di Filippo Miraglia su Domani
La strage nel Mediterraneo continua. Le violenze e le torture in Libia si consumano davanti agli occhi di tutti. Il velo sull’orrore a pochi chilometri dalle nostre coste è stato strappato da tempo oramai, eppure Governo e Parlamento si apprestano a confermare il sostegno finanziario alle attività delle milizie che gestiscono la cosiddetta guardia costiera libica e i lager in cui vengono rinchiusi i migranti.
Nel 2020 le persone costrette ad abbandonare le proprie case per persecuzioni, guerre e violenze, in aumento secondo l’agenzia per i rifugiati dell’ONU, sono state più di 82 milioni, nonostante il covid e le limitazioni ai movimenti. Un numero che aumenta anno dopo anno, dal dopo guerra a oggi.
Le aree ricche del pianeta accolgono sempre meno rifugiati (30 per cento in meno rispetto al 2019) e così la maggior parte di loro sono costretti a cercare protezione in quelle parti del pianeta che hanno maggiori difficoltà.
L’Ue, che è tra le aree del mondo che ne accoglie di meno, non vuole più fare nemmeno quel poco che ha fatto finora, nonostante spesso le cause di guerre, persecuzioni e disastri ambientali, all’origine dell’immigrazione forzata, siano responsabilità anche sue.
Per questo i governi europei stipulano accordi in tema d’immigrazione e diritto d’asilo con il solo obiettivo di aumentare gli ostacoli che impediscono alle persone di muoversi e, soprattutto, di muoversi legalmente, rivolgendosi direttamente agli Stati col proprio passaporto.
L’unica alternativa, in molti casi per tentare di salvare la vita, è affidarsi a chi organizza, lucrandoci e ovviamente senza curarsi della sicurezza di chi si rivolge a loro, l’attraversamento illegale delle frontiere, marittime e terrestri.
In questo quadro davvero tragico, l’Italia ha fatto da apripista nella sperimentazione dell’esternalizzazione delle frontiere, anche attraverso accordi con soggetti che ricorrono senza alcuna remora alla violenza, alle torture e, come tutti hanno potuto vedere, anche a omicidi plurimi.
Le nostre motovedette, la strumentazione e le risorse fornite dall’Italia in seguito al Memoradum firmato con la Libia (2017), ad opera dell’allora titolare del Viminale Marco Minniti – che aumenteranno secondo quanto riportato nella delibera Missioni all’esame in queste ore del nostro Parlamento – hanno consentito alle milizie libiche che si spacciano per guardia costiera, di riportare nei lager più di 60 mila persone.
Esseri umani sfuggiti alle violenze che, con la nostra complicità e in contrasto con le leggi italiane e le convenzioni internazionali, sono state catturate e riportate indietro dai loro stessi aguzzini.
Il fatto che il presidente del Consiglio abbia ringraziato la Libia per aver “salvato” queste persone riconsegnandole alle violenze dei centri di detenzione, è davvero sconcertante, oltre che inaccettabile.
Per questo le associazioni del Tavolo Asilo e Immigrazione, la coalizione della società civile che promuove e tutela i diritti dei migranti e dei rifugiati, hanno scritto a Draghi, chiedendogli di invertire la rotta. Gli abbiamo chiesto di revocare ogni sostegno alla cosiddetta guardia costiera, per avviare una nuova stagione dei diritti, in Italia e in Europa. Alimentare odio, paure e razzismo, oltre a consolidare la cultura delle destre xenofobe e dei sovranisti, rappresenta davvero un rischio per la tenuta dell’Ue.
Non possiamo più assistere inermi alla strage che ogni giorno si compie sotto i nostri occhi, né si può tollerare che si sostengano con risorse pubbliche gruppi che usano la violenza, fino alla strage, per arricchirsi sulla pelle di migliaia di innocenti.
Sappiamo poi, anche dalle testimonianze di esponenti della società civile libica, che il sostegno alle milizie e gli accordi sul controllo dei flussi migratori sono un fattore di destabilizzazione che impedisce il processo di pace anziché aiutarlo.
Se l’UE e il governo italiano volessero davvero sostenere il dialogo in Libia dovrebbero sottrarre, con una operazione di evacuazione delle persone detenute, la principale arma di ricatto delle milizie.
È urgente fermare la strage attraverso un programma europeo di ricerca e salvataggio, come più volte chiesto dal Commissario ONU per i rifugiati, che ha denunciato il sostegno alla “guardia costiera libica” che il governo si appresta a rinnovare, chiedendo di bloccarlo. È sul fronte del salvataggio delle vite umane che ci piacerebbe veder impegnata l’Italia, non su quello del sostegno alle bande che si contendono il controllo della Libia. Si potrebbe cominciare dal consentire alle navi delle Ong bloccate di poter tornare in mare.
Ci chiediamo, e chiediamo al governo e al Parlamento: quale Europa vogliamo costruire? Quale senso vogliamo dare ad una unione di popoli e di Stati per il nostro comune futuro? Accodarsi all’ideologia oscurantista e razzista di Orban, di Salvini e Meloni, di Le Pen, o tornare allo spirito di Ventotene, ai principi contenuti nel Trattato Europeo? La risposta a questa domanda oggi arriva anche dalle decisioni che prenderanno governo e Parlamento nelle prossime ore. Non siamo ottimisti, ma non vogliamo arrenderci.
Saremo in piazza il prossimo 14 luglio per dire che non si può far finta che le decisioni prese nei palazzi delle istituzioni non abbiano conseguenze sulla vita e sulla morte di migliaia di persone. Non ci si può comportare come se si avesse una benda che impedisce di vedere l’orrore al quale assistiamo quotidianamente. La verità, con le sue pesanti responsabilità, è oramai davanti agli occhi di tutti.
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