«L’Isis sbarca a Lampedusa», titola in prima pagina Il Giornale. E rincara nel sommario con un virgolettato attribuito al ministro della Difesa francese Jean-Yves Le Drien: «Infiltrati del Califfato sui barconi».
Chiariamo subito: a differenza di quanto il titolo sembra affermare abbastanza chiaramente, il Daesh non è arrivato a Lampedusa e non è stata diffusa nessuna nuova informazione relativa a questa possibilità. Nessuna nuova notizia in merito.
Allora da dove salta fuori un titolo così? L’origine sta in alcune parole pronunciate ieri, 31 gennaio, dal ministro della Difesa francese Jean-Yves Le Drien nel corso del programma di approfondimento Le Gran Jury. Una lunga e complessa intervista i cui primi trenta minuti sono stati dedicati interamente allo stato dell’operazione francese Sentinelle e alla delicata situazione libica. Su questi trenta minuti – 27’48” per l’esattezza – sono novanta i secondi, quasi in chiusura della prima parte, nei quali è possibile riconoscere il seme dei titoli apparsi sulle testate italiane: «Sono lì, dislocati sui 300 chilometri di costa a partire da Sirte. E sono a 350 chilometri da Lampedusa. Con l’arrivo del bel tempo nel Mediterraneo c’è il rischio del passaggio di combattenti che potrebbero mescolarsi ai rifugiati. È un rischio importante in Libia, ma anche nel Sud, perché oggi Daesh ha la lealtà di tribù e gruppi. […] La sola soluzione è che tutti, che l’intera comunità internazionale faccia pressione sui partner che possono giocare un ruolo di persuasione affinché si formi un governo […]»*. Da qui i titoli allarmisti che già ieri erano sul web e che oggi sono arrivati nelle edicole.
Coperture diverse. Ai titoli fuorvianti e allarmisti si alternano parole più moderate e aderenti alla realtà, come quelle del Corriere della Sera.
Lo ripetiamo: nulla è cambiato rispetto a due giorni fa. Le informazioni in nostro possesso rispetto all’eventualità dell’arrivo di combattenti jihadisti a bordo dei barconi sono le stesse, così come lo è il rischio che ciò avvenga – a prescindere dall’opinione espressa da un qualsiasi ministro. Titoli come quelli del Giornale non trovano alcuna giustificazione o fondamento.
Ad ascoltare l’intervista del ministro francese dall’inizio alla fine sembra che, oltretutto, questi non volesse comunicare il messaggio allarmante che i titoli ci trasmettono: parla di rischio e mai di certezza, non si sofferma a lungo sulla questione, non sembra avere l’intenzione di voler lanciare un “avvertimento” o un allarme. Il significato di quanto detto da Le Drien appare, dunque, molto ridimensionato quando inserito nel contesto dell’intera intervista e ciò rende ancora più evidente la strumentalizzazione che ne è stata fatta.
Se, infatti, nulla è cambiato rispetto al rischio di “infiltrazioni nei barconi”, nulla è cambiato neppure rispetto all’atteggiamento di quelle testate e, soprattutto, di quei politici che fanno leva sull’opinione pubblica per promuovere politiche di chiusura strumentalizzando parole come quelle di Le Drien.
Tutto questo ha un nome: disinformazione.
Ed è pericolosa: una tale irresponsabile diffusione di informazioni fuorvianti da parte della stampa non fa altro che alimentare una xenofobia già diffusa e irrazionale, dimentica inoltre del fatto che molti di coloro che cercano protezione in Europa fuggono da quella stessa violenza, da quello stesso Daesh che temiamo portino con loro.
Lampedusa è e continuerà a essere la Porta d’Europa. Non a caso, è il nome dato al monumento inaugurato sull’isola nel 2008 (nella foto sopra). Almeno il suo significato non è equivocabile: ricordare coloro che nel disperato tentativo di trovare la sicurezza o una vita migliore in Europa attraversando il Mediterraneo hanno incontrato, invece, la morte.
*Per chi volesse ascoltarlo, il podcast dell’intervista a Jean-Yves Le Drien è disponibile qui.
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