Pubblichiamo un commento del vicepresidente dell’Arci Filippo Miraglia che replica alle tesi sui rifugiati pubblicate dall’ex ministro Claudio Martelli
di Filippo Miraglia
Nell’articolo dell’ex Ministro Martelli ci sono tanti di quei luoghi comuni e di quegli errori che viene spontaneo chiedersi se lo abbia scritto davvero lui, e se fosse così perché abbia scelto di andare ad ingrossare le fila di chi alimenta il razzismo per acquisire maggiore visibilità nel dibattito pubblico.
Leggendo l’articolo di questo ex Ministro, che per vari anni in passato si è occupato di politiche dell’immigrazione, emergono varie false evidenze:
- Il riferimento al rapporto di Medici senza frontiere è sbagliato perché fa riferimento ai luoghi d’accoglienza informali, fuori dal circuito pubblico, quindi alle migliaia (non certo pochi) che, per varie ragioni, non sono ospitati dei centri d’accoglienza del sistema pubblico (Sprar, CAS e Centri ministeriali).
- Ai numeri sugli arrivi e sulle domande d’asilo del ultimi due anni (corretti, per fortuna) fa seguire una affermazione sul fatto che i richiedenti asilo in attesa di essere ascoltati dalla commissione territoriale “ciondolano” e che quando gli viene chiesto di lavorare rifiutano. Su quale base Martelli fa queste affermazioni? Probabilmente basandosi su notizie scritte da giornalisti che, come lui, un rifugiato in un centro non l’hanno mai visto e che non sentono il bisogno di approfondimenti perché convinti di essere comunque informati su una realtà, come i centri d’accoglienza, a cui probabilmente non si sono mai nemmeno avvicinati. In Italia ci sono decine di migliaia di richiedenti asilo e rifugiati che, secondo la legge vigente, dopo due mesi dalla domanda d’asilo possono accedere a un lavoro, a differenza di quel che afferma Martelli. Ma possiedono soltanto un titolo di soggiorno provvisorio di 6 mesi e quindi faticano a trovare un datore di lavoro disposto a assumerli con un documento di cosi breve durata. Allo stesso tempo l’idea che possano lavorare gratuitamente, magari in sostituzione di lavoratori salariati, per far risparmiare qualche ente pubblico, appare quanto meno discutibile. Spesso li troviamo a fare “volontariato forzato”, per non essere accusati di “ciondolare”. Preferirebbero senz’altro lavorare come tutti con un regolare contratto (“come tutti” è una petizione di principio in Italia, più che una realtà). Ma il loro status non glielo consente, a dispetto delle certezze dell’ex ministro socialista.
- Anche i richiedenti asilo e rifugiati presenti nei progetti Sprar frequentano corsi d’italiano, dappertutto. Dove questi non sono garantiti per mancanza di controlli e regole omogenee è nei centri prefettizi. Ma Martelli non sembra conoscere la differenza tra un tipo di centro e l’altro. Anzi sembra a tal punto ignorare la materia da non sapere che esistono sistemi diversi paralleli.
- In Germania, a differenza di quel che afferma il nostro, è vero che la macchina dello Stato è più ampia e ferrata, ma le organizzazioni del terzo settore svolgono anche lì un importante ruolo. Vada a leggere i documenti prodotti dalla Caritas in Germania a questo proposito.
- La paghetta di cui parla il Ministro è molto più bassa (pocket money quotidiano medio dello Sprar 2,5 euro) e forse viene confusa con altro, ma questo non è dato saperlo, vista l’approssimazione e la sicumera dell’ex leader socialista La spesa media pro capite pro die per ospite dei centri d’accoglienza Sprar e Cas è 35 euro. Tutto compreso: affitto casa, consumi e spese, operatori, corsi di lingua italiana, mediatori, avvocati e relative spese, spesa alimentare, vestiario, eventuali medicine fuori da quelle previste dal SSN, trasporti, etc.
- Le conclusioni poi sono esilaranti: donare e chiedere in cambio – il famoso equilibrio tra diritti e doveri che sottintende che “noi” diamo e “loro” invece non ricambiano, sono ingrati, a prescindere da quel che succede realmente in tutta Italia. Allo stesso tempo, non arrendersi al multiculturalismo ma assimilare. Educare “questi immigrati” scrive Martelli. Che arrivano da posti incivili e senza regole e con culture arretrate. Insomma una sfilza di luoghi comuni razzisti, declamati però dal pulpito, con sicumera e un approccio da grande saggio. “Ma mi faccia il piacere” onorevole, avrebbe detto Totò! Torni nell’ombra a fare il pensionato che di guai ne ha fatti abbastanza.
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