Focus di Paola Barretta per Barometro dell’odio: intolleranza pandemica
Nel corso del 2020, a seguito della diffusione dell’epidemia SARS-CoV-2,la trattazione dell’immigrazione subisce una significativa riduzione di attenzione. Nonostante il calo permangono alcuni frame allarmistici e, in alcuni casi, denigratori associati principalmente a due aree: gli arrivi via mare e la diffusione del virus. Durante il 2020 sono stati pubblicati 6.402 titoli dalle testate esaminate (108 tra quotidiani e riviste). Un numero ingente che conferma l’elevata attenzione dei media italiani sul tema migranti. Se si considera che nel medesimo periodo, secondo i dati del cruscotto statistico del ministero dell’Interno, sono sbarcate in Italia 27.203 persone, significa che è stato pubblicato in media un titolo ognicirca quattro persone arrivate via mare sul territorio italiano.
Nella mappatura sui media svolta dall’Osservatorio di Pavia per l’VIII Rapporto Carta di Roma “Notizie di transito” emergono due aree di criticità che costituiscono il terreno su cui è possibile propagare discorsi discriminatori e di odio. Sebbene nei media analizzati (telegiornali delprime time delle sette reti generaliste) e stampa (locale e nazionale) nonsia possibile parlare di hate speechin senso stretto (sulla rappresentazione del fenomeno migratorio nei media), è stata rilevata comunque la permanenza di alcuni contenuti allarmistici che si potrebbero definire di dangerous speech. Uno è legato alla rappresentazione e al racconto degli stranieri come minaccia dell’invasione, l’altro alla rappresentazione di migranti, immigrati e rifugiati come minaccia di diffusione di malattie.
I riferimenti all’invasione si associano a: «emergenza immigrazione»,«emergenza mondiale», «emergenza sbarchi», «emergenza Lampedusa»,«emergenza» «emergenza umanitaria». Il linguaggio adoperato nella cronaca degli arrivi assume toni epocali sia in relazione all’entità del flussomigratorio («sbarchi in massa», «migliaia i disperati in fuga», «maxisbarco») sia in relazione alle conseguenze utilizzano termini di gergobellico come «bomba», «esplodere», «scoppiare», «trincea», «guerra»,dando origine ad associazioni semantiche angoscianti («bomba Africa»,«bomba profughi», «bomba sanitaria», «Lampedusa scoppia», «scoppia il caos», «guerra dei migranti», «guerra navale», «guerra del mare»).
L’altra cornice emergenziale è legata alla propagazione del virus a causa della presenza straniera, sia nella stampa sia nell’informazione televisiva. Il 13 per cento dei titoli della stampa sui migranti è situato in una cornice di allarmismo sanitario.
In alcuni servizi e titoli di giornali i migranti sono stati definiti come «infetti»o «untori», soggetti che portano il virus in Italia e poi, complice l’inefficienza del governo nei controlli, lo diffondono in tutte le regioni («Bengalese positivo al Covid fa l’untore in giro per l’Italia»; «Immigrati infetti in fuga per l’Italia»; «Il virus arriva dai barconi di migranti»; «Colpadei migranti 1 contagio su 4»; «Altra ondata di sbarchi e di infetti»).
Non solo trasmettono il virus ma, in alcuni racconti, possono beneficiare di deroghe al rispetto delle regole, con la conseguente impotenza dei cittadiniitaliani rispettosi delle limitazioni alla libertà personali («Gli immigrati possonoevitare la quarantena», «Prorogate le leggi anti-Covid ma per chi sbarca nonvalgono»; «I clandestini rifiutano di usare le mascherine»; «Migranti col virus liberi di circolare indisturbati»). Infine, l’associazione esplicita con il costodella migrazione e sulle presunte discriminazioni “al contrario” tra italiani estranieri («La nave quarantena per migranti può costare 1 milione ogni 15giorni»; «Navi con comfort per migranti in quarantena»; «Test gratis solo aimigranti»; «Ogni immigrato costa 5mila euro al mese per la quarantena»).
Tutte queste narrazioni non solo contravvengono ai principi e alle buonepratiche di copertura della pandemia e della migrazione ma alimentano lostigma nei confronti di un gruppo specifico di persone, accusato di diffondereil contagio, “fino a spolverare letterarie credenze e dicerie sugli untori” e a legittimare pratiche di discriminazione e di esclusione sociale.
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