È stato presentato ieri il progetto “Voci senza frontiere”, una raccolta di 30 nomi di esperte/i in molteplici aree professionali – dalla sanità alla giustizia, dall’informazione alla ricerca – rappresentanti della società plurale italiana. Un progetto realizzato con il supporto dell’8 per Mille della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, con il patrocinio di Rai per il Sociale e dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR).
Un punto di partenza per raccogliere voci autorevoli e competenti con l’obiettivo, come affermato da Valerio Cataldi, Presidente della Carta di Roma, di “rappresentare la realtà che viviamo ogni giorno ma che non viene rappresentata”, e di diventare uno strumento utilizzato dalle redazioni. Capire chi siamo e dove siamo passa anche attraverso le voci che riescono a raccontare la realtà. “Mettere in lista, in fila persone che stanno facendo cose per l’interazione e per il nostro vivere plurale è importante. Noi siamo voci che si fanno sentire insieme”, racconta la scrittrice Igiaba Scego.
La brillante conduzione di Veronica Fernandes, giornalista di RaiNews24, conduce alla scoperta della guida, pensata come una raccolta di figure esperte che possono essere conosciute da tutti coloro che accedono ai media per informarsi. Ad oggi, le voci della società plurale risultano marginali nel nostro panorama informativo, il 2% di presenza nei telegiornali del prime time nel primo semestre del 2021, come ricordato da Paola Barretta (Coordinatrice dell’Associazione Carta di Roma e ricercatrice dell’Osservatorio di Pavia). Pertanto, la guida presentata oggi risponde alla sfida di portare la voce di esperti e professionisti esponenti della diaspora, di seconde e terze generazioni e di rappresentanti delle differenti comunità affinché “indipendentemente dall’origine e dalla provenienza, vengano intervistati in qualità di esperti. Un elenco non esaustivo, del tutto provvisorio, che rappresenta però un punto di partenza. Così un’avvocatessa di origine egiziana competente in diritto civile viene intervistata in materia giuridica non sulla situazione in Egitto”.
A questo proposito, Mehret Tewolde, Direttrice esecutiva Italia Africa Business Week, mette in luce come ci siano “tantissimi medici di origine straniera, tantissimi ricercatori e operatori sanitari: ce ne fosse stato solo uno che ha parlato durante la fase di emergenza sanitari nei media mainstream. Quello era il momento in cui potevamo abbattere le barriere, perché eravamo tutti spaventati e non abbiamo dato conto alle apparenze. Si poteva accompagnare la società a riconoscersi per quello che è nella realtà oggi”. Rivendica, inoltre, la necessità di includere le persone di origine straniera all’interno delle aziende: “è fondamentale perché favorisce e ti costringe a conoscere l’altro. Nel momento in cui tu lo conosci, ti fai ambasciatore della diversità” e conclude affermando che “le voci ci sono, ma è necessario l’ascolto attivo”.
“Voci senza frontiere è progetto prezioso per la RAI e per il Paese. La Rai considera l’inclusione una priorità e un dovere. Non si può essere deboli, in questo momento, sul tema delle diseguaglianze. Sui temi etici e civili, la Rai e la nostra redazione saranno sempre in prima linea, perché vogliamo sostenere le ragioni del bene comune”, sottolinea il Direttore Rai per il Sociale, Giovanni Parapini. “Il ruolo del Servizio Pubblico deve tornare alle sue origini e deve farlo con il contributo di voci diverse, appunto, voci senza frontiere”.
Kwanza Musi Dos Santos, co-fondatrice dell’Associazione QuestaèRoma, evidenzia come sia presente un’invisibilità sistemica non solo nei media, ma anche nelle aziende, nella Pubblica Amministrazione e nell’intera società. Non è dunque possibile limitarsi alla rappresentazione di esperti e professionisti di origine straniera nei media mainstream, ma è importante implementare la loro presenza “dall’inizio alla fine della catena di produzione di una qualsiasi azienda”. La necessità è quella di “inserire queste persone dentro tutti i livelli, tutte le istituzioni, tutte le aziende, tutte le organizzazioni”.
Triantafillos Loukarelis, Direttore dell’Ufficio Nazionale Anti-discriminazioni Razziali (UNAR), sottolinea come il progetto sia una “salita di livello, che entrerà a far parte della Strategia Nazionale contro il Razzismo, la Xenofobia e l’Intolleranza che attualmente si sta inaugurando insieme a 120 associazioni”. In questo paese – prosegue Loukarelis – c’è bisogno di affermative action, non un’azione obbligata ma una scelta di qualità. “Non ci interessa una “machiettizzazione”, un intervento sensazionalistico delle persone di origine straniera. A noi interessa rappresentare la professionalità e i contenuti delle persone in contesti informativi in cui possono esprimere la pienezza delle loro competenze”.
Roberto Natale, giornalista Rai, afferma come con questa guida “sia stato fatto un importante passo avanti” e sottolinea come essa “si inserisce in un momento in cui il valore della competenza sembra essere tornato in auge” e “il giornalismo italiano non può non cogliere questa occasione e fare un salto ulteriore di competenza per re-legittimarsi agli occhi dell’opinione pubblica”. E se gli italiani hanno una percezione distorta di determinati fenomeni, questa non può non essere in parte responsabilità dei giornalisti, i quali hanno “strumentalmente fomentato percezioni distorte, raccontando i casi singoli, anziché raccontare le dimensioni reali dei fenomeni, senza saper raccontare il mondo che gli italiani di seconda e terza generazioni hanno costruito.”
“Comunicare le esistenze di soggetti della società multi-culturale significa cambiare il linguaggio a livello visivo e a livello verbale, significa decostruire dei concetti che feriscono i corpi delle persone di cui vogliamo parlare, significa in qualche modo decolonizzare il nostro linguaggio e il nostro immaginario collettivo”, così conclude Susanna Owusu Twumwah, Communication officer del Summit Nazionale delle Diaspore.
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