Inventava notizie per ottenere più click. La strategia dell’odio che piace anche alle testate
Inventava notizie con protagonisti negativi migranti e rifugiati per ottenere più click. A essere accusato di istigazione all’odio razziale sul web è un ventenne autore del blog senzacensura.eu, ora oscurato dalle autorità competenti. A denunciare alla Polizia postale il sito che spacciava storie di fantasia per fatti realmente accaduti un giornalista.
Proteste, aggressioni e crimini di vario genere. Argomenti che incuriosivano facilmente il lettore, specie perché in ogni post ricorrevano gli stessi tre elementi: i personaggi negativi erano immigrati o rifugiati, le vittime erano italiane, nulla era mai avvenuto davvero. Una strategia che consentiva all’ideatore del blog – uno studente universitario senza precedenti penali – di mantenere alto il livello di visite del sito. «Quando lo abbiamo interrogato – ha dichiarato al Giornale di Sicilia, che riporta la notizia (qui), il dirigente della Polizia postale di Catania, Marcello La Bella – ci ha detto che non aveva alcuna
Non solo blog
Questo episodio è emblematico: uno studente decide che la strategia di marketing migliore per il suo blog è quella di offrire notizie sugli “immigrati cattivi”, non importa se son false, non importa se il blog non è affatto credibile. E il mercato sembra, in parte, dargli ragione.
I media, forse, dovrebbero interrogarsi sulle proprie responsabilità in proposito. Quanto abbiamo contribuito alla creazione di un ambiente in cui una tale strategia viene sfruttata perché considerata vincente, anche da chi non è interessato a promuovere una certa campagna politica?
Dare ripetutamente spazio senza alcuno spirito critico a politici che istigano all’odio – e ai contenuti che incitano all’odio da loro diffusi – può aver contribuito? Mandare in onda servizi falsi, pagando per far pronunciare davanti a un microfono le parole che si vogliono ascoltare, può aver contribuito? Quando una testata manipola un titolo o una notizia per renderla più “appetibile” – cosa che avviene in continuazione – generando sul web innumerevoli commenti che incitano all’odio, sta facendo qualcosa di tanto diverso da quello studente? No. Ed è ancora più grave: perché una testata giornalistica ha il dovere di informare, il dovere di raccontare la realtà in modo onesto. Ha il dovere – conseguenza dei precedenti – di contrastare l’hate speech: esso si basa su fatti e dati distorti o falsi, su menzogne storiche e scientifiche, contrastarlo significa cercare di perseguire uno degli obiettivi fondamentali del lavoro giornalistico, quello di aiutare il pubblico a comprendere ciò che accade, a percepire la realtà senza distorsioni.
Attraverso un’informazione corretta e accurata, attraverso una terminologia appropriata, attraverso procedure di moderazione dei commenti: è necessario seguire l’esempio di quelle testate che hanno già deciso di dire #nohatespeech.