Di Antonio Maria Mira su Avvenire
Dalle coste calabresi alle montagne piemontesi della Val di Susa. Da Roccella Jonica a Oulx. Ecco dove vanno gli afghani sbarcati nel porto della Locride che non fanno domanda d’asilo, ricevono il decreto di espulsione e scompaiono. Arrivano lungo la rotta turca, a bordo delle barche dei trafficanti di uomini, e finiscono per affidarsi ad altri trafficanti per superare il confine delle Alpi, passare in Francia e da lì raggiungere la loro meta, i Paesi del Nord Europa.
Oppure ci provano da soli. Sono singoli ma anche tante famiglie. Sempre sfruttati e a rischio. Dopo i rischi del mare quelli della montagna. E sono l’ennesima dimostrazione dell’inadeguatezza delle norme europee sugli immigrati. A raccontare questo flusso crescente è Martina, operatrice legale del servizio della Diaconia valdese che partecipa, con altre organizzazioni, al progetto Open Europe, sulle tre frontiere, quella di ingresso di Trieste e quelle in uscita di Ventimiglia e Oulx.
«A Oulx prevalgono gli arrivi dalla rotta balcanica, però in alcuni mesi, come a maggio, gli arrivi dalla Calabria hanno superato quelli della rotta balcanica. Mentre sono molto pochi quelli che arrivano dalla Libia. Quella turca è davvero una rotta importante. Sono numeri molti significativi e rilevanti. Soprattutto negli ultimi mesi. E la maggior parte sono afghani». I numeri delle persone incontrate da Martina sono chiarissimi. A gennaio dei 28 provenienti dalla rotta turca 26 erano afghani, a febbraio 5 su 8, a marzo 62 su 71, ad aprile 17 su 22, a maggio, mese record, 122 su 217, a giugno 50 su 60.
Martina conferma quanto denunciato un mese fa ad Avvenire dal sindaco di Roccella Jonica, Vittorio Zito. «Tutti gli afghani hanno il decreto di respingimento perché alla domanda: “volete fermarvi o volete andare via?” rispondono che vogliono andare in Germania o in altri Paesi. Ma il problema principale è che non sanno nemmeno cosa hanno in mano, pensano sia un biglietto di viaggio per poter raggiungere altri Paesi dell’Ue e non hanno un’informativa completa di che cosa quel provvedimento significa, quali sono i loro diritti. Pensano che in quei sette giorni non può succedere niente. Ma è un’idea male interpretata. E non sanno neanche che col decreto hanno sempre il diritto di chiedere protezione ».
Martina li incontra nel rifugio di Oulx che offre accoglienza a chi è in transito. «Parlo con loro per sapere che intenzioni hanno, faccio informativa legale, o presa in carico quando c’è qualcuno che si ferma o riprende un percorso andato storto». Ma chi sono questi migranti? «Ci sono famiglie con bambini e moltissimi minori non accompagnati che dovrebbero essere messi sotto protezione. Per loro non esiste il respingimento e quindi attraversano senza questo pericolo la montagna». Non tutti sono consapevoli di correre il rischio di essere respinti. «Quelli che vengono dalla rotta turca meno di quelli che vengono dalla rotta balcanica, perché questi lo hanno già sperimentato».
Dalle notizie raccolte non sembra che chi ha organizzato il viaggio via mare fino alle coste calabresi “offra” anche quello fino al confine. «Il trafficante garantisce il viaggio fino in Calabria. Poi si devono arrangiare, prendono il treno fino a Milano e poi a Torino. Ci mettono pochi giorni. Quindi prendono un pullman fino al confine e poi proseguono a piedi. Non osservo una rete che li aiuti a passare il confine, un fenomeno di tratta. Magari li aspettano familiari o amici. Sono passaggi abbastanza in autonomia. Ma certo a rischio di finire in mano a chi si fa pagare per passare il confine».
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