Negli undici anni presi in esame dal Rapporto sono state oltre 500 mila notizie dai 7 notiziari dei 3 network nazionali, di cui 120.187 dedicate agli esteri, una media complessiva del 23% di notizie. Oggi è il tempo di fare un bilancio per capire cosa è successo nel panorama mediatico italiano rispetto alla pagina estera
Dove eravate? La domanda retorica è quella che una giornalista, Laura Silvia Battaglia, direttrice della scuola di giornalismo dell’Università Cattolica rivolge alle Nazioni Unite in un editoriale del 13 marzo 2022 comparso sulla testata TPI, ma che potrebbe essere rivolto anche a molti colleghi e colleghe che di fronte a tante guerre e tanti conflitti in corso, scelgono di “illuminarne” soltanto alcuni. Perché l’Ucraina sì e il Mali no? Perché l’Ucraina sì e lo Yemen no?
La risposta è altrettanto retorica e risponde a criteri di notiziabilità consolidata: perché l’Ucraina è vicina, ci interessa direttamente come paese, perché questo conflitto è tangibile e fa più paura, è alle porte dell’Europa e minaccia la nostra stabilità economica etc..
Eppure, e il V rapporto di Illuminare le periferie lo mette bene in risalto, non raccontare certi scenari, certi contesti ci fa perdere di vista connessioni importanti, interdipendenze, legami, che restituiscono la complessità di questi tempi. In una parola non ci fanno comprendere la contemporaneità.
Ne abbiamo parlato a Villa Altieri (Roma) durante l’incontro “Osservatorio esteri” ( 7 giugno 2023) con Guido D’Ubaldo, presidente ordine dei giornalisti della Regione Lazio, Emilio Ciarlo, responsabile delle relazioni istituzionali e della comunicazione di AICS (Agenzia Italiana per la cooperazione allo sviluppo), Vittorio di Trapani, presidente Federazione Nazionale della Stampa, Daniele Macheda, segretario Usigrai, Anna Meli di COSPE, Giuseppe Milazzo e Paola Barretta di Osservatorio di Pavia, Roberto Natale, Tavolo Rai per la sostenibilità, e Giulia Tornari, direttrice dell’agenzia Contrasto e presidente di ZONA, che ha presentato la mostra: “OUT OF FRAME. Ripensare le narrazioni visive delle migrazioni in Europa”, ospite a Villa Altieri dal 25 maggio al 26 giugno.
Sebbene, secondo la rilevazione dell’Osservatorio di Pavia, i notiziari del prime time nel 2022 abbiano dedicato agli esteri 17.533 notizie, e cioè il 41,5% di tutte le notizie, raggiungendo la percentuale più elevata dei 10 anni di indagine (dal 2012 ad oggi e con 10 punti percentuale in più anche rispetto al 2021), vediamo che la pagina estera è stata appunto focalizzata su un unico evento: la guerra in Ucraina. A differenza di altre crisi internazionali, uscite dal radar dei media nell’arco di poche settimane, la guerra in Ucraina persiste in agenda per i motivi che abbiamo sopra elencato.
In generale però, nota positiva, dal 2012 ad oggi la copertura degli esteri è in costante e graduale aumento. Certo i fattori contingenti sono stati pandemia e la guerra in Ucraina, ma “un cambiamento strutturale dei notiziari che contempli una pagina estera più corposa – si dice nel Rapporto – è un’ipotesi plausibile alla luce di routine giornalistiche avviate negli ultimi anni che hanno incontrato e formato l’interesse del pubblico”.
Nel 2022 le categorie tematiche più rilevanti sono Politica (38%), Guerre/Conflitti (32%), Soft news (13%), Cronaca (12%), Immigrazione (3%), Covid-19 (2%), Terrorismo (1%).
La quantità di esteri nei notiziari dei tre network (Rai, Mediaset e La7) oscilla tra il 39% e il 49%, lievemente superiore su La7 (49%) rispetto a Rai (43%) e Mediaset (39%). I telegiornali con la pagina estera più estesa sono il Tg La7 (49%) e il Tg1 (47%), mentre quello con la pagina estera più contenuta è il Tg4 (36%).
L’esame dei luoghi più visibili nei telegiornali conferma tendenze consolidate osservate negli anni passati: in primo luogo, l’eurocentrismo dell’informazione estera.
Nel 2022 l’area geografica dell’Europa è protagonista in tre quarti delle notizie estere (74%). A seguire, il Nord America e l’Asia (11%), mentre notiamo anche che, in controtendenza con il reale peso politico ed economico di questi paesi, Africa e Centro Sud America patiscono una costante e inesorabile marginalizzazione mediatica: l’Africa, per esempio, ha ricoperto il 13% dell’agenda estera dei notiziari nel 2013 e solamente il 2% nel 2022; il Centro-Sud America il 6% nel 2013 e solo l’1% nel 2022.
“Questi dati – commenta Emilio Ciarlo dell’AICS – ci dicono non tanto che i criteri di notiziabilità (potere politico economico di un paese, coinvolgimento di connazionali, eventi estremi etc…) siano sbagliati, ma che stiamo facendo fatica a guardare il mondo attuale. Illuminare le periferie non significa illuminare le zone “povere” perché siamo buoni, significa leggere il mondo e interpretarlo. Dobbiamo superare un atteggiamento che potremmo definire di “carità informativa”.
Elencare i numeri e le quantità di notizie dedicate agli esteri ha ancora un senso? O dovremmo passare a un’analisi qualitativa di questa informazione?
“Credo che la decolonizzazione dello sguardo sia importante – afferma Anna Meli di COSPE – ma ancora è più importante puntare all’aumento delle notizie da certe realtà e contesti. La quantità garantisce il pluralismo e apre a narrazioni lontane dagli stereotipi e più vicino alla complessità del mondo. Quello che ci restituiscono i media oggi è una visione limitata e parziale della contemporaneità. Se guardiamo i dati da continenti come Africa e America Latina, vediamo che si tratta di contesti sotto rappresentati. Una ragione per il centro e Sudamerica si può individuare anche nella mancanza di un ufficio di corrispondenza Rai. L’abbandono di certe realtà parte dalla base, dalla visione del servizio pubblico. A questo proposito non solo rilanciamo la proposta di riconsiderare l’apertura di una sede latinoamericana, ma ci sembrerebbe opportuno rivedere il contratto di servizio Rai: non solo trasmettere valori italiani e europei al mondo, ma anche informare sul mondo il pubblico italiano”.
Proposte che hanno raccolto l’attenzione di Roberto Natale che propone di condividere le proposte con le istituzioni e di portare il rapporto anche in Commissione parlamentare di vigilanza per dare dati e spunti nuovi al contratto di servizio.
D’accordo anche Daniele Macheda, presidente Usigrai che alla revisione del contratto di servizio sta lavorando con il sindacato e ha aggiunto: “Un unico corrispondente per la Cina e uno per l’Africa è davvero troppo poco. Come sindacato continueremo a batterci perché la Rai potenzi questo ambito”.
E anche Vittorio di Trapani, presidente FNSI, ha ribadito l’importanza di utilizzare il rapporto come pungolo per le redazioni perchè ce n’è ancora bisogno ma anche che esistono realtà che questo lavoro lo stanno già facendo: “Ci sono colleghi e colleghe giornalisti che hanno fatto e fanno un ottimo lavoro su questo, qualcuno che ha dato anche la vita per questo, da Ilaria Alpi e Andy Rocchelli. Giornalisti, che insieme anche ad attivisti e anche cooperanti hanno tentato di farci vedere il mondo da un’altra prospettiva, di raccontare storie che danno sostanza ai numeri. Che è quello che ci serve”.
E le storie potrebbero cambiare anche il racconto delle migrazioni climatiche, oggetto di un approfondimento della seconda parte del Rapporto e ancora molto scarso. Nell’esplorazione della copertura mediatica delle migrazioni climatiche è infatti emersa una scarsa attenzione dei media tradizionali: nel 2022, i telegiornali di prima serata delle sette emittenti a diffusione nazionale di Rai, Mediaset e La7 hanno dedicato alle migrazioni causate dal cambiamento climatico solamente 10 notizie, i cinque quotidiani – analizzati a giorni alterni – hanno dedicato nel medesimo arco temporale 52 articoli al nesso tra crisi ambientale e migrazioni forzate. Rapportando questi dati alle edizioni di quotidiani e telegiornali complessivamente monitorate, solo il 6,7% dei quotidiani e lo 0,4% dei telegiornali hanno citato le migrazioni climatiche nel 2022.
Infine – e si arriva alla terza parte della Rapporto, in cui si prendono in considerazioni pagine pubbliche di Facebook e la loro rappresentazione delle migrazioni climatiche – nel 2022 sono stati pubblicati 266 post sulle pagine pubbliche di FB con riferimenti alle migrazioni causate dal cambiamento climatico, una quantità piuttosto modesta che tende ad avvalorare l’ipotesi di intermedialità tra l’agenda dei media tradizionali e quella che si genera spontaneamente nella sfera pubblica di FB. Nell’analisi dei contenuti, quest’ultima sembra accogliere una maggiore varietà di forme narrative, tematiche e cornici, rispetto a quanto osservato nei media tradizionali.
In generale ciò che sembra emergere con forza da tutte queste approfondite rilevazioni è la differenza tra conflitti con un impatto anche visivo immediato e quelle più o meno volutamente “dimenticate”.
E in questo si inserisce anche l’importanza della mostra “Out of frame” che accompagna la presentazione del rapporto. Un lavoro visivo che ha coinvolto fotografi di tutto il mondo e sociologi e che con stili e linguaggi diversi racconta le migrazioni e i vari momenti del percorso migratorio: l’accoglienza, l’inclusione, lo smarrimento, i ricordi…e svela in modo particolarmente chiaro il “doppio standard” rispetto ai criteri di notiziabilità. Quali foto creano empatia? Quali immagini influenzano le politiche pubbliche? Molto. Nelle foto di Alessio Mamo vediamo la frontiera polacca prima della guerra in Ucraina dove i migranti erano prima bloccati e respinti e poi si vede la stessa frontiera da cui il flusso di migrati ucraini entravano ben accolti. “La fotografia è però ancora strumentale al racconto dei media: non sono i produttori di immagini che decidono la linea – dice Giulia Tornari, direttrice di Contrasto e presidente di Zona- Occorre migliorare la cultura su immagini e fotografia”.
Ma chi influenza chi dunque? Si tratta di un circolo vizioso che ben illustra quanto il potere influenzi e sia a sua volta influenzato dalle logiche mediatiche. “Uscire da questo – chiude Anna Meli – è una sfida che dobbiamo raccogliere come professionisti, ma anche come operatori e operatrici delle ong, quella di trovare quel modo adeguato e non spettacolarizzato o pietistico, di restituire quei contesti e quelle storie che avvicinino il lettore e lo spettatore alle realtà anche lontane”.
Metodologia e sezioni del rapporto
Per questa edizione del Report sono state analizzate nel periodo 1 gennaio – 31 dicembre 2022 tutte le edizioni dei telegiornali prime time dei tre network principali (Rai, Mediaset e La 7) e metà delle edizioni (campionate a giorni alterni) dei cinque quotidiani a maggiore diffusione nazionale (Avvenire, Corriere della Sera, Il Sole 24 Ore, La Repubblica e La Stampa).
La prima parte, in continuità con quanto monitorato nelle passate edizioni del rapporto, è dedicata alla quantità e alle caratteristiche dell’informazione sugli esteri proposta dai telegiornali italiani di prima serata dei tre network nazionali un’analisi quantitativa e qualitativa che include dati dal 2012 al 2022.
La seconda sezione è una esplorazione della copertura mediatica delle migrazioni climatiche, quanto è consistente e quali sono le sue forme narrative ricorrenti in un campione di notiziari e quotidiani.
La terza sezione del rapporto ha esplorato i riferimenti alle migrazioni climatiche nell’universo di pagine pubbliche in lingua italiana di Facebook. L’obiettivo di questa analisi era il confronto tra le agende dei media tradizionali e quella proposta dalla sfera pubblica di un social network.
Per leggere il Rapporto “Illuminare le periferie”: V Rapporto ‘Illuminare le periferie’
La foto in evidenza è di Alessio Mamo
Il rapporto “Illuminare le periferie” è promosso COSPE, Osservatorio di Pavia, Usigrai, Fnsi in collaborazione con Rai per la Sostenibilità e Carta di Roma, Zona e con il sostegno Aics. Un ringraziamento per questa edizione anche a Villa Altieri che ci ha ospitato, la Città metropolitana e l’Ordine dei giornalisti del Lazio.
Paola Barretta