di Joy Joy Obasuyi*
Giuliano Battiston, curatore della rivista online “Emersioni”, ha incontrato chi si occupa di questo fenomeno sul territorio come Gianfranco della Valle, referente del Numero Verde antitratta, che sottolinea come il fenomeno della tratta riguardi ormai diversi ambiti: accattonaggio, sfruttamento lavorativo, matrimoni forzati e prostituzione. In quest’ultimo ambito operano le unità di strada Avenida della città di Milano che, come racconta Nadia Folli, si occupano di offrire uno spazio di incontro, ascolto e tutela della salute per le vittime della prostitutzione outdoor.
Infatti, va sottolineato che, negli ultimi anni, è iniziato un fenomeno, ulteriormente accelerato dalla pandemia: lo spostamento della prostituzione dalla strada alle case, con una crescente difficoltà per gli operatori a conoscere le realtà e a intervenire di conseguenza.
“Per le donne indoor il luogo abitativo coincide con quello delle prestazioni sessuali, spesso passano giornate intere in completa solitudine e con i clienti come unico contatto con il mondo esterno”, racconta Isabella Escalante, della Fondazione Somaschi, e aggiunge: “Chi opera sul territorio entra in contatto con le vittime attraverso vie di comunicazione telefoniche, annunci, siti internet e fondamentale risulta la presenza di un mediatore culturale. Può capitare che le vittime preferiscano comunicare con noi attraverso WeChat o WhatsApp, mezzi utilizzati per rimanere in contatto con i familiari lontani. Le donne indoor africane e arabe spesso utilizzano il passaparola o le chat di WhatsApp con i propri connazionali e questo rende quasi impossibile per le associazioni sul territorio entrare in contatto con queste vittime”.
Il mondo dell’indoor è più costoso dell’outdoor e ha una clientela composta prevalentemente da professionisti. Le donne cis provengono da diversi paesi tra cui Nigeria, Romania, Brasile, Colombia e Venezuela. Le vittime trans indoor, invece, spesso provengono da Brasile e Perù. L’età delle vittime indoor varia tra i 20 e i 55 anni, una forbice ampia che dipende dalle donne cinesi che difficilmente hanno un’età inferiore ai 30 anni.
Un fenomeno presente che però fatica a entrare nei media mainstream, “poche notizie in un anno, circa l’1% sul complesisivo delle notizie sulla migrazione”, afferma Paola Barretta, Portavoce della Carta di Roma e ricercatrice dell’Osservatorio di Pavia. Notizie che entrano nell’agenda dei telegiornali e della carta stampata in occasione di fatti di cronaca (legati alla sicurezza o alla criminalità o allo sfruttamento lavorativo nei campi) ma che resta complessivamente ai margini dell’informazione in riferimento allo sfruttamento lavorativo nel settore turistico o quello minorile.
Ascoltando chi opera in questo contesto non si può che esprimere a gran voce la necessità di un cambiamento per individuare e rimuovere quegli ostacoli che non permettono a queste persone di non essere più invisibili.
Tra gli strumenti a disposizione i Toolkit sono 5 “cassette” degli attrezzi di autoformazione per offrire spunti e intervenire negli ambiti di scuola, sanità, media, con strumenti legali e con riflessioni per la decolonizzazione dell’arte e della cultura https://stop-afrofobia.org/toolkit/
*Joy Obasuyi, afrodiscendente, è studentessa presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Pavia; in futuro vorrebbe dare il suo contributo “dando voce a storie di persone invisibili e come medico prendermi cura di loro”. Attualmente fa parte del gruppo A.F.A.R. (Afrodescendants Against Racism), nato all’interno del progetto CHAMPS https://stop-afrofobia.org/
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