Di Ingrid Cobben
Pubblicato dalla World Association of Newspapers and News Publishers
Traduzione a cura di Carta di Roma
Il racconto grafico si presta particolarmente bene a umanizzare le storie di emigrazione e immigrazione, afferma Eva Hilhorst, graphic journalist e direttrice di Drawing the Times, nuova piattaforma per il giornalismo grafico. «Ci permette di mostrare che migranti e rifugiati sono persone come noi, non solo numeri o individui che arrivano per beneficiare del nostro sistema», ha spiegato durante il World Editors Forum.
Offre un modo unico per andare oltre alle statistiche raccontando storie individuali, come quella di una donna nigeriana indotta a spostarsi nel Regno Unito per trovare lavoro per poi essere sfruttata sessualmente.
«Alla fine di quel racconto, dopo aver letto di una ragazza vittima di traffico giunta a Londra dalla Nigeria, sei pronto per tutti gli altri articoli sulla schiavitù e il traffico di esseri umani del Guardian», ha detto a Journalism.co.uk Ben Dix, che ha prodotto la storia ed è fondatore dell’organizzazione promotrice di graphic journalism PositiveNegatives.
Illustrazione di Jules Calis, tratta da “The story of a Syrian refugee”.
Per via della sua natura visiva, il giornalismo grafico offre un’esperienza immersiva e può essere particolarmente utile quando le fonti desiderano restare anonime.
Un esempio è “A Guard’s Story”, in cui un ex dipendente della Serco, multinazionale che si occupa di sicurezza e gestisce i centri di detenzione per migranti in Australia, si è assunto un rischio significativo raccontando delle violazioni che si erano verificate nella struttura. Ha sostenuto che, stando alla sua esperienza diretta, il centro era gestito come una prigione dove i richiedenti asilo ricevevano punizioni e trattamenti umilianti deliberati ed erano spinti all’autolesionismo e costretti a assumere farmaci.
Anziché raccontare questa storia in modo convenzionale, il Global Mail – ormai chiuso – decise di affidare la storia a due illustratori. In stretta collaborazione con l’informatore, hanno fatto avanti e indietro nella realizzazione del racconto grafico per assicurarsi che i disegni fossero accurati. Senza telecamere o riflettori il giornalismo grafico consente un ampio accesso alle storie – pur mantenendo l’impatto – grazie alla narrazione visiva che dà vita al racconto.
In alcune occasioni gli illustratori hanno disegnato i ritratti sul posto, solamente con un blocco note e un registratore vocale. Jules Calis, graphic journalist, ha notato che la gente risponde in modo positivo: «Sentono di essere ascoltati. È disarmante, spesso iniziano a raccontarmi più di quanto ho chiesto».
Questo tocco personale può far apparire il giornalismo grafico più soggettivo, ma, come Eva Hilhorst spiega, «con le notizie divenute molto impersonali a causa di internet, le illustrazioni a mano danno il senso di un contatto personalizzato». Hilhorst lo compara a una lettera scritta a mano, in opposizione a una lettera battuta al computer.
Se la nozione di oggettività è una questione già molto dibattuta nel giornalismo, essa è particolarmente rilevante nel giornalismo grafico. Mentre questa rappresenta la maggiore sfida da superare, un’altra – più tecnica – consiste nell’offrire prodotti compatibili con tutte le piattaforme. «Più che pensare ai tradizionali fumetti stampati, l’inclusione delle storie grafiche nei prodotti multimediali digitali è la strada da percorrere», conclude Hilhorst.
L’illustrazione in alto è di Lindsay Pollock. È tratta da Hasko, racconto grafico realizzato nell’ambito di “A Perilous Journey”, trilogia basata sulle testimonianze di siriani che hanno chiesto l’asilo in Scandinavia nel 2015. I tre racconti, prodotti da PositiveNegatives, sono stati pubblicati dal Guardian e dall’Aftenposten e ne è stata fatta un’esposizione presso il Nobel Peace Centre di Oslo. exhibition launched at the Nobel Peace Centre, Oslo (12 Nov 2015).
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