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“Il giornalismo etico è giornalismo pensante”

Formazione a Palermo. Natale: «Il giornalismo etico è giornalismo pensante»

Si è svolta ieri a Palermo presso la sede dell’Ordine dei giornalisti della Sicilia un seminario di formazione rivolto principalmente ai giornalisti siciliani sulla Carta di Roma, il codice deontologico su migranti, richiedenti asilo e rifugiati, siglato nel giugno 2008 da Consiglio Nazionale dell’Ordine, FNSI su stimolo dell’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati (UNHCR).

All’incontro hanno partecipato circa 50 giornalisti tra cui diversi caporedattori di testate locali, oltre a esponenti della società civile organizzata e istituzioni locali. A dare il saluto il neoassessore con delega all’immigrazione del Comune di Palermo, Giusto  Catania che apprezzando l’iniziativa, ha annunciato che come primo atto del governo della città, il Sindaco Orlando conferirà la cittadinanza onoraria a tutti i residenti stranieri che abitano Palermo. Sapendo che la politica insieme ai media, hanno avuto una grande responsabilità in questi anni nell’alimentare quella che alcuni hanno chiamato “imprenditoria politica della paura”, questo atto annunciato dall’assessore Catani,a non può che andare nella direzione di discontinuità politica auspicata anche da Roberto Natale in uno dei suoi interventi al dibattito. Come ribadito anche dall’assessore alle politiche sociali della Provincia di Palermo, Massimo Rizzuto, e dallo stesso Catania  «è necessaria una battaglia culturale sul tema dell’immigrazione per costruire una pedagogia di massa, per cambiare l’uso del linguaggio stereotipato nei confronti dei cittadini stranieri».

L’informazione è un tassello chiave per la formazione dell’opinione pubblica, il compito del giornalista deve essere quello di riportare la verità sostanziale, indagare e fondare il discorso sui fatti. «L’esigenza di un racconto senza omissioni e con onestà dalla parte dei giornalisti dell’emergenza Lampedusa che teneva vittime sia i migranti che i Lampedusani, non è stata facile», ha raccontato Laura Anello, corrispondente all’epoca de La Stampa e oggi al Giornale di Sicilia.

«Una stampa responsabile ha il dovere di andare oltre la mera contabilità degli sbarchi», ha affermato Laura Boldrini, ispiratrice della Carta di Roma che ha esortato i colleghi ad analizzare e raccontare la realtà migratoria in un contesto più ampio, dando voce ai veri attori della globalizzazione che sono i migranti stessi.

Grande apprezzamento da parte di tutti i giornalisti presenti alla tavola rotonda per l’occasione di riflessione e per lo strumento delle Linee Guida della Carta di Roma, «un codice ancora troppo conosciuto nelle redazioni» – afferma il caporedattore RAI Sicilia Vincenzo Morgante.

Ben vengano allora le iniziative dell’Ordine, che in primis ha il compito di vigilare sulla deontologia professionale, sia per far conoscere la Carta di Roma insieme alle altre Carte che i giornalisti si sono dati. Solo dopo aver avuto adeguata informazione su queste e non aver ottemperato ai propri doveri di giornalista possono partire le sanzioni, afferma Riccardo Arena , presidente dell’ordine dei giornalisti di Sicilia, che ha ospitato l’incontro di Palermo e lo ha promosso insieme all’Associazione stampa siciliana.

«Il giornalismo italiano ha scelto la strada della formazione» ha affermato Roberto Natale che sottolinea lo sforzo delle associazioni di categoria insieme a quello dell’UNAR, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali e molte altre sigle che hanno dato vita all’Associazione Carta di Roma,  per continuare a promuovere il dibattito e portarne i contenuti all’interno delle redazioni.

Il lavoro con le aziende editoriali e il servizio pubblico è lo spunto lanciato da altri giornalisti presenti alla tavola rotonda, come Giorgio Petta de La Sicilia, Fabio Nuccio di Mediaset e Elvira Terranova di ADN Kronos e raccolto dal presidente della FNSI a nome di Carta di Roma.“Fare informazione in modo completo è possibile” ha chiuso il caporedattore dell’ANSA Franco Nuccio, dopo aver raccontato la difficoltà di far passare notizie drammatiche quando coinvolgono le vite dei migranti, ma anche esempi positivi di giornalismo di inchiesta come quelli realizzati da Giovanni Maria Bellu e Fabrizio Gatti. “Quando ci sono discriminazioni, soprattutto a danno dei più deboli, la stampa ha il dovere di descriverle con i termini corretti” afferma Mauro Valeri dell’UNAR, ricordando come la situazione degli ambulanti immigrati a Palermo non è molto migliorata dopo il drammatico caso di Noureddine Adnane, ricordato anche da Sebastiano Messina, caporedattore di Repubblica.

Voci ed episodi troppo poco ascoltati quelli raccontati dai migranti residenti nelle nostre città sia quelle delle cosiddette seconde generazioni, testimoniate da Yodith Abraha, mediatrice culturale, ma anche da Farid Adly, giornalista di origine libica, che ha ricordato anche come la presenza di redattori immigrati o figli di immigrati nelle redazioni potrebbe contribuire ad una diversa lettura e comprensione dei fenomeni migratori da parte dei media.

Nel pomeriggio una delegazione di 15 giornalisti guidati dal Presidente della FNSI, Roberto Natale, insieme alla Presidente regionale dell’Arci Sicilia Anna Bucca, ha potuto accedere al CIE di Milo (Trapani). La delegazione, nell’ambito della Campagna europea ‘Open Access Now – Aprite le porte. Lasciateci entrare!’, mirava ad assicurare la libertà di stampa in quei luoghi off limits per la libertà d’informazione e per i diritti dei detenuti stranieri. La delegazione ha potuto aver accesso ad un’unica “sezione” di detenuti (sui circa 70 “ospiti” ad oggi presenti nel Cie, dopo le numerose fughe degli ultimi giorni), raccogliere interviste individuali e constatare le condizioni di vita inaccettabili e l’assente assistenza legale agli “ospiti”. Il periodo di detenzione medio è di 5 mesi, ma alcuni sono rinchiusi già da 8 mesi, non identificati dal loro Consolato e in attesa di un rimpatrio improbabile, magari essendo trasportati da un Cie all’altro per mezza Italia. I cronisti hanno anche potuto raccogliere le storie di persone che vivono in Italia da anni, che hanno pagato i contribuiti, che sono sposati o convivono con italiane, che hanno figli italiani e che vengono detenuti senza aver commesso un reato.

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