di Agenzia NEV
Gaddo Flego, 56 anni, direttore sanitario dell’Ospedale evangelico internazionale di Genova, insieme a Francesco Piobbichi, senior operator di Mediterranean Hope – Programma Rifugiati e migranti della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), nelle scorse ore è salito sulla Open Arms, ormeggiata al largo di Lampedusa con ancora 131 profughi a bordo. Insieme hanno collaborato a imbarcare cibo e generi di prima necessità, ma ovviamente è stata l’occasione per prendere atto di persona della situazione.
“Il ponte della nave è affollato di gente – ha dichiarato il dottor Flego all’Agenzia NEV – ed è diviso in due aree, una riservata agli uomini, dove gli spazi sono minimi, e l’altra per le donne. Le condizioni igieniche sono al limite. Parlando con il medico, l’infermiera di bordo, con lo psicologo di Emergency e con i mediatori linguistico-culturali, tutti mi hanno confermato che, nonostante i casi più gravi siano stati evacuati, permane una situazione generalizzata di sofferenza sia fisica ma soprattutto psicologica che si traduce in una continua richiesta di supporto medico. La situazione è di estrema variabilità – aggiunge il dottor Flego – e ci sono momenti in cui il disagio esplode prepotente in attacchi di panico, pianti irrefrenabili e disperazione”.
Gli operatori di Mediterranean Hope, una delle poche organizzazioni che risiede permanentemente sull’isola da oltre quattro anni, hanno cercato di fornire il massimo sostegno logistico alla Open Arms e, in più occasioni, la Federazione delle chiese evangeliche e la Tavola valdese si sono dette disponibili a farsi carico dell’accoglienza dei profughi, almeno in attesa di una auspicata distribuzione in Europa.
Insieme agli attivisti del Forum Lampedusa Solidale, gli operatori di Mediterranean Hope da oltre una settimana dormono nel sagrato della chiesa dell’isola, avvolti in coperte termiche, per denunciare la gravità della situazione dei profughi ancora imbarcati e per esprimere loro solidarietà. Salendo a bordo, Francesco Piobbichi – noto anche come ‘disegnatore sociale’ e che con la Claudiana ha pubblicato tre volumi sulla situazione dei migranti – ha portato e distribuito delle matite colorate e dei fogli d’album. “È stato il mio piccolo contributo a sdrammatizzare la tensione – spiega – e a portare un po’ di colore e fantasia in una situazione drammatica e surreale. E per un attimo ho visto accendersi qualche sorriso”.
“Al di là delle considerazioni professionali – conclude Flego – salendo sulla Open Arms ho vissuto un’esperienza di forte impatto emotivo, impressionato sia dalle storie delle persone salvate che dalla capacità dell’equipaggio di garantire una certa serenità e di infondere, per quanto possibile, forza e speranza a persone provate e stremate”.
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