Di Eleonora Camilli su Redattore Sociale
Due studenti stranieri su tre nelle scuole italiane (il 65,4 per cento) sono nati nel nostro paese. L’incidenza sale al 74,6% nelle scuole primarie e all’81,9% in quelle dell’infanzia. In totale sono oltre 860 mila gli stranieri residenti che avrebbero diritto di accesso alla cittadinanza italiana se questa fosse estesa, con efficacia retroattiva, a tutti i nati sul territorio nazionale (nel 95% dei casi bambini e ragazzi con meno di 18 anni). Sono i dati resi noti dal Centro Studi e Ricerche Idos e la Rete che promuove la campagna “Dalla parte giusta della storia” nel trentesimo anniversario della Legge 91/92. Una legge, varata il 5 febbraio di trenta anni fa e basata sullo ius sanguinis, che secondo gli studiosi oggi penalizza oltre 1,5 milioni di potenziali italiani. Se sono, infatti, oltre 800mila i nati in Italia che potrebbero usufruire di uno ius soli potenziale, sono quasi altrettanti i ragazzi cresciuti nel nostro paese che avrebbero diritto di cittadinanza con l’introduzione dello ius culturae.
Intanto il numero dei “nuovi cittadini” che vivono nel Paese è in continua crescita: erano 286 mila al Censimento del 2001, oltre il doppio, 671 mila, a quello successivo (2011), e più di cinque volte tanti nel 2020, quando se ne sono contati oltre 1 milione e mezzo. Se prima dell’ultimo decennio il numero di acquisizioni annuali era piuttosto contenuto (4 mila quelle registrate dal ministero dell’Interno nel 1992, 12 mila nel 2002 e 66 mila nel 2012 quelle rilevate dall’Istat), dal 2013 il dato annuale si è sempre attestato sopra le 100 mila unità, toccando il picco più alto nel 2016 (201.000). Più di recente, dopo la flessione registrata nel 2017 (147 mila) e 2018 (112.500), si è osservato un nuovo aumento nel 2019 (127 mila, +12,9%) e ancora nel 2020 (132 mila, +3,8%), pur con i rallentamenti delle attività amministrative dovuti all’emergenza pandemica. Inoltre, secondo Idos, nel periodo 2012-2020 le nascite di bambini stranieri in Italia sono state ben 630 mila (di cui quasi 60 mila nell’ultimo anno, rappresentando un settimo di tutti i nuovi nati, 14,8%).
“Vogliamo che sia l’ultimo compleanno di questa legge ingiusta – dichiara Ada Ugo Abara, presidentessa di ArisingAfricans, una delle associazioni delle nuove generazioni che animano la rete – Nelle settimane scorse, anche io, come la legge, ho compiuto 30 anni. E nonostante viva in Italia fin da bambina, sia trevigiana, lavori da anni come professionista, non ho ancora la cittadinanza. Attorno a noi cambia tutto, tranne questa legge. Per questo abbiamo lanciato la challenge #ècambiatoQUASItutto con cui invitiamo tutte le persone a postare una propria foto del ‘92 e raccontare cosa è cambiato da allora. Non ci accontentiamo delle promesse di questi anni: dopo il naufragio del ddl Zan ci aspettiamo che gli esponenti politici come Brescia e Letta, che sostengono di avere a cuore la riforma, non perdano l’ultima occasione di fare avanzare i diritti sociali e civili in questa legislatura”.
Gli attivisti e le organizzazioni della rete promettono battaglia lanciando una serie di iniziative, che partiranno proprio il 5 febbraio con la challenge digitale #ècambiatoQUASItutto e l’invio di una memoria alla Commissione Affari Costituzionali e ai partiti per chiedere una nuova legge entro la fine della legislatura.
Secondo Luca Di Sciullo, presidente del Centro Studi e Ricerche Idos, “soprattutto in una fase storica come quella attuale, in cui l’Italia ha un urgente bisogno di rilancio sociale, civile, economico e culturale è grave dover constatare che un ricco e fresco potenziale innovativo, come quello che saprebbero esprimere, anche in preziosa chiave transnazionale, le nuove generazioni, se solo venissero riconosciute nella pienezza dei loro diritti di cittadinanza, venga ancora mortificato e tenuto ai margini da una legge antiquata, nata già vecchia”.
Nonostante il tema della riforma della cittadinanza sia stato evocato più volte, dopo il tentativo naufragato nel 2017, ci sono attualmente tre disegni di legge fermi alla Camera (a firma Laura Boldrini, Renata Polverini e Matteo Orfini). “E’ una legge che in ben 30 anni nessuna legislatura ha avuto la dignità e il coraggio di riformare, perseguendo un immobilismo politico tanto più colpevole quanto più non cessa di venire alimentato, per un verso, da vuoti schemi ideologici e, per altro verso, da pavidi opportunismi elettorali – continua Di Sciullo -. E a farne le spese, oltre alle centinaia di migliaia di “italiani di fatto”, è l’intero sistema Paese”.
Fanno parte della Rete per la riforma della cittadinanza: Afroveronesi, ArisingAfricans, Black LivesMatter Bologna, QuestaèRoma, Festival Divercity, SonrisasAndinas, Collettivo Ujamaa, Rete degli studenti medi, Unione degli Stundenti (UDS), Unione degli Universitari (UDU), Link, Rete della conoscenza, ActionAid Italia, Rete Saltamuri, Restiamo Umani Brescia, Volare e decine di attiviste e attivisti di nuove generazioni di tutta Italia.
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