E’ stato presentato il 15 dicembre 2021 il IX rapporto di Carta di Roma, “Notizie ai margini”, in presenza all’Associazione della Stampa Estera in Italia, in Via dell’Umiltà 83 a Roma e in diretta streaming su Facebook e su Repubblica.it
Entra subito nel merito Carlo Bartoli, Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei giornalisti «se non si usano le parole giuste difficilmente si dirà qualcosa di corretto, e la parola clandestino non è una parola giuridicamente corretta» e prosegue «ho trovato il rapporto Carta di Roma un documento esemplare perché connette numeri parole e cose, un manuale contro la percezione senza sostanza, sulla diffusione della percezione, sulla disconnessione tra parole e cose».
«La Carta di Roma è un processo di crescita e bisogna sostenerla perché porta avanti un processo di prevenzione, che è la formazione. È bene sottolineare come la ricezione della Carta di Roma nella carta dei doveri non la renda facoltativa ma obbligatoria, se violo una carta mi pongo fuori dai diritti e doveri della professione giornalistica. Questo rapporto non ha un approccio ideologico, ma fa un’analisi scientifica del racconto mediatico delle migrazioni. È un manuale fondamentale, di cui abbiamo bisogno. È anche parte essenziale dei doveri del giornalista» ribadisce Giuseppe Giulietti, Presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana.
Sulla medesima linea Daniele Macheda, segretario USIGRai «aver messo nel contratto dei giornalisti Rai le carte, quindi i valori, è un passaggio importante, sancito. Nei tempi ridotti che dedichiamo all’informazione, finiamo per racchiudere tutto in una dinamica di contesto, in definizioni generiche come “migranti”, o “migranti per una determinata ragione”, invece che di riuscire a vederli come persone. Su questo spero riusciremo tutti, in particolare i colleghi, a fare maggiore attenzione in futuro».
Immigrazione: calo dell’attenzione, restano al centro i flussi migratori
Nel 2021 si consolida la riduzione dell’attenzione per le notizie ed i titoli sulla migrazione e i suoi protagonisti. A livello lessicale si rileva un aumento dell’uso del termine denigrante “clandestino”, registrando quest’anno un’occorrenza maggiore degli ultimi sette anni.
«Nel 2021 c’è stata un’ulteriore riduzione di notizie relative all’immigrazione, con il 21% in meno rispetto al 2020. Nei telegiornali del prime time, lo stravolgimento delle agende informative indotto dalla pandemia, iniziato nel 2020, sembra quindi prolungarsi anche nell’anno in corso: nei primi dieci mesi del 2021 le notizie trasmesse sono il 24% in meno rispetto allo stesso periodo del 2020. Nel 2021 la criminalità è assente come nucleo semantico» evidenzia Giuseppe Milazzo, ricercatore dell’Osservatorio di Pavia.
«I frame più frequenti riguardano il dibattito politico, la quantificazione dei migranti, la cronaca degli arrivi. Scarsissima rappresentazione ha il tema del viaggio, una rappresentazione dei migranti come entità quasi astratte, da amministrare e gestire, e non come donne ed uomini in movimento con il proprio bagaglio umano ed esperienziale» ribadisce Chiara Zanchi, ricercatrice dell’Università degli Studi di Pavia
Il rapporto 2021: temi, lessico, le voci dei migranti e i social
Guardando ai titoli della stampa, nazionale e locale, quotidiani e periodici, si osserva che le dimensioni più rilevanti sono quelle dei flussi migratori (58% degli articoli) e dell’accoglienza (22%).
La percentuale di notizie caratterizzate da toni allarmistici registra con il 7% il dato più basso dal 2015.
Resta basso anche la quota di articoli rassicuranti, che tuttavia con il 2% risulta in linea con l’anno precedente. Con il 6% scende ulteriormente la voce di immigrati, migranti e profughi nei servizi televisivi.
«C’è una tendenza a scivolare dalla realtà alla percezione ma questo avviene perché oramai da molto tempo connessione tre le due è stretta, e quindi si sovrappongono, confondendosi, costruire la realtà vuol dire entrare direttamente nella percezione» sottolinea Ilvo Diamanti, Professore dell’Università di Urbino Carlo Bo, che prosegue «la straniero ha perso rilevanza perché c’è un estraneo del quale abbiamo più paura, ed il virus. Lo straniero non fa più notizia, e quando lo fa lo fa in positivo, ad esempio ponendo il problema dell’accoglienza e dell’integrazione».
Elena Capparelli, Direttrice RaiPlay, afferma «come Rai stiamo cercando di vedere in una modalità tridimensionale l’ascolto, è nella frammentazione che si gioca la possibilità di essere rilevanti. Attraverso i contenuti diamo strumenti conoscenze e competenze. E’ interessante come in questa marea di contenuti si possano individuare quelli che hanno valore, lì un ulteriore passaggio sia rendere disponibili questi contenuti quando c’è la domanda di conoscenza, anche disseminati nei luoghi, come il famoso qr code che esiste da tanto ma del quale ora si capisce la potenzialità».
Inoltre «La novità rispetto il tema del lavoro è che ci troviamo in un momento storico del paese in cui ogni 6 mesi rendicontiamo all’Europa le nostre spese. Per fare questo abbiamo bisogno di personale che costruisca infrastrutture e lavori. Se riuscissimo a raccontare il migrante anche solo nella sua dimensione economica, nella sua utilità e per il suo contributo alla crescita del paese, per le tasse che paga, i lavori che fa, forse già cambierebbe qualcosa. Abbiamo delle strutture come i Cpr in Italia che non ci distinguono molto dai centri detenzione in Libia che tanto critichiamo. Bisogna raccontarlo» sottolinea Triantafillos Loukarelis, direttore UNAR.
La giornalista Rahel Saya pone una riflessione: «quello che è successo in Afghanistan è stato un cambiamento radicale, la situazione attuale è talmente critica che sembra che solo il 2% della popolazione abbia del cibo e il 98% ha difficoltà ad avere cibo per la propria famiglia, quello che riusciamo a fare è dare notizia via social media. In questo momento è fondamentale parlare di Afghanistan, non far calare l’attenzione sul tema. Mi auguro che occasioni come questo rapporto possano accendere nuovamente i riflettori sulle condizioni delle persone in Afghanistan, soprattutto delle donne».
«Narrare la realtà di entrare nella percezione delle persone, non dando per scontato nulla, un essere umano è tale. Chi dà la dominante nel dibattito politico, li usa senza pagare dazi di alcun tipo, la resistenza sulla legge di cittadinanza influenza su tutto il resto a cascata, se le persone votassero avrebbero una ben differente influenza sul dibattito pubblico. In un momento in cui si tende a disumanizzare i migranti e i loro viaggi, riferirsi a loro come persone diventa un’operazione di resistenza civile.» così Marco Tarquinio, Direttore di Avvenire.
Evidenzia Paola Barretta, coordinatrice Carta di Roma come «il rapporto tra migrazioni forzate e cambiamenti climatici resta ancora sullo sfondo, per quanto sia presente nell’informazione mainstream il tema della crisi climatica, le sue ricadute sule persone rimane sullo sfondo, e quasi del tutto assente nell’infotainment».
E Trisha Thomas, giornalista, ribadisce che «la pandemia ha schiacciato il racconto delle migrazioni, facendolo passare in secondo piano. Adesso stiamo tornando ad affrontare questo tema legandolo anche alla crisi sanitaria e quella climatica a livello mondiale. I migranti stanno usando sempre di più i social media per raccontare le loro storie».
«Il pluralismo delle posizioni è un bene ma dobbiamo essere liberi di dialogare altrimenti la cornice interpretativa viene imposta, e la disinformazione dilaga. Se il servizio pubblico mantiene un suo ruolo è perché riposa sulla sensibilità dei singoli giornalisti, ma talvolta ci riposa troppo, e si rischia di affidare l’informazione a chi non è professionista, a chi lo affronta in maniera parziale» sottolinea Giorgio Zanchini, giornalista e conduttore.
Conclude i lavori Valerio Cataldi, presidente di Carta di Roma ribadendo come sia essenziale «la necessità di avere più voci nel racconto delle migrazioni. I nostri principi sono tutto sommato banali, ma ci rendiamo conto poi che per contrastare la propaganda è necessario anche ribadire l’ovvio. Oggi che i dati raccontano un’apertura questa apertura, è forse il momento buono per iniziare a fare un racconto giornalistico diverso, centrato sulla realtà dei fatti, con persone competenti e professionali ed interpellando i protagonisti».
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Piera Francesca Mastantuono