Oltre 80 visite nei centri di accoglienza e di identificazione ed espulsione nel 2015 e 15 accessi negati. Il risultato di questa intensa attività di monitoraggio all’interno di Cie, Cas, Cara, Cpsa e strutture Sprar* è il rapporto “Accogliere: la vera emergenza” di LasciateCIEntrare, che denuncia le irregolarità relative alla gestione dei centri, le condizioni e i servizi inadeguati, le violazioni e i diritti negati.
“Ci siamo resi conto sul campo che tutto è ancora troppo ‘discrezionale’ e che chi dovrebbe vigilare non lo fa“. Queste le motivazioni alla base del report che ha l’obiettivo di portare all’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni le irregolarità e le violazioni che si verificano nel sistema d’accoglienza italiano – o di “malaccoglienza”, come è chiamata all’interno della dettagliata relazione – basato in parte sull’esistenza di strutture considerate “costose e inefficaci”.
La presentazione del rapporto in Fnsi.
A spiegare le ragioni dietro al rapporto è Gabriella Guido, tra i giornalisti che portano avanti dal 2011 la campagna LasciateCIEntrare. Nata per contrastare una circolare del ministero dell’Interno che vietava l’accesso agli organi di stampa nei Cie e nei Cara, dopo aver ottenuto l’abrogazione dell’atto, l’iniziativa è andata avanti con la promozione di azioni di testimonianza e pressione politica per la chiusura dei centri di identificazione ed espulsione e oggi, con uno scenario in continua evoluzione, si propone di vigilare sul sistema accoglienza nel suo complesso.
«È la politica la grande assente di quanto sta accadendo in Italia e in Europa. Dietro ogni struttura che nasce o muore vi è opacità assoluta, non vi sono garanzie di standard reali di accoglienza», denuncia Stefano Galieni.
Lo dimostrano i tanti casi portati in superficie dal rapporto. Gli oltre 80 minori non accompagnati che condividono tre toilette e quattro docce nell’hot spot di Lampedusa; i migranti che subiscono le minacce della camorra in Campania e quelli costretti al lavoro nero, allo spaccio o alla prostituzione; la carenza sistematica di strutture nel Nord-Est con cui si scontrano i transitanti, che troppo spesso non trovano giaciglio alternativo alla strada. Sono solo poche delle storie e criticità raccontate da LasciateCIEntrare.
Gli sviluppi degli ultimi mesi, inoltre, con la creazione dei cosiddetti hot spot – o centri di identificazione – e i sempre più frequenti provvedimenti di respingimento illegittimi, stanno trasformando la prima accoglienza in una direzione che sembra essere quella di una sempre maggiore limitazione delle libertà personali – denunciano giornalisti e attivisti della campagna, mentre più del 70% delle persone in arrivo finisce per trascorrere mesi nei centri di accoglienza straordinaria, che dovrebbero avere carattere temporaneo.
A testimoniare i malfunzionamenti del sistema anche un gruppo di 180 richiedenti asilo del Cara di Castelnuovo di Porto, che chiedono in una lettera di facilitare i ricongiungimenti familiari e di rispettare i tempi previsti per chi rientra nel programma di ricollocamento. Si considerano fortunati a essere in quella lista, ma per quelli di loro bloccati nel centro da cinque mesi – tre in più rispetto all’attesa massima che gli era stata prospettata – cresce l’impazienza di raggiungere la meta e la frustrazione per non poter far nulla mentre si aspetta.
«È necessario che le organizzazioni che rappresentano i giornalisti facciano pressione affinché sia garantito l’accesso della stampa ai centri. Noi giornalisti dobbiamo continuare a bombardare di richieste le autorità competenti», afferma Raffaella Maria Cosentino, giornalista freelance. «Nonostante la sentenza che abbiamo ottenuto anni fa dal Tar, il consenso ad accedere ai centri nella pratica è ancora dato in modo discrezionale», aggiunge.
Eppure il lavoro di denuncia svolto dalla stampa ha più volte dimostrato la sua importanza in questo campo. Un esempio è quello del Cas di Spineto, sulla Sila, un ex ristorante chiuso da anni che era stato adibito a struttura di accoglienza straordinaria. A venti chilometri dal primo centro abitato, aveva raddoppiato i suoi ospiti del tutto inosservato, passando da 40 a 80 persone, arrivando a tenere un gruppo di donne somale all’interno di uno scantinato senza finestre. L’inchiesta realizzata da Cosentino e pubblicata dall’Espresso aveva sollevato l’interesse della magistratura, che ha avviato un’indagine rilevando gravi illeciti e violazioni, fino a giungere alla chiusura del centro.
Un esempio, quello del Cas di Spineto, che ci ricorda quanto l’impegno dei giornalisti coinvolti nella campagna LasciateCIEntrare sia essenziale nell’esercitare una delle funzioni fondamentali della stampa: quella di cane da guardia della legalità.
Per scaricare il rapporto clicca qui.
Per un’analisi del rapporto che si sofferma sui costi della “malaccoglienza” consigliamo un approfondimento di Redattore Sociale, qui.
Interessante anche l’articolo di Nigrizia, “L’accoglienza che produce schiavitù”, qui.
*Gli acronimi stanno per: Centro di identificazione ed espulsione (Cie), Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara), Centro di accoglienza straordinaria (Cas), Centro di primo soccorso e accoglienza (Cpsa). Lo Sprar, invece, è il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Con centri Sprar si intendono, quindi, le strutture che ricadono sotto il Servizio centrale Sprar.
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