Di Alessandro Luparello su Voci Globali
“In molti Paesi europei, negli ultimi anni i difensori dei diritti umani e le organizzazioni della società civile che hanno aiutato rifugiati e migranti sono stati sottoposti a procedimenti penali infondati, limitazioni indebite alle loro attività, intimidazioni, vessazioni e campagne denigratorie. Le loro azioni di assistenza e solidarietà li hanno messi in rotta di collisione con le politiche europee sulla migrazione, che hanno l’obiettivo di impedire a rifugiati e migranti di raggiungere l’Unione Europea, di trattenere quelli che riescono a entrare in Europa nel Paese di primo arrivo e di espellerne quanti più possibile verso i loro Paesi d’origine.”
“Soccorrendo rifugiati e migranti in pericolo in mare o sulle montagne, offrendo loro riparo e cibo, documentando gli abusi della polizia e delle guardie di frontiera e opponendosi alle espulsioni illegali, i difensori dei diritti umani hanno svelato la crudeltà delle politiche sull’immigrazione e sono diventati essi stessi bersagli delle autorità. I leader politici e le forze di sicurezza hanno trattato atti di umanità come minacce all’ordine pubblico, ostacolando ulteriormente il loro lavoro e costringendoli a impiegare le loro scarse risorse e le loro energie per difendersi in tribunale.”
Ecco l’inizio, inequivocabile nelle affermazioni e nei termini, della sintesi del rapporto “Punire la compassione: solidarietà sotto processo nella Fortezza Europa”, pubblicato a marzo 2020 da Amnesty International.
Queste frasi riassumono la prepotente e pervasiva deriva xenofoba e di chiusura asfittica (e violenta) dei confini cui assistiamo in Europa, e in Italia. Il tutto, osserviamo, passa attraverso una narrativa d’odio verso l’altro, il diverso, lo straniero e, per riflesso, verso chiunque si muova in suo aiuto per il rispetto dei diritti universali e per umano senso di fratellanza e sorellanza.
Ma è sempre stato così? In Italia, almeno, è indubbio un cambio di passo, una modifica del linguaggio che ha seguito il deciso indirizzo politico e ha comportato un significativo impatto sull’opinione pubblica. Ricordiamo bene come la narrativa mediatica, politica e informativa, sia scivolata velocissimamente dalla retorica degli “angeli del mare” a quella -delirante e falsa ma strumentale- dei “taxi del mare” (rimanendo nel campo delle operazioni di salvataggio nel Mediterraneo delle persone migranti).
Proviamo a capirne di più parlando con Fulvio Vassallo Paleologo, avvocato che opera attivamente nella difesa dei migranti e dei richiedenti asilo, in collaborazione con diverse ONG, e con Luca Casarini, capomissione di Mediterranea Saving Humans e che è stato direttamente oggetto di inchieste legate alla sua attività di salvataggio di persone in mare.
Partiamo proprio dal linguaggio. Quanto è stato importante, nel cambio della percezione generale dei cittadini, la modifica del linguaggio usato dalla politica e veicolato/amplificato attraverso i canali di comunicazione?
Luca Casarini afferma senza esitazioni che è stato fondamentale.“Pensiamo appunto alla formula, introdotta da Di Maio, dei ‘taxi del mare’. È quello il momento – cristallizzato in uno slogan per i media- nel quale l’umanitario diventa un campo di conflitto e non più un ‘contradditorio ma tollerabile’ terreno di relazione tra istituzioni e società civile. Si rende esplicito e radicale, da parte dello Stato, il tentativo di ‘dividere’ il lavoro e l’impegno umanitario in ‘sussidiario’, e dunque buono, e ‘sovversivo’, e quindi cattivo.
I danni di un’operazione del genere, alimentata dalla grancassa dei media, sono incalcolabili sul piano culturale e sociale. Ovviamente, per legittimare il processo di criminalizzazione dell’umanitario, c’è bisogno di ‘spersonalizzare’ le vittime delle violazioni dei diritti umani: devono essere solo numeri, non persone con volti, storie, nomi, parenti e famiglie.”
La spersonalizzazione e disumanizzazione delle persone è appunto un passaggio cruciale e fondante di quella narrativa che ci consente di attaccare l’altro, finalmente scevri da dubbi etici e dal controllo delle coscienze, autoassolvendoci da ogni disumanità e crudeltà che altrimenti -riconoscendola- non saremmo in grado di tollerare in noi stessi.
Fulvio Vassallo Paleologo precisa che “purtroppo il linguaggio discriminatorio non si è limitato ai media ma è entrato nel corpo di provvedimenti delle procure siciliane che hanno indagato e chiesto il rinvio a giudizio delle ONG accusate di facilitare l’ingresso ‘clandestino’ dei naufraghi soccorsi in mare. Molte persone che avrebbero potuto trovare salvezza in Europa continuano ancora oggi ad essere internate nei centri di detenzione in Libia, o abbandonate in mare”.
E aggiunge che “utilizzare espressioni come ‘migranti sottratti alla guardia costiera libica’ – nel corpo di importanti provvedimenti di richiesta di rinvio a giudizio di operatori umanitari (come nel caso Iuventa) che hanno soccorso in mare migliaia di vite – equivale a dare una valenza sanzionatoria all’espressione ‘taxi del mare’, in assenza di qualsiasi base legale e dopo che questa vergognosa definizione è stata ampiamente smentita dai fatti documentati nei numerosi processi nei quali le indagini contro le ONG sono state archiviate”.
Ma se dovessimo individuare -semplificando – un momento specifico in cui maggiormente si è costruito e manifestato un cambio di approccio delle Istituzioni italiane ed europee al fenomeno migratorio e alla comunicazione dello stesso verso i cittadini, quale potremmo identificare?
Una dettagliata risposta arriva da Fulvio Vassallo Paleologo: “L’anno della svolta è il 2017. Dal 2014 in poi gli arrivi via mare in Italia si erano moltiplicati, soprattutto per effetto della crisi siriana, con 170.000 persone arrivate nel 2014 e 153.000 persone arrivate nel 2015 (secondo dati dell’UNHCR e del Ministero dell’interno); nel 2016, dopo gli accordi stipulati dai Paesi dell’Unione Europea con la Turchia e la chiusura quasi completa delle rotte sull’Egeo, erano stati soccorsi nel Mediterraneo centrale oltre 180.000 profughi, poi sbarcati in Italia e provenienti in gran parte dalla Siria, dall’Afghanistan, dal Pakistan e dall’Iraq, numero che nel 2017 era destinato a crollare, soprattutto dopo la stipula del Memorandum d’intesa tra Italia e Governo di Tripoli del 2 febbraio 2017.
La criminalizzazione di persone e organizzazioni che prestano assistenza agli immigrati in Europa è espressione della chiusura delle vie di ingresso legale, anche per ragioni umanitarie, e della crescente difficoltà di accedere alla procedura di asilo in frontiera e di soggiornare legalmente. I processi di criminalizzazione, soprattutto a livello mediatico, hanno riguardato prima i cosiddetti ‘clandestini’, poi coloro che gli prestavano soccorso, infine i cittadini solidali, le associazioni di volontariato e i singoli amministratori locali, che prestavano assistenza a terra, fino ad intaccare il principio di separazione dei poteri, la libertà di informazione ed i diritti di difesa. È finito compromesso lo stesso esercizio della giurisdizione sotto una pressione politica e mediatica senza precedenti.
A partire dal 2017, anno della stipula del Memorandum d’intesa tra Italia e Governo di Tripoli si è sviluppata una forte attività di indagine nei confronti dei rappresentanti delle ONG che operavano attività di monitoraggio e soccorso nel Mediterraneo centrale con diversi sequestri preventivi e con procedimenti penali che sono stati archiviati o che rimangono ancora nella fase delle indagini preliminari”.
Anche Luca Casarini individua lo stesso momento storico: “Mi sembra che uno dei momenti ‘topici’ degli ultimi anni, che può rappresentare bene un ‘cambio di narrazione’ da parte delle istituzioni in merito al fenomeno migratorio, si possa ascrivere alla famosa intervista su Repubblica del 29 agosto del 2017 dell’allora ministro degli interni Marco Minniti nella quale affermava ‘sui migranti ho temuto per la tenuta democratica del Paese’”.
Proprio a questo proposito, quanto peso hanno avuto l’aumento del numero degli arrivi, sulle nostre coste, di persone in percorso migratorio e – appunto – la ‘paura per la tenuta democratica’ e quanto invece la progressiva chiusura degli Stati europei?
Ancora Luca Casarini: “Ci voleva la guerra in Ucraina per far capire che la questione dei ‘numeri’ è tutta una montatura. Siamo un Paese di 60 milioni di abitanti in un continente di 500 milioni. Stiamo parlando di arrivi alle frontiere, anche negli anni di punta che non sono gli ultimi dieci, di numeri gestibilissimi. Non vi sono invasioni, non vi sono esodi di popolazioni intere, niente come ciò che abbiamo gestito in una settimana per l’Ucraina. E comunque, il fenomeno dello spostamento di esseri umani nel mondo riguarda poco meno di 100 milioni di persone. In un pianeta di 7 miliardi.
È un fenomeno strutturale, permanente e incentivato solo e solamente dalle scelte politiche, economiche ed energetiche della parte che si mangia l’80% delle risorse disponibili e che è il 20% della popolazione mondiale, concentrata nel Nord del pianeta. Di fronte a questo abbiamo anche il coraggio di meravigliarci? Di fare le ‘povere vittime’ dell’immigrazione incontrollata? Inondiamo il mondo di armi e di guerre, devastiamo interi Paesi per succhiargli petrolio, gas, diamanti, minerali e li riduciamo a dei luoghi invivibili, dove non si può nemmeno piantare una patata, e poi ci lamentiamo?
Produciamo tanta CO2 da alzare la temperatura globale fino a desertificare, ogni giorno, centinaia di chilometri quadrati di terre. Disboschiamo le grandi foreste al ritmo di una Lombardia al giorno, ma siamo davvero senza vergogna a tal punto da proferire ancora parola su questo?”.
“Adempiere gli obblighi di soccorso sanciti da un Regolamento europeo” – aggiunge Fulvio Vassallo Paleologo – “non può comportare rischi per la tenuta democratica di un Paese. Sono comunque molto più gravi i rischi, che spesso comprendono il sacrificio della vita umana in mare, per le persone abbandonate in acque internazionali senza che gli Stati inviino mezzi di soccorso o assumano i compiti di coordinamento delle operazioni di salvataggio previsti dalle Convenzioni internazionali”.
La criminalizzazione, giocata su più tavoli, ha riguardato e continua a riguardare attiviste e attivisti, associazioni, organizzazioni (peraltro altrimenti molto stimate, come Medici Senza Frontiere) impegnate nella solidarietà, nel soccorso, nell’aiuto alle persone in percorso migratorio.
E questo nonostante alcune palesi evidenze, più volte dimostrate, come il fatto che – senza il soccorso operato da ONG e attivisti (in supplenza degli Stati assenti) – le persone sarebbero probabilmente morte (il Mediterraneo è la rotta migratoria più mortale al mondo). O come il fatto che il numero di persone che tenta di attraversare il Mediterraneo verso l’Europa non dipende dall’eventuale presenza di navi SaR al largo (cfr. ricerche ISPI sul non-pull-factor delle navi delle ONG) . O come il fatto che, nel complesso delle persone che mettono piede sul territorio italiano all’interno di un percorso migratorio, il numero di persone che sbarcano da una nave SaR di una ONG è sostanzialmente marginale.
Perchè, nonostante queste palesi evidenze e nonostante finora tutte le (tante) accuse si siano rivelate infondate e strumentali, la retorica diffusa, la propaganda politica e l’attenzione mediatica continuano ad attaccare – anche attraverso fake news e hate speech – le ONG o comunque chiunque (professionista, attivista, associazione, ecc) operi nel campo della solidarietà?
Risponde Fulvio Vassallo Paleologo: “Le politiche di contrasto della libertà di emigrazione e del diritto di chiedere asilo in un Paese sicuro, in tempi in cui le guerre permanenti e le devastazioni ambientali privano i popoli di qualsiasi speranza di futuro, sono il terreno sul quale Governi di segno diverso hanno progressivamente eroso il principio di eguaglianza tra le persone e la portata effettiva dei diritti umani. Le frontiere sbarrate non hanno solo precluso l’ingresso ai migranti in fuga, ma hanno anticipato, o riprodotto, nuovi muri su scala internazionale riportando in auge la corsa agli armamenti e la divisione del mondo in blocchi contrapposti. Queste politiche hanno utilizzato la falsificazione come strumento di attacco contro le persone in movimento e poi contro quanti prestavano loro assistenza.
E alla fine hanno portato ad accordi con Stati nei quali non vi era alcuna garanzia per i diritti umani, accordi che oggi pesano anche per la loro forza di ricatto sulla soluzione delle crisi belliche più virulente. Le politiche di sicurezza nazionale, o di difesa dei confini hanno di fatto cancellato il diritto di chiedere asilo (sancito dalla Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati come diritto di accedere ad un territorio sicuro) e hanno creato le premesse per la discriminazione e la marginalizzazione degli ultimi arrivati, fino alla criminalizzazione dei sopravvissuti e dei soccorritori”.
Le libertà movimento e di richiedere asilo, adesso richiamate dall’avvocato Paleologo e presenti (articoli 13 e 14) nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, sono anche oggetto dell’appello “Passaporti, basta privilegi” promosso proprio da Voci Globali per rivedere la politica dei visti e garantire libertà di movimento a tutti i cittadini del mondo.
In conclusione chiediamo, ancora a Fulvio Vassallo Paleologo, quale sia la sua personale visione sulle reali cause del fenomeno di criminalizzazione della solidarietà.
“In questa fase storica sembrano destinate ad aumentare le diseguaglianze tra i migranti forzati a seconda del Paese di origine, e addirittura del colore della pelle, pure se provenienti dall’Ucraina. Ma sarebbe davvero impossibile garantire a tutti i migranti forzati in arrivo in Italia un trattamento equo ed un’accoglienza sul territorio nazionale coerenti con il riconoscimento dei loro diritti fondamentali sanciti dalle Convenzioni internazionali?
Invece si alimenta la retorica dell’invasione, adesso anche con un’allarme sulla crisi alimentare globale derivante dal blocco dei porti ucraini.Come se la devastazione ambientale prodotta da decenni di sfruttamento da parte dei Paesi più ricchi non avesse già prodotto la migrazione forzata di milioni di persone, private del loro ambiente vitale. E molto spesso la maggior parte delle persone che fuggono dalle aree di crisi rimane nei Paesi limitrofi e non trova risorse e canali di accesso verso l’Europa.
Non esistono canali legali di ingresso e il rafforzamento dei trafficanti internazionali è una conseguenza diretta delle politiche migratorie dei paesi di destinazione che puntano tutto sul ‘contrasto dell’immigrazione clandestina’, senza consentire visti di ingresso e vie di fuga per i potenziali richiedenti asilo”.
L’avvocato Paleologo ha fatto riferimento alle diseguaglianze tra i migranti. Dato che Mediterranea è stata protagonista anche di un altro tipo di azione solidale dal basso, quella dei #SafePassage di sostegno alla popolazione Ucraina, chiediamo a Luca Casarini se ha notato, dal punto di vista politico e mediatico, un diverso atteggiamento verso Mediterranea rispetto a quello “subito” per via delle missioni in mare.
“Sì”, risponde Casarini. “Loro sono bianchi di pelle. Sono profughi di una guerra dove siamo alleati con lo Stato del loro Paese di origine. Loro sono strumentalizzati al contrario: quanto è brava l’Europa, l’Italia. Invece a Sud ci sono neri, africani, il simbolo razzista per antonomasia. Eppure sono tutti e tutte profughi. Noi siamo anche in Ucraina, perché la lotta a fianco della popolazione civile di un Paese aggredito da un esercito è la nostra bussola, la nostra resistenza. Ma proprio per questo lottiamo contro la disparità di trattamento delle persone. Tutti devono essere trattati come trattiamo i profughi ucraini”.
Concludendo, chiediamo a Luca Casarini di consegnarci un messaggio per contrastare la rassegnazione alle ingiustizie anche quando la loro forza e pervasività sono (o sembrano) soverchianti.
“La ‘Cospirazione del Bene’: è questo il messaggio. Creare un mondo diverso, non avere paura di opporsi ai potenti, alle loro leggi sbagliate, ai loro criminali modi di violare quelle giuste. Disobbedire a questo orrore, e obbedire a qualcosa di più grande, l’amore per i nostri fratelli e sorelle che soffrono. Noi di Mediterranea diciamo: ‘Noi li soccorriamo, loro ci salvano’. È così. Per salvarci tutti e tutte, dobbiamo lottare, combattere con negli occhi il sorriso di un bambino che ti abbraccia dopo che l’hai tirato su dall’acqua. Niente è più importante”.
Niente è più importante.
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