Una recensione del libro di Allegra Salvini, che squarcia il silenzio sul campo profughi più grande in Europa
Di Anna Meli, direttrice comunicazione COSPE
Solo una tragica sequenza di morti ha squarciato il silenzio su Moria negli ultimi mesi. Una madre ed un bambino sono morti in un incendio accidentale il 29 settembre scorso. Il 16 novembre arriva la notizia della morte per disidratazione di un bambino di 9 mesi. Il campo profughi più grande delle “civile” Europa, in cui vivono oltre 15mila persone intrappolate tra cui 5000 minori torna a fare cronaca solo per le drammatiche notizie che testimoniano “le terribili condizioni di vita e la mancanza di cure adeguate” così come denuncia da tempo Medici Senza Frontiere e altre organizzazioni umanitarie greche ed europee.
Per questo il libro della giovane Allegra Salvini, “Cartoline da Lesbo” (edizioni Clichy – Firenze 2019) rappresenta non solo l’interessante selezione di storie raccolte dalla scrittrice durante il suo periodo di volontariato sull’isola, ma un modo originale e incisivo di “illuminare” quello che accadeva e accade sull’isola che da meta turistica, si è trasformata in una grande prigione a cielo aperto dove migliaia di richiedenti asilo sono bloccati e tenuti in condizioni disumane.
“Cartoline da Lesbo” è stata anche una rubrica opportunamente ospitata dal sito di Repubblica Firenze da aprile a luglio 2018 che ha da subito riscosso un buon successo di condivisioni e commenti. La giovane Allegra, fresca di laurea in Scienze politiche con una tesi sull’accordo UE-Turchia per la gestione dei migranti, aveva deciso di toccare con mano che cosa aveva significato quell’accordo per le migliaia di persone che abitavano il campo e per coloro che continuavano ad arrivare, come riporta nell’introduzione Maria Cristina Carratù, giornalista di Repubblica.
Le storie di Samer, filosofo iracheno, del siriano Yusuf, studente di letteratura inglese a cui mancavano solo 3 esami alla laurea e quello di Iman, rifugiato per aver aiutato rifugiati in Iran, si intrecciano con il racconto della vita quotidiana dei volontari che fanno i turni sulla spiaggia per avvistare “barchette di legno marcito o gommoni ridicolmente piccoli per i numeri che contengono”
Volti, sguardi e parole che ci vengono consegnate per capire qual è la vera “crisi dei migranti”. Non numeri asettici relativi a sbarchi o rimpatri che animano il miope e cinico dibattito politico, ma la sospensione dei diritti e l’oltraggio alla dignità di migliaia di bambini, donne e uomini a cui assistiamo quotidianamente.
La giovane volontaria che ha deciso, come molti altri operatori di ONG, che casa loro o casa nostra non era importante, quanto vedere, farsi testimone attraverso l’esperienza diretta sul campo di quello che succede davvero sul tema delle migrazioni rappresenta un esempio dell’attivismo giovanile che dovremmo imparare ad ascoltare di più e un monito per non dimenticare.