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Il volto razzista e recidivo del giornalismo italiano

Il 28 luglio 2016 Filippo Facci veniva sospeso per due mesi dall’Ordine dei Giornalisti per la violazione dei principi deontologici della Carta di Roma (nell’articolo in questione il giornalista rivolgeva affermazioni razziste e xenofobe nei confronti dell’Islam e degli islamici e della loro religione).

Il 15 settembre 2021 è il Tribunale di Milano a condannare in primo grado Filippo Facci per diffamazione con l’aggravante dell’odio razziale nei confronti della minoranza rom e sinta.

Stamattina il tribunale di Milano ha condannato a 5 mesi di carcere e a un risarcimento di 10.000 euro per l’associazione UPRE ROMA che lo ha chiamato in causa per le dichiarazioni rese nella trasmissione televisiva “Quarta repubblica”, nella quale affermava, tra l’altro, che “non esiste la cultura rom”, che “i rom non si possono integrare” e si poneva la domanda retorica “esiste un rom che abbia in programma di essere onesto in questo Paese?”.

Le offese alla più grande minoranza in Italia, tuttora non riconosciuta, non sono solo gravi ma feriscono e umiliano un’intera comunità di donne uomini e bambini ai quali la vita è resa già abbastanza difficile dal pregiudizio che ne limita l’accesso ai servizi, al lavoro, a un’istruzione adeguata.

L’Associazione Carta di Roma, negli ultimi 3 anni, ha rivolto decine di esposti all’Ordine dei Giornalisti per violazione dei principi deontologici di correttezza e accuratezza dell’informazione, molti dei quali ancora in attesa di giudizio.

Le violazioni dei principi deontologici impediscono a chi legge, ascolta e guarda di conoscere la verità sostanziale dei fatti, essenza della professione giornalistica. Chi sceglie sistematicamente di violarli esercita un’altra professione.

Per il comunicato stampa di UPRE si veda qui

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