Di Giovanni Maria Bellu
Da oggi, la collega Domenica Canchano è il direttore responsabile del sito della nostra Associazione. Vedremo se, speriamo in tempi rapidi, lo sarà anche “di diritto”. Non è affatto certo perché legge italiana ancora impedisce che uno straniero possa assumere questa carica. Si tratta di una norma del 1948, totalmente superata dalla storia, ma non ancora dal nostro legislatore. Intanto abbiamo deciso di ‘superarla’ noi.
E non solo perché questo divieto è anacronistico (tanto che per trovarne la ragione bisogna tornare indietro agli anni della Guerra Fredda), ma soprattutto perché impedisce in modo assoluto a una intera categoria di giornalisti – individuata sulla base di un criterio aprofessionale qual è la nazionalità – di poter governare e guidare qualunque iniziativa editoriale. Se oggi un gruppo di giornalisti immigrati volesse aprire “Il giornale dell’immigrazione”, non potrebbe farlo. O dovrebbe affidarsi a un prestanome.
Chi scrive – ma l’opinione è condivisa dalla stragrande maggioranza dei giornalisti italiani che si occupano di questi temi – ritiene che l’approccio emergenziale all’immigrazione che ancora caratterizza l’informazione italiana finirà quando la titolarità del racconto passerà ai protagonisti. Fino a ora abbiamo tentato di dare voce a chi non l’aveva, adesso dobbiamo dare modo alle tanti voci che si sono impadronite della nostra lingua e della nostra cultura di raccontarsi. Questa rivoluzione è in atto da anni. In modo silenzioso perché – come in tutti i campi lavorativi – i colleghi stranieri sono le prime vittime della crisi, dello sfruttamento professionale, del precariato.
La nomina di Domenica Canchano alla guida del sito dell’Associazione Carta di Roma non è solo una “provocazione buona” contro una legge vecchia. È anche un modo per riaffermare la necessità di questo passaggio di testimone.
La Carta di Roma è il codice deontologico al quale i giornalisti devono attenersi quando si occupano di migranti, rifugiati e richiedenti asilo. È giusto, anzi verrebbe da dire ovvio, che a “fare la cronaca” della sua applicazione (e disapplicazione) siano i colleghi che meglio conoscono la materia. Perché, in molti casi, la materia fa parte della loro stessa vita.
Giovanni Maria Bellu
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