Nel 2023, oltre un terzo delle notizie trasmesse nei telegiornali serali nazionali di Rai, Mediaset e La7 è stato dedicato a eventi internazionali, comprensivi di hard news e soft news. Questa è una delle percentuali più alte sulla copertura di notizie internazionali nell’arco temporale 2012-2023, con un totale di 15.589 notizie internazionali, corrispondente al 36% di tutte le notizie trasmesse. E questa è l’unica buona notizia contenuta nel 6° rapporto “Illuminare le periferie” presentato il 6 giugno 2024 nella sede della Federazione Nazionale della Stampa da rappresentanti di COSPE, Osservatorio di Pavia, UsigRai, Fnsi e Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), promotori del report. Insieme a loro anche Roberto Natale, direttore RAI per la Sostenibilità, Bertrand Mani del coordinamento Italiano delle Diaspore per la Cooperazione Internazionale (CIDCI), Valerio Cataldi, corrispondente RAI sede di Nairobi, Guido d’Ubaldo dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio e Mehret Tewolde, associazione Le Réseau.
L’iniziata del Rapporto è coordinata da Anna Meli, presidente COSPE. Il Rapporto è stato curato e realizzato da Giuseppe Milazzo, ricercatore dell’Osservatorio di Pavia. Alla sua realizzazione ha partecipato Paola Barretta, ricercatrice dell’Osservatorio di Pavia e coordinatrice dell’associazione Carta di Roma.
Analizzando i dati quali-quantitativi che, come ogni anno dal 2012, ci provengono dal rapporto e ci danno uno spaccato della salute -o meno- dell’informazione con sguardo internazionale in Italia, ci rendiamo conto che ancora molto c’è da fare per aprire i media tradizionali italiani a una rappresentazione del mondo più equa e equilibrata e per permettere al pubblico di avere le chiavi per interpretare i fenomeni globali nella loro complessità e interconnessione.
Il rapporto “Illuminare le periferie” analizza la sezione esteri nei sette telegiornali italiani di prima serata dei principali network nazionali (Rai, Mediaset e La7) durante il 2023 e una serie storiche a partire dal 2012 che consente un confronto tra gli anni e una riflessione sull’evoluzione della copertura degli affari esteri nei notiziari italiani; e poi, nella seconda parte, esplora la copertura di un campione di crisi internazionali, confrontando le notizie dei telegiornali dei tre principali network (Rai, Mediaset, La7) con i post pubblicati sul social network Facebook-Meta.
Dall’analisi emerge che se è vero che dal 2012 al 2023, si è registrato un costante aumento della copertura di notizie internazionali nei telegiornali, con un picco nel 2022 a causa dell’invasione russa dell’Ucraina, seguito da un secondo picco nel 2023, influenzato dall’attacco terroristico di Hamas in Israele il 7 ottobre e dalla guerra nella Striscia di Gaza, è anche vero che rimangono fanalini di coda le notizie provenienti da Africa, e Sudamerica (1,8%) mentre una chiara prevalenza di attenzione verso il “Nord del mondo”: Europa, Nord America e Asia insieme coprono il 93% della pagina estera.
“I dati sulla copertura delle notizie estere nei media italiani nel 2023 – dice Anna Meli, presidente COSPE – rivelano una forte tendenza eurocentrica e una persistente marginalizzazione delle aree geografiche al di fuori dell’Europa e del Nord America. Questo squilibrio nella rappresentazione mediatica non è solo una questione di scelta editoriale, ma riflette una struttura di potere che perpetua una visione del mondo fortemente influenzata dalle dinamiche postcoloniali. La necessità di decolonizzare la rappresentazione degli esteri nei media italiani è urgente”.
Nel corso degli anni, si è notato una riduzione drastica relativa delle aree geografiche al di fuori dell’Europa. Africa e Centro-Sud America subiscono una significativa contrazione e una marginalizzazione mediatica. Ad esempio, l’Africa rappresentava il 13% dell’agenda estera nel 2013 e solo il 5% nel 2023, sebbene in crescita rispetto al 2% del 2022; il Centro-Sud America era al 6% nel 2013 e solo all’1,8% nel 2023, poco più dell’Oceania e dell’Antartide.
“Positiva la crescita dell’attenzione verso gli esteri e positivo l’allargamento dell’interesse all’iniziativa di Illuminare le Periferie da parte dell’Ordine dei giornalisti, delle diaspore e di altre associazioni” sottolinea il Presidente della FNSI, Vittorio Di Trapani. Bertrand Mani e Mehret Tewolde, del Coordinamento Italiano delle Diaspore per la cooperazione internazionale e dell’associazione Le Reseau hanno entrambi sottolineato la necessità di un protagonismo diverso e di una voce diretta di coloro che sono conoscitori e ponti naturali tra i paesi, oggi dimenticati.
È interessante anche notare quanto gli esteri siano concentrati su pochi paesi: i primi 10 paesi o regioni coperti dai telegiornali italiani (USA, Ucraina, Europa, Israele, Medio Oriente, Gran Bretagna, Francia, Russia, Città del Vaticano e Turchia) rappresentano il 72% della copertura della pagina estera. Tra questi 10 paesi, non vi è alcun paese africano o del Centro-Sud America. La notiziabilità degli eventi e degli accadimenti internazionali, inoltre, non trova un parallelo rispetto alla loro gravità, ma di nuovo sembra influenzata dal “dove” essi avvengono, se coinvolgono connazionali, o se sono oggetto – o meno – di politica estera del governo italiano: nonostante il dramma umanitario in corso in Yemen, ad esempio, questo paese ha ricevuto scarsa copertura dai media italiani negli anni passati (2 notizie nel 2020, 4 nel 2021, zero nel 2022).
Tuttavia, nel 2023, le notizie sullo Yemen sono aumentate improvvisamente a 42, a seguito del coinvolgimento nella guerra in Medio Oriente tra Israele e Hamas e degli attacchi a navi container nel Mar Rosso. Questo ha suscitato domande su chi siano gli Houthi, le loro alleanze internazionali o i loro nemici, nonché il ruolo giocato nel conflitto in corso e gli obiettivi che perseguono. Tuttavia, la mancanza di contesto storico e politico dello Yemen ha portato a semplificazioni lessicali, come l’uso del termine “pirati del Mar Rosso”, senza una comprensione approfondita della realtà del paese, della sua storia e degli attori coinvolti. Nel caso dello Yemen, così come per altri contesti, la disparità di trattamento e di approfondimento, non solo limita la comprensione del pubblico italiano riguardo alle realtà di queste regioni, ma è funzionale ad una visione atomizzata delle lotte e delle rivendicazioni sociali, economiche e politiche di molti paesi del mondo.
Altri esempi di crisi internazionali poco coperte dai media italiani nel 2023 includono: la ribellione armata ad Haiti (1 notizia), la guerra civile in Myanmar dopo il colpo di stato del 2021 (2 notizie), il conflitto in Nagorno-Karabakh che ha causato lo sfollamento in Armenia di oltre 100.000 rifugiati dall’Azerbajan (13 notizie), le violenze nell’est della Repubblica Democratica del Congo e il rischio di escalation dopo il disimpegno della missione delle Nazioni Unite (14 notizie).
“Ci sono luoghi che sono sotto i riflettori ma che rimangono al buio come Gaza, dove vengono uccisi i reporter locali e i giornalisti stranieri non entrano”, ha ricordato Daniele Macheda, segretario Usigrai, che ha anche proposto una maggiore collaborazione a livello europeo, tra servizi pubblici radiotelevisivi, per sostenere i costi di un’adeguata copertura degli esteri. I nove Paesi dell’Africa sub-sahariana definiti prioritari per la Cooperazione italiana (Burkina Faso, Senegal, Niger, Etiopia, Kenya, Somalia, Sudan, Sud Sudan e Mozambico) hanno totalizzato 180 notizie nei telegiornali nel 2023, registrando un significativo aumento rispetto alle 36 notizie del 2021 3 (+400%). Tuttavia, alcuni di questi paesi rimangono in ombra, ricevendo solo una copertura saltuaria da parte dei media italiani.
“Contiamo sui professionisti dell’informazione perchè il sistema della cooperazione, nella sua ricca e ampia articolazione pubblica e privata, questa “foresta che cresce silenziosamente” sia sempre di più raccontata e valorizzata, all’insegna del partenariato paritario con i Paesi, le comunità, le persone con le quali lavoriamo insieme” ha affermato Marco Riccardo Rusconi, direttore dell’AICS. Passando dai TG alla sfera pubblica di Facebook-Meta, due crisi internazionali hanno generato un notevole numero di post nel 2023, contribuendo a picchi di attenzione evidenti nei mesi di aprile e di agosto: i violenti scontri tra le forze armate e i paramilitari delle forze di supporto rapido in Sudan e il colpo di Stato in Niger. Entrambi questi eventi hanno ricevuto una copertura significativa anche dai media tradizionali, soprattutto per l’evolversi rapido della situazione caratterizzata da conflitti acuti e instabilità, nonché per la presenza di cittadini italiani e occidentali nelle zone colpite.
I quattro paesi che generano il maggior numero di post su Facebook tra le 22 aree di crisi considerate sono il Senegal, il Sudan, il Niger e l’Etiopia, con volumi di post che variano tra 3.000 e 4.500 all’anno. Tra questi, il Senegal si distingue per il numero ingente di interazioni generato dai suoi post, con una media di 262 interazioni per post. Questo successo online è dovuto alla popolarità dei post che raccontano la storia di vita del calciatore Sadio Manè e il suo coinvolgimento in progetti nel suo paese d’origine, oltre ai post che riguardano il film “Io capitano” di Matteo Garrone. La cosa più rilevante che emerge dal rapporto nel confronto tra l’agenda dei media tradizionali e quella di Facebook è che i primi mostrano una tendenza a concentrarsi su grandi eventi di cronaca politica e militare per periodi limitati, mentre sui social media si sviluppa un discorso più ampio, con un ruolo importante della società civile e delle organizzazioni non governative impegnate in progetti di cooperazione internazionale.
I paesi associati alle classi semantiche di Guerre e conflitti e Crisi umanitarie sono caratterizzati da parole e contenuti simili a quelli riscontrati nei notiziari, definendo cornici narrative solide attorno alle emergenze di cronaca e rafforzando una percezione di insicurezza e minaccia. Al contrario, i paesi inclusi nelle classi semantiche di Cooperazione e volontariato e Storie di vita presentano cornici narrative diverse da quelle dei notiziari, accogliendo una varietà di voci e storie di vita. Uno spunto interessante che può aprire la via a evitare una copertura superficiale e episodica di molte crisi internazionali che contribuisce in gran parte a rafforzare stereotipi negativi e a creare una percezione distorta delle regioni meno narrate. Ad esempio, la rappresentazione dell’Africa è spesso limitata a conflitti, povertà e disastri naturali, ignorando le realtà complesse e variegate del continente.
Per superare queste visioni stereotipate e neocoloniali serve una maggiore presa di coscienza della strategicità delle relazioni internazionali e anche un lavoro di formazione sulla cosiddetta Diversity Equity and Inclusion. Il direttore di Rai per la Sostenibilità, Roberto Natale, ha ricordato il lavoro di ricerca, scambio e formazione che il tavolo di confronto sull’inclusione culturale può svolgere su questo aspetto.