di allarme in Spagna a seguito dell’emergenza Covid-19 – si legge nel comunicato del Garante – le Autorità politiche e amministrative spagnole avevano cominciato a interrogarsi sull’opportunità di tenere aperti i Centri di identificazione per il rimpatrio (Cies) essendo venuti meno, in circostanze senz’altro eccezionali e imprevedibili, i presupposti stessi della loro esistenza, primo fra tutti l’effettiva possibilità, in un orizzonte temporale ragionevole, di procedere al rimpatrio a seguito della chiusura delle frontiere tra e con quasi tutti i Paesi del mondo”.
Per questo motivo, i Cies spagnoli, a cominciare da quello di Barcellona e successivamente Valencia, Madrid, Las Palmas e Murcia, hanno lasciato uscire le persone destinate all’espulsione che in molti casi sono state prese in carico dai servizi territoriali pubblici o da organizzazioni di volontariato. Da rilevare che, in tale ambito, il Ministero dell’interno spagnolo aveva sottoscritto una specifica convenzione con alcune Organizzazioni non governative (Ong) che si erano dichiarate disponibili a offrire ospitalità.
Come segnalato da differenti organizzazioni e associazioni italiane, anche la situazione nei Cpr (centri per il rimpatrio italiani) è alquanto delicata: molte persone che condividono, lo stesso ambiente, in condizioni igieniche poco adeguate che non rendono possibile l’applicazione di misure adeguate per il contenimento del Covid-19. Una interlocuzione con il Ministero degli Interni è indispensabile per capire come procedere con tutti coloro che non possono essere rimpatriati e che hanno diritto trattamenti di salvaguardia della salute.
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Piera Francesca Mastantuono