Pubblichiamo la lettera con cui il Cir, Consiglio italiano per i rifugiati, replica a un articolo pubblicato da Libero alcuni giorni fa: «Paghiamo con soldi pubblici il festival di film di rifugiati». In violazione della Carta di Roma sono molte le testate giornalistiche che diffondono informazioni e dati sommari e distorti – e in alcuni casi addirittura falsi – per denunciare i costi dell’accoglienza e dell’immigrazione in generale. Esaminando ogni giorno la rassegna stampa ci rendiamo conto di quanto spesso sia trattato il tema – purtroppo prevalentemente strumentalizzando la questione. Un giorno è il dentista e quello dopo sono le sigarette, il lunedì il cibo e il martedì l’alloggio: i giornalisti trovano quasi quotidianamente uno spunto diverso per trattare l’argomento ponendo l’accento sui “costi gravosi per l’Italia e gli italiani”.
L’articolo indicato sopra ne è un classico esempio: Libero fornisce informazioni false e infondate per sostenere la tesi del “ma quanto ci costano i rifugiati!”, questa volta tirando in ballo un concorso di cortometraggi.
La replica del Cir illustra, invece, una realtà molto distante da quella descritta sulle pagine del quotidiano.
Vorrei fare qualche breve considerazione a margine di un ampio articolo apparso su Libero giovedì scorso e dedicato al concorso per cortometraggi che il Cir ha promosso per il secondo anno e che scade il 30 ottobre 2015. Rispondo io perché sono stato io a volere questo concorso per trovare un modo di raccontare in due minuti (basso costo quindi) la storia di queste persone che scappano da drammi assoluti ed arrivano in Italia e in Europa per trovare rifugio. A mio giudizio proiettare quei brevi racconti di storie individuali è molto importante. Forse sarebbe stato utile che il giornalista di Libero prima di scrivere il suo articolo avesse provato a vedere i corti vincitori che sono sul sito del Cir (www.cir-onlus.org). Invece che cosa ha fatto Libero? Ha fatto un titolo ad effetto e denigratorio “Paghiamo con soldi pubblici il festival di film sui rifugiati”. Un’operazione di discredito molto scoperta, condita con falsità evidenti in un articolo che trasuda disprezzo verso tutto il mondo dei rifugiati e degli immigrati. Prima falsità: il concorso non è un festival ma si svolge via internet e conclude con la premiazione dei migliori in una cena di raccolta fondi. Seconda falsità: il concorso (quindi non festival) non è pagato con soldi pubblici, ma è stato sostenuto lo scorso anno dalla Siae e da Mediterranean Hope (FCEI) e quest’anno la Siae è stata sostituita dal Rotary E-Club Rom@.I premi per i primi tre classificati ammontano in totale a 1.800 euro. Terza falsità: il concorso non è certo l’evento più prestigioso messo in piedi dal CIR. Basta andare diligentemente sul sito e si scoprono le tantissime cose fatte dal CIR in questi 25 anni e, solo per citare una cifra, le oltre 100 mila persone assistite. Infine non si tratta di una falsità ma solo di un’inesattezza: sul sito non c’è solo il bilancio del 2013 ma vi sono anche i dati essenziali del 2014 dai quali si ricava che il CIR ha un disavanzo di gestione di 16 mila euro. Conclusione: sarei proprio curioso di sapere se questo tipo di articoli risponda o meno allo spirito e alla lettera della Carta di Roma che proprio i giornalisti hanno voluto per misurare la serietà e il rigore con il quale vengono trattati questi temi sensibili. Roberto Zaccaria, presidente Cir
Vorrei fare qualche breve considerazione a margine di un ampio articolo apparso su Libero giovedì scorso e dedicato al concorso per cortometraggi che il Cir ha promosso per il secondo anno e che scade il 30 ottobre 2015.
Rispondo io perché sono stato io a volere questo concorso per trovare un modo di raccontare in due minuti (basso costo quindi) la storia di queste persone che scappano da drammi assoluti ed arrivano in Italia e in Europa per trovare rifugio.
A mio giudizio proiettare quei brevi racconti di storie individuali è molto importante. Forse sarebbe stato utile che il giornalista di Libero prima di scrivere il suo articolo avesse provato a vedere i corti vincitori che sono sul sito del Cir (www.cir-onlus.org).
Invece che cosa ha fatto Libero? Ha fatto un titolo ad effetto e denigratorio “Paghiamo con soldi pubblici il festival di film sui rifugiati”.
Un’operazione di discredito molto scoperta, condita con falsità evidenti in un articolo che trasuda disprezzo verso tutto il mondo dei rifugiati e degli immigrati.
Prima falsità: il concorso non è un festival ma si svolge via internet e conclude con la premiazione dei migliori in una cena di raccolta fondi.
Seconda falsità: il concorso (quindi non festival) non è pagato con soldi pubblici, ma è stato sostenuto lo scorso anno dalla Siae e da Mediterranean Hope (FCEI) e quest’anno la Siae è stata sostituita dal Rotary E-Club Rom@.I premi per i primi tre classificati ammontano in totale a 1.800 euro.
Terza falsità: il concorso non è certo l’evento più prestigioso messo in piedi dal CIR. Basta andare diligentemente sul sito e si scoprono le tantissime cose fatte dal CIR in questi 25 anni e, solo per citare una cifra, le oltre 100 mila persone assistite.
Infine non si tratta di una falsità ma solo di un’inesattezza: sul sito non c’è solo il bilancio del 2013 ma vi sono anche i dati essenziali del 2014 dai quali si ricava che il CIR ha un disavanzo di gestione di 16 mila euro.
Conclusione: sarei proprio curioso di sapere se questo tipo di articoli risponda o meno allo spirito e alla lettera della Carta di Roma che proprio i giornalisti hanno voluto per misurare la serietà e il rigore con il quale vengono trattati questi temi sensibili.
Roberto Zaccaria, presidente Cir
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