Da paese più ignorante a paese più razzista. Il passo è breve e forse consequenziale. L’ennesima ricerca comparata di livello europeo ci fotografa come la nazione più intollerante soprattutto nei confronti dei rom. Numerose testate tra cui l’Espresso e il Giornale hanno commentato i risultati della ricerca del Pew Research Centre che ha realizzato un sondaggio su 7 paesi europei rispetto al sentimento anti-europeo e quello relativo al rapporto con le minoranze etniche e religiose.
L’Italia si è aggiudicata il triste record del sentimento più ostile rispetto alle tre minoranze indagate: rom, ebrei e musulmani.
Un dato preoccupante ma che non stupisce affatto. Nel novembre del 2014 infatti era stato l’istituto di ricerca Ipsos Mori a stilare “l’indice dell’ignoranza” mettendo a confronto le conoscenze diffuse tra i cittadini di 14 diversi paesi europei. L’Italia si conquistava anche in questo caso il preoccupante primato di paese “più ignorante”, soprattutto in riferimento alla conoscenza del fenomeno migratorio. Lo scarto maggiore tra realtà e percezione degli italiani riguardava infatti il numero di immigrati, la percentuali di musulmani che vivono nel nostro paese ecc.
Eppure la ricerca recente del Pew Research Centre sembra contenere quegli stessi difetti che alimentano il razzismo: generalizzazione e semplificazione.
Andando ad analizzare le note metodologiche si scopre che il dato è ricavato da una domanda, sottoposta al campione di intervistati, che suona così: «Chiediamo una sua valutazione su alcuni gruppi: ci dica se la sua opinione sui rom è positiva o negativa» (per leggere le note cliccare qui, pag. 34).
«In pratica – afferma su Facebook il collega del Corriere delle Migrazioni Sergio Bontempelli – è come se si chiedesse “ti stanno simpatici i rom?”». E continua: «A me pare una domanda sbagliata. Anzitutto, perché generalizza in modo arbitrario (i rom non sono un’entità unica e indifferenziata). E poi, perché il problema non è la “simpatia”: il punto è capire quali sono le pratiche diffuse di discriminazione, di esclusione e di violenza, e come vengono legittimate dalla stampa e dal senso comune».
Provare a comprendere il fenomeno del razzismo sondando il seppur allarmante problema di “sentimento” degli italiani sembra quindi limitativo. Dovrebbe preoccupare di più – i media in particolare – il tasso di ignoranza sul fenomeno migratorio in Italia. Un fenomeno che il nostro paese conosce da più di 30 anni e che continua invece ad essere raccontato e percepito in un’ottica securitaria e perennemente emergenziale.
«Abbiamo perso vent’anni di storia» affermava sul suo blog il regista Andrea Segre denunciando come il discorso politico e pubblico «abbia soffiato sui fuochi facili della xenofobia e della discriminazione […] sostenendo che i vari nemici della civiltà andavano fermati […] e impedendo così al nostro paese di sapersi preparare al futuro necessario e inevitabile di una nuova cittadinanza plurale e interculturale».
Allora anche quando parliamo di razzismo nel nostro paese, converrebbe svincolarsi dalla logica dello slogan e del titolo a effetto e provare ad analizzare e raccontare in modo serio e approfondito cos’è il razzismo in Italia oggi. La vera sfida è comunicare la complessità.
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