Di Annalisa Camilli su Internazionale
La Commissione europea ha detto che il meccanismo di solidarietà tra i paesi europei rimarrà attivo, nonostante Parigi abbia rifiutato di ricollocare 3.500 richiedenti asilo dall’Italia, dopo che Roma a sua volta ha negato un porto di sbarco alla nave umanitaria Ocean Viking, che aveva salvato 234 persone lungo la rotta del Mediterraneo centrale. La nave umanitaria alla fine ha attraccato a Tolone, in Francia, dopo tre settimane di stand-off in mare.
La Francia ha contemporaneamente annunciato che non parteciperà più al meccanismo di ricollocamento, approvato nel giugno 2022 per emendare il regolamento di Dublino, ovvero le norme comuni europee secondo cui a prendere in carico le domande di asilo devono essere i primi paesi di ingresso in Europa. Il piano prevedeva inizialmente il ricollocamento di diecimila persone, poi diventate ottomila, che avrebbero dovuto essere trasferite dai paesi di approdo, come Italia e Grecia, in altri tredici paesi europei che avevano volontariamente aderito al progetto.
Da giugno tuttavia solo 117 persone sono state trasferite: di queste 38 sono andate in Francia dall’Italia alla fine di agosto. Altre 74 hanno lasciato l’Italia l’11 ottobre dirette verso le città tedesche di Hannover e Berlino. La Francia ha detto che ne avrebbe accolte altre cinquecento entro la fine del 2022. Il 13 novembre il portavoce del governo francese Olivier Véran ha chiesto all’Europa di reagire contro l’Italia. “La nostra risposta è stata umanitaria e abbiamo permesso alla nave di attraccare a Tolone”, ha detto. “Ma la seconda risposta è ricordare all’Italia i suoi obblighi, e se si rifiuta di farlo, prendere in considerazione ogni misura utile”.
L’Italia contro le ong
Il 12 novembre è stata pubblicata una dichiarazione congiunta dei ministri dell’interno di Italia, Grecia, Malta e Cipro in cui si lamentano della lentezza del meccanismo di ricollocamento europeo e chiedono che non siano solo i paesi del sud dell’Europa ad accogliere gli sbarchi. “Non possiamo sottoscrivere l’idea che i paesi di primo ingresso siano gli unici punti di approdo europei per i migranti illegali”, è scritto nella comunicazione.
Nessuna accusa di collusione tra ong e trafficanti si è rivelata fondata finora
Nella lettera ci sono anche considerazioni poco fondate sulla condotta delle organizzazioni non governative che operano soccorsi, e che sono accusate di agire in maniera illegale e senza coordinarsi con le navi umanitarie. “Ribadiamo la nostra posizione sul fatto che il modus operandi di queste navi private non è in linea con lo spirito della cornice giuridica internazionale sulle operazioni di search and rescue, che dovrebbe essere rispettata”.
Questo è stato anche il punto su cui ha insistito il ministro degli esteri italiano Antonio Tajani, durante il Consiglio europeo dei ministri degli esteri il 14 novembre. Tajani ha chiesto “un codice di condotta” europeo che regoli l’operato delle navi umanitarie. Inoltre ha accusato le ong di agire in collusione con i trafficanti di esseri umani. “Un conto è il soccorso in mare, altra cosa è avere un appuntamento in mezzo al mare, una cosa completamente diversa”, ha detto Tajani, che ha incontrato a Bruxelles gli altri ministri degli esteri e la presidente del parlamento europeo Roberta Metsola.
“La verità vera è che dovrebbero essere le navi mercantili a fare il soccorso in mare; evidentemente ci sono delle ong che fanno un lavoro diverso per lasciare libere le navi mercantili dall’obbligo di soccorrere le persone in mare”, ha proseguito Tajani. Le accuse del ministro degli esteri ripetono quelle già mosse dai governi italiani alle ong tra il 2017 e il 2018. Nessuna accusa di collusione tra ong e trafficanti si è rivelata fondata fino a questo momento e l’Italia ha già approvato un codice di condotta per le ong (nel 2017) che tuttavia non può scavalcare il soccorso in mare prescritto dalle convenzioni internazionali di cui l’Italia è firmataria.
La risposta europea è stata molto ferma e non ha lasciato spazio alle richieste italiane: la Commissione europea ha dichiarato che il primo obbligo dei paesi è salvare vite in mare senza fare differenze tra navi delle ong e altri navi.
Tra l’altro l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), ha dichiarato che solo il 15 per cento dei migranti arrivati via mare in Italia è stato salvato dalle navi umanitarie. Tutti gli altri sono stati soccorsi dalla guardia costiera italiana e da altre navi di soccorso o sono arrivati autonomamente. Il 14 novembre, mentre non erano presenti navi umanitarie nel Mediterraneo centrale, sono arrivate in Italia mille persone. Uno studio sistematico di Matteo Villa dell’Ispi e di Eugenio Cusumano condotto sui dati del periodo 2014-2019 smentisce la teoria che lega la presenza delle navi delle ong in mare a un numero maggiore di partenze di migranti. E Villa puntualizza che anche “nei primi quattro mesi e mezzo del 2021 la media di migranti partiti ogni giorno dalle coste libiche è di 125 con le ong presenti nell’area Sar del paese nordafricano e 135 senza”. Questo dimostra che le navi umanitarie non rappresentano un fattore di attrazione per i migranti che sono determinati a partire.
La Commissione europea ha anche convocato un incontro di emergenza tra i ministri dell’interno europei per risolvere le controversie sull’immigrazione. Margaritis Schinas, vicepresidente della commissione, ha affermato che si sta pensando a un piano di emergenza per allentare le tensioni. “Non possiamo permettere che due stati membri si combattano in pubblico e creino un’altra crisi politica sulla migrazione”, ha detto in un’’intervista a Politico. Nel frattempo l’Italia pensa a una nuova stretta sulle ong che dovrebbe arrivare nei prossimi giorni con l’approvazione di nuovi decreti.
Immagine in evidenza di Vincenzo Circosta/Afp