Su Reason
Si è svolto a Roma il 10 e l’11 novembre 2022, presso la sede della Rappresentanza Italiana della Commissione europea, un corso di formazione su “Antisemitismo e odio online. Caratteristiche e strumenti di contrasto”. L’incontro nasce nel quadro del progetto europeo “Reason – REAct in the Struggle against ONLine hate speech”, su iniziativa della Scuola Superiore della Magistratura e in collaborazione con l’Ufficio della Coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo presso la Presidenza del Consiglio, e l’Unar – Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni razziali, con l’obiettivo, nelle parole di Milena Santerini, Ordinaria di Pedagogia e Coordinatrice Nazionale per la lotta all’antisemitismo nel governo Draghi e Mattia Peradotto, Direttore di Unar, di fare il punto sulla diffusione dell’odio online, sulle caratteristiche e sulle possibili strategie di contrasto, con un focus sul tema dell’antisemitismo.
La questione dell’hate speech, del suo contrasto e della sua rimozione è quanto mai cruciale: nel 2019 l’Osservatorio antisemitismo del CDEC ha registrato 251 episodi di antisemitismo, il 29% in più rispetto all’anno precedente, e gli studi sulla percezione mostrano, da un lato, la permanenza di pregiudizi nei confronti degli ebrei che “rappresentano nell’immaginario collettivo il potere, la ricchezza, la coesione e la solidarietà intra-gruppo” e, dall’altro, la rilevanza della questione, per 58% dei cittadini italiani ritiene che l’antisemitismo sia abbastanza e/o molto importante (Strategia Nazionale di lotta all’antisemitismo). In ragione di ciò, il Presidente della Scuola Superiore di Magistratura, Giorgio Lattanzi, ribadisce la necessità di «tutelare l’integrità della persona: dignità e persona coincidono, oggi il focus è sui discorsi di odio online e sull’antisemitismo, i più pericolosi sono quelli che mirano a suscitare comportamenti aggressivi e offensivi».
«Non ho mai usato le parole odio e vendetta – afferma la Senatrice Liliana Segre – per questo voglio lasciare un’eredità morale non parlare mai di odio e vendetta, per questo ho chiesto l’assunzione di una comune responsabilità nel contrasto al discorso di odio nel dibattito pubblico, nella convinzione che si tratta di un compito fondamentale per difendere la democrazia e la nostra bella costituzione».
Un percorso condiviso dalle istituzioni europee, «soprattutto nei confronti delle piattaforme che muovono volumi oltre i 45 milioni di utenti, spinte ad attuare una serie di misure per rendere l’ambiente sicuro e affidabile», specifica Roberto Bortone, funzionario di Unar.
Ci si muove in una fase caratterizzata «da una diffusa pretesa di non essere presi sul serio quando il fatto è online; da un’affermazione di un nuovo regime discorsivo – la post-verità o altra verità – per il quale valgono le emozioni e le convinzioni personali di partenza», sottolinea Stefano Pasta, ricercatore e studioso di hate speech online. Il ruolo dell’Agcom, come afferma l’Avvocato Davide Mula, va proprio nella direzione «dell’adozione di provvedimenti di diffida a non diffondere e reiterare contenuti discriminanti e di incitazione alla violenza nell’audio-visivo».
È importante dunque, secondo Alessandra Galluccio, assistente di Diritto Penale all’Università di Milano, definire, sotto il profilo giuridico, cosa sia la pari dignità e il diritto a parità di trattamento. Durante i lavori della Commissione Segre, è stata valutata l’applicazione dell’articolo 604bi del codice penale (Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa): «è stato usato pochissimo, sembra che le sentenze siano poco più di 300, considerato che la norma è in vigore dal 1975. Da questo punto di vista, sottolinea Luigi Varanelli, giudice del Tribunale di Milano, è fondamentale applicare le norme in modo coerente. È il caso, per esempio delle manifestazioni del disciolto partito fascista: “quando è evidente il fine di strumentalizzazione delle commemorazione, quando è rilevante il riferimento attuale e continuo ai principi di intolleranza e supremazia, alle leggi razziali e alla loro applicazione non siamo non siamo nella commemorazione».
Aprendo la seconda giornata dei lavori Milena Santerini ha ribadito come l’antisemitismo si manifesti in maniere differenti, la maggior parte di questi sono online «purtroppo l’algoritmo non riesce a setacciare tutti i contenuti d’odio perché il linguaggio diventa scivoloso, allusiva, non usa sempre parole d’odio. L’IHRA, organismo di 35 paesi del mondo, si occupa anche di antisemitismo ed ha formulato anche una raccomandazione alla magistratura sulla definizione di antisemitismo che tuttavia contiene le parole “percezione” e “certa”, perciò si tratta di una definizione politico culturale. L’idea comune dell’antisemitismo rimanda a forme estreme espresse dal nazifascismo, ma ci sono forme veicolate da disprezzo e ironia che sono comunque espressioni d’odio, da monitorare».
La diffusione e i cambiamenti nel web sono oggetto dell’intervento di Stefano Gatti, CDEC (Centro di documentazione ebraica) che ribadisce «nel 2004 il web è diventato interattivo e quindi sociale, rendendo protagonisti tutti gli utenti. Quello stesso web tuttavia ha dato forma ed organizzato i discorsi di odio conferendogli una struttura razionale e globalizzandoli. Nel 2021 l’osservatorio antisemitismo della fondazione CDEC ha ricevuto 400 segnalazioni e 226 di queste sono state rubricate come antisemitismo. Nel corso dei primi 10 mesi del 2022 l’osservatorio antisemitismo ha registrato 192 episodi».
Da un punto di vista tecnico uno dei problemi affrontati quotidianamente nelle aule di giustizia è la competenza, così Luigi Cuomo, sostituto procuratore generale corte di Cassazione «il comando rivolto al computer corrisponde ad un atto consapevole e volontario, che si traduce in un messaggio diretto a trasferire la volontà dall’utente all’elaboratore elettronico, il quale, a sua volta, procede automaticamente alle operazione di codificazione, di decodificazione, di trattamento, di trasmissione o di memorizzazione». Proseguendo sulla linea dell’attribuzione, Tommaso Levi, avvocato, associazione giuristi ebrei sottolinea come «i reati di istigazione ed odio reale e di propaganda sono definiti a pericolo concreto, ci deve essere pericolo adesione a questi messaggi» Levi sottolinea la forza persuasiva del procedimento penale, che ha anche l’obiettivo di indurre il reo a ragionare sulle sue responsabilità.
Numerosi e diversificati gli interventi che hanno contribuito a delineare la complessità del fenomeno e la molteplicità delle problematiche da affrontare, presentando anche gli strumenti a disposizione e raccontando anche la possibilità di una rete di professionisti ed istituzioni che lavorano in maniera sinergica per il contrasto all’odio nelle sue diverse manifestazioni.
Paola Barretta
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