Su Centro Studi e Ricerche IDOS
È stato presentato ieri, presso il Teatro Orione a Roma, il 32° Dossier Statistico Immigrazione a cura del Centro Studi e Ricerche IDOS, in collaborazione con Centro Studi e rivista Confronti, grazie al sostegno dell’Istituto di Studi Politici “S. Pio V” e dell’Otto per Mille della Tavola Valdese.
«Questo evento è dedicato a tutti i migranti reali, eppure assenti. O perché non sono mai partiti, rimanendo bloccati nelle terre d’origine ad affrontare guerre, disastri ambientali e povertà, oppure perché sono partiti ma non sono mai arrivati, perché sono morti durante il viaggio, o rimasti bloccati nei campi di detenzione o nei campi profughi, o anche perché da mesi da mesi sono impegnati nel “game” per raggiungere l’Europa sulle rotte balcaniche, dai cui confini vengono respinti con violenza. Ma lo vogliamo dedicare anche a tutti coloro che pur essendo partiti e arrivati, sono rimasti invisibili, perché sequestrati nei ghetti o ostaggio dei caporali. Dopo trentadue anni con il Dossier Statistico vorremmo contribuire con la forza dei numeri a innalzare la società alla statura umana che le compete, seguendo la legge scritta nelle nostre coscienze, che ci costituisce come esseri umani, e che è stata troppo spesso calpestata, rendendo la vita dei migranti un inferno”, ha introdotto Luca Di Sciullo, presidente del Centro Studi e Ricerche IDOS.
«Sono lieta di vedere una folta presenza di studenti e studentesse nel pubblico – ha aggiunto la moderatora della Tavola Valdese Alessandra Trotta – perché quello di cui si parla oggi li riguarda in prima persona. Oggi la comunità scolastica è una realtà plurale, in cui convivono culture e religioni diverse, ma la vera sfida è renderla una realtà di convivenza pluriculturale. Ai giovani è stato consegnato un mondo gestito da una generazione poco lungimirante, ma la speranza è che riescano a renderlo un posto migliore. Il primo passo è confrontarsi con la realtà attraverso i dati concreti e l’incontro con gli altri, superando definitivamente la narrazione della migrazione che è stata fatta fino ad oggi».
«La mancata integrazione degli stranieri sul territorio parte dal classismo, ma dobbiamo ricordare che il primo fattore discriminante è la povertà. Spesso, infatti, le persone della mia generazione si sentono sfiduciate nella continuazione degli studi o nell’iniziare un percorso di studi che non sia tecnico, perché pensano di non avere gli stessi diritti e le stesse possibilità degli italiani all’interno del mondo del lavoro. Pertanto, è necessario che le istituzioni facciano tutto quello che è in loro potere per creare le stesse condizioni di apprendimento per tutti, perché tutti meritano di aspirare a una vita dignitosa in questo Paese», ha chiarito la scrittrice e attivista Djarah Kan.
«Il pluralismo religioso sta mettendo in crisi la secolarizzazione crescente della nostra società – ha aggiunto Maurizio Ambrosini, docente di sociologia delle migrazioni – e invece di essere un fattore di disgregazione, è diventato un fattore di rafforzamento della società e di coesione sociale collettiva. La religione per i migranti rappresenta un’opportunità di solidarietà e mutuo aiuto perché qui trovano socialità, resilienza e riscatto, ricoprendo ruoli di leadership e responsabilità che compensano le frustrazioni che sperimentano nella vita quotidiana. Inoltre le comunità religiose offrono un ruolo anche alle donne e alle nuove generazioni, che hanno l’opportunità di rimanere in contatto con la lingua e la cultura d’origine, e rappresentano un luogo indispensabile di formazione e di superamento del radicalismo».
«Anche se i media non ne parlano a sufficienza, quello che sta accadendo nel Corno d’Africa è allarmante. Le persone stanno fuggendo dalla guerra, dalla carestia, dalla siccità, o anche per garantire un futuro ai loro figli. Bisogna proteggere i diritti e la dignità di queste persone aprendo dei canali legali per raggiungere l’Europa, che intanto erge muri visibili e invisibili per arginare la migrazione. Spero che si superi presto la campagna di criminalizzazione della solidarietà che è stata messa in atto negli ultimi anni e che si creino le condizioni per un inserimento sociale, culturale ed economico nel nostro Paese, anche per i ragazzi che sono cresciuti e studiano qui, per uscire da una ghettizzazione dei migranti dal punto di vista sociale, culturale e politico», ha dichiarato Mussie Zerai, Presidente dell’Agenzia di Cooperazione Habeshia.
La giornalista Eleonora Camilli ha continuato: «Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina sono andata al confine con la Romania per osservare la gestione dei flussi migratori e, oltre alla disperazione di tante persone, soprattutto donne, ho visto un attivismo straordinario messo in atto dalla società civile, da organizzazioni umanitarie e religiose, e da privati cittadini. Ho visto anche un atteggiamento inedito da parte della polizia di frontiera che aiutava i profughi, cosa che non accade sulla rotta balcanica, ma anche al confine con la Francia, dove continuano a perpetrarsi respingimenti, anche di minori. È inaccettabile questo “doppio standard dell’accoglienza”, perché l’accoglienza non può essere selettiva».
«Vista la natura non transitoria dei flussi migratori – ha chiarito Matteo Biffoni, delegato ANCI all’Immigrazione e Politiche per l’integrazione – bisogna avviare adeguati meccanismi di ingresso nel Paese e di acquisizione della cittadinanza. Il 2021 è stato caratterizzato dalla crisi ucraina ed è stato un banco di prova per il sistema dell’accoglienza che ha visto un’Europa solidale e attiva. Però il sistema di accoglienza è un cantiere aperto e molto altro ancora c’è da fare per migliorarlo».
«Nella tragedia sociale che stiamo vivendo, segnata da crisi economica, pandemia e guerra, bisogna tutelare coloro i quali lasciano il loro Paese per costruire una nuova vita e una nuova classe sociale sotto un cielo diverso dal proprio», ha concluso Paolo De Nardis, presidente dell’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”.
Ha coordinato i lavori Claudio Paravati, direttore del Centro Studi Confronti.
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