di Vladimiro Polchi per Repubblica
Addio frontiere interne, controllo comune di quelle esterne. Regole condivise per rimpatri e rifugiati. La politica d’asilo europea poggia su un sistema di trattati e direttive tra i più avanzati al mondo. Almeno sulla carta. Perché in pratica molte norme vengono calpestate dagli egoismi nazionali. Ecco le principali.
Convenzione di Ginevra
Alla base di tutto resta la Convenzione Onu del 1951 che disciplina la nozione di rifugiato e i suoi diritti. A partire dal principio di non-refoulement (articolo 33): «I rifugiati non possono essere espulsi o rimpatriati verso situazioni dove la loro vita o la loro libertà potrebbero essere a rischio».
Accordo di Schengen
Firmato nella sua prima versione nel 1985, istituisce lo “Spazio Schengen” all’interno del quale gli Stati firmatari (oggi 22) cancellano i controlli sulle persone alle frontiere comuni e introducono la libera circolazione per i loro cittadini.
Trattato di Lisbona
In vigore dal 2009, modifica il Tfue, Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Il trattato dà ulteriore slancio verso una politica comune sull’immigrazione. Afferma il principio di solidarietà ed equa ripartizione della responsabilità tra Stati, non solo sul piano finanziario. Da questo trattato derivano le varie direttive e regolamenti cui gli Stati dovrebbero attenersi.
Direttiva rimpatri
La direttiva 115/ 2008 stabilisce norme e procedure comuni sul rimpatrio di cittadini di Paesi terzi presenti irregolarmente nel territorio Ue, fermo restando il rispetto dei loro diritti umani.
Regolamento di Dublino
Il regolamento (il terzo è del l ° gennaio 2014) tiene fermo il principio per cui lo Stato deputato a esaminare la domanda d’asilo è quello di primo approdo. «Questo fa sì – spiega Pino Gulia, vicepresidente di “Slaves no more” – che se le forze dell’ordine individuano uno straniero irregolare e desumono che è entrato in Europa da un altro Stato membro, dovranno riportarlo in quello Stato. Sono i famosi “Dubliners” (o dublinati). La revisione del regolamento, proposta da Parlamento europeo e Commissione, è stata rigettata sia nel vertice del Consiglio europeo di giugno 2018 che in quello dei ministri dell’Interno di febbraio 2019 dai governi di diversi Stati, compresa l’Italia».
*L’articolo originale è stato pubblicato su La Repubblica ed è disponibile nella rassegna stampa di Associazione Carta di Roma, qui.
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