di Susanna Owusu Twumwah su Vita
L’antropologia e la storia sono due campi di analisi per comprendere come i corpi neri e quindi di africani e afrodiscendenti abbiano assunto un significato nelle varie fasi storiche. Per “significato” si intendono una serie di termini e simboli che vengono alla mente quando si visualizzano e si parla di corpi neri. Un insieme di significati che viene continuamente proposto dai media tradizionali quali tv, giornali e radio, ma anche in ambiti come il Terzo settore quando si propone un linguaggio e delle immagini non puntuali per parlare di questi corpi.
La seguente analisi intende comprendere come il cambiamento narrativo dei corpi neri in Italia possa avere una ricaduta positiva su quelli del continente africano. Ci basti immaginare che finché un corpo nero non si esprime, con dei linguaggi verbali e non, con delle caratteristiche specifiche del posto in cui il corpo è cresciuto, un corpo nero rimane un corpo nero, ma quando per esempio si comincia a dialogare con un forte accento romano ci si accorge che forse quel corpo nero oltre ad essere un corpo è anche probabilmente africano, afrodiscendente, europeo, italiano e romano. I linguaggi verbali e non ci trasmettono una parziale traccia delle varie identità che compongono una persona. In effetti la pluralità dell’identità è un aspetto più volte richiamato e sottolineato anche negli studi sociologici di Stuart Hall.
Heather Merril nel suo studio antropologico sulla diaspora africana in Italia traccia un quadro chiaro su quale immagine predominante si diffonde nel territorio italiano sottolineando che l’immagine che viene trasmessa è quella di corpi poveri, sofferenti e pigri riproducendo con questa narrazione quella che generalmente viene definita la pornografia del dolore. Un esempio lampante riportato da tantissime realtà che approfondiscono questo aspetto soprattutto quando si pensi al mondo della tv e dei giornali (es. Associazione Carta di Roma) dimostrano come i media italiani parlino di corpi neri nella maggior parte dei casi per raccontare dell’arrivo di persone sulle coste italiane via mare.
Bisognerebbe semplicemente riflettere su quante volte i giornali abbiano utilizzato il termine di colore che rimanda automaticamente al colore nero, quando invece si possono avere colori di tutte le sfumature, e sia stato utilizzato in maniera dilagante come termine che dovrebbe non offendere le persone nere. Queste imprecisioni continuano a rafforzare quei processi di inferiorizzazione instaurati prevalentemente durante il periodo coloniale. Oltre a questo, si aggiunge il fatto di non proporre dei modelli plurali che possano da una parte ispirare le nuove generazioni e dall’altra raccontare in maniera dignitosa e puntuale il vissuto delle persone africane afrodiscendenti sul suolo italiano. La gravità di non trasmettere un’immagine plurale di questi corpi non si riduce solo a questo poiché si sono registrati diversi episodi, fra tv nazionali e non, sull’utilizzo della N-word e della Black Face; andando anche qui a rafforzare dei processi di inferiorizzazione, replicazione di micro-aggressioni razziali, sofferenze e violenze. Continuare a portare una narrazione per cui tutte le persone nere in Italia non siano in grado, per esempio, di parlare la lingua italiana amplifica le micro-aggressioni razziali verbali.
Come si cambia dunque la narrazione sui corpi neri in Italia e come questo effettivamente può avere una ricaduta sul continente? In primis c’è da sottolineare che in Italia attualmente esistono tantissime realtà di diaspore, e non solo, che lavorano molto sul cambio di narrazione. Per citarne alcune possiamo parlare delSummit nazionale delle diaspore,Colory, il progettoChamps e molti altri che utilizzando i digital media e nello specifico le piattaforme social media portando alla luce la diverse narrazioni dei corpi razzializzati (e alcuni in particolare quelli neri) e presentare un’Italia dinamica piena di persone afrodiscendenti e africane che hanno percorsi diversificati di vita e da un punto di vista professionale, religioso e culturale che appunto spesso non è mostrato nei media tradizionali. Dunque, cambiare e diversificare le narrazioni sui corpi neri, il linguaggio per descrivere queste soggettività e le immagini che vengono utilizzate indica dare un nuovo significato ai corpi neri in Italia, ma anche un nuovo significato positivo verso i paesi africani.
Questa ripercussione positiva però non può essere considerata solo come una conseguenza del cambiamento delle narrazioni in Italia, ma ci deve essere un esercizio costante anche da parte dei corpi africani e afrodiscendenti residenti in Italia nel portare una narrazione corretta anche proprio sul continente diversificando per altro le fonti. Promuovendo e diffondendo delle fonti di autori o intellettuali africani e afrodiscendenti. Promuovendo una visione plurale che faccia finalmente percepire l’Africa come un continente composto da più stati che quindi ha in sé delle diversità da un punto di vista culturale, politico, economico e sociale.
L’impegno costante è da rivolgersi in tutti i settori; in occasione della sesta edizione di IABW questa riflessione era attorno al mondo del business e la cooperazione internazionale. La riflessione si è infatti estesa a come il ruolo delle diaspore possa giovare ad una nuova narrazione in questi due ambiti, ma anche a capire qual è l’esercizio costante di collaborazione e leadership negli ambiti prescelti. Il ribadimento di questi contributi può sembrare un’ovvietà: ma ripeterli aiuta sempre a mantenere un approccio critico e un assetto di coinvolgimento delle stesse diaspore a tutti i livelli di progettazione sia del mondo imprenditoriale che in quello del Terzo settore.
Siamo a conoscenza del fatto che le diaspore in quanto identità ibride possano apportare valore a questi processi mettendo a disposizione quelle che comunemente vengono considerate come rimesse sociali quindi tutto il bagaglio di esperienze personali e professionali acquisite nel periodo fuori dal paese d’origine. Le diaspore possono essere ponti naturali per la comprensione di diversi assetti culturali quindi comprendere in maniera efficace il contesto italiano, ma anche quello dei paesi africani. Conosciamo per esempio l’apporto economico trasferito tramite le rimesse economiche e per altro tracciare in maniera evidente gli investimenti immediati a breve termine nel nucleo familiare, ma sappiamo anche che gli Stati africani dovrebbero impegnarsi di più nell’indirizzare gli investimenti le rimesse economiche delle diaspore verso progetti di utilità sociale e quindi di conseguenza in progetti a lungo termine. L’auspicio è che sempre più organizzazioni, istituzioni e media riconoscano l’apporto che le diaspore possano dare in Italia, sia nell’implementazione dei progetti e nel cambio di narrazioni dei corpi neri in Italia e Africa.
*Susanna Owusu Twumwah, Communication Specialist for Development, Migration and Diaspora Projects
Immagine in evidenza di Giovanni Currado
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