Un articolo di Ilvo Diamanti su La Repubblica
Oggi gli immigrati non fanno più paura, a quanto suggeriscono i dati di un sondaggio recente di Demos. Suscitano, comunque, un grado di preoccupazione molto minore rispetto a qualche anno fa. Basti ricordare quando, nell’autunno 2017, venne ritirato lo Ius Soli, il progetto di legge che prevede il riconoscimento della cittadinanza ai figli di immigrati nati in Italia. Perché il consenso verso questa legge era calato sensibilmente dopo l’estate di quell’anno. E i promotori dell’iniziativa – i partiti di centro sinistra e soprattutto il PD – temevano di perdere consensi, in vista delle elezioni previste – e avvenute – pochi mesi dopo. Nel marzo 2018. D’altronde, la questione migratoria era stata utilizzata come argomento di campagna elettorale permanente dalla Lega di Matteo Salvini. Che ne aveva tratto evidente beneficio. Anche perché, dall’altra parte, si era preferito rinunciare a un sostegno aperto verso la logica dell’accoglienza. E dell’integrazione. Che non significa aprire le porte a tutti senza regole e controlli. Al contrario. Perché per integrarsi occorre accettare le norme e i valori del mondo in cui si entra. Questo atteggiamento prudenziale, peraltro, non aiutò il PD. Al contrario, visto l’esito del voto politico nel 2018.
Oggi, però, l’atteggiamento prevalente degli italiani sembra cambiato. E i dati del sondaggio condotto da Demos ne forniscono una rappresentazione evidente.
In primo luogo, il peso nella popolazione di quanti ritengono che gli immigrati costituiscano un pericolo per l’ordine pubblico e per la sicurezza si è ridimensionato profondamente. Quasi dimezzato. Dal 46% nel 2017, al 27% attuale. Allo stesso tempo, è tornato a crescere il favore per l’accoglienza, verso profughi e immigrati. Condiviso dal 52% degli italiani intervistati. Mentre si è ridimensionata la domanda di respingimenti. Anche rispetto alle conseguenze della situazione in Afghanistan, come è emerso dal sondaggio pubblicato nei giorni scorsi su Repubblica, il “possibile arrivo di profughi in Italia” risulta l’ultima delle preoccupazioni espresse dagli italiani.
Come si può spiegare una svolta così profonda, nelle opinioni dei cittadini? Quali sono le cause di un mutamento di approccio tanto significativo?
In primo luogo, è cambiata la percezione di questo fenomeno, in precedenza, enfatizzata da polemiche di segno politico. Peraltro, il flusso degli immigrati verso l’Italia continua ad essere elevato. In sensibile crescita nell’ultimo anno, per effetto del Covid che ha colpito, pesantemente, anche l’Africa. Ma, se nel 2018 le persone sbarcate in Italia erano quasi 200 mila, nell’ultimo anno sono stimate intorno a 50 mila (dati ISPI).
È, inoltre, cresciuta la consapevolezza di quanto gli immigrati siano una componente sociale necessaria alla nostra vita sociale. E alla nostra economia. Vi sono attività ormai svolte, in larga prevalenza dagli immigrati. I lavori manuali nelle imprese, industriali e non solo, sono svolti prevalentemente – se non esclusivamente – da stranieri. Non certo dai nostri (pochi) giovani. Confagricultura, ad esempio, nei giorni scorsi, ha manifestato forti preoccupazioni per la carenza di manodopera, “mentre si entra nel vivo della stagione della raccolta e della vendemmia”.
In ogni caso, è difficile dimenticare come, in una società sempre più vecchia, come la nostra, le attività di assistenza domestica agli anziani siano svolte da donne straniere, provenienti, soprattutto, dai Paesi dell’Est europeo.
Infine – e, forse, anzitutto – “la paura degli altri” è stata oscurata dalla paura di “un altro” invisibile. Senza volto e senza colore. Prodotto e riprodotto da noi. Il Virus. Non per caso l’approvazione delle politiche rivolte ai respingimenti è calata sensibilmente dopo il 2019. Quindi, dopo l’irruzione del Covid nella nostra vita.
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