Nell’articolo di Lorenzo Borga pubblicato oggi su Il Foglio, il giornalista spiega a cosa è dovuto il dietrofront del ministro dell’interno Salvini riguardo al numero di irregolari presenti nel nostro Paese.
Da più di un anno, la realtà chiede conto a Salvini delle sue promesse. I proclami fatti in campagna elettorale erano due: bloccare gli arrivi dalla Libia e rimpatriare 500 mila stranieri irregolari presenti in Italia. Se la prima è stata mantenuta, e principalmente per via degli accordi presi con la Libia dal suo predecessore Marco Minniti, la seconda invece stenta.
Sarà per via delle difficoltà che ha riscontrato nel chiudere gli accordi per i rimpatri che aveva promesso di fare con dieci paesi di provenienza dei migranti che Salvini si è trovato a cambiare completamente la sua narrazione, raccontandoci che in fondo gli irregolari non sono poi così tanti.
Dopo dieci mesi di benzina sul fuoco, sfruttando ogni evento per sottolineare la pericolosità del fenomeno migratorio, il ministro dell’Interno potrebbe aver capito che non si può più permettere di alimentare la paura e che è arrivato il tempo di rassicurare i cittadini che lo hanno eletto.
In ogni caso, il calcolo che fa (premesso che il calcolo sugli irregolari non potrà mai essere esatto per definizione), risulta essere alquanto impreciso. Non tiene conto degli immigrati arrivati in Italia per vie legali e poi trattenutisi oltre il periodo permesso, come non tiene conto degli immigrati irregolari arrivati via terra, non sottrae alla stima i rimpatri (circa 25 mila dal 2015), e, ancora, non conta i richiedenti asilo che si sono visti rifiutare il permesso di soggiorno.
Per leggere l’articolo intero dalla rassegna stampa dell’Associazione Carta di Roma e capire come si è arrivati da “più di 500 mila” alla cifra di 90 mila, potete cliccare qui.
Anche il Presidente dell’Associazione Carta di Roma Valerio Cataldi si è espresso riguardo il dato presentato dal ministro dell’Interno Salvini nella conferenza stampa del 24 aprile scorso.
“Da qualche giorno sono fuori Italia. Scopro solo oggi questa sorprendente conferenza stampa in cui il ministro dell’Interno ci dice sostanzialmente che non c’è ragione di aver paura. Nelle sue parole si trova la conferma di quanto era già evidente: l’invasione non esiste, non c’era prima, quando la paura serviva ad acquisire consenso; non c’è adesso, quando la paura potrebbe comportare l’accusa di non saper gestire i flussi migratori ora che è al governo. La domanda a questo punto è: come si concilia la politica della chiusura, dei respingimenti illegali (nel mediterraneo come a Trieste sui confini di terra), con l’evidenza dei numeri che confermano che non c’è nessuna emergenza, nessuna invasione, nessuna sostituzione etnica in corso?
E i colleghi giornalisti che hanno sostenuto la propaganda rabbiosa fondata sulla parola invasione, come si sentono adesso che il loro primo riferimento politico afferma che anni di cronache, di titoli e di prime pagine non riportavano fatti, notizie ma solo propaganda? Come si sentono ora che il ministro della paura gli dice che il loro lavoro non ha mai considerato l’accertamento, la verifica, la ricerca della verità sostanziale dei fatti?
L’invasione é solo uno stato d’animo (ora lo dice anche Salvini)”.
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