L’installazione dell’artista colombiana ricorda che ogni migrante disperso in mare è una storia con un nome e cognome. Per non dimenticare chi ha tentato di salvarsi la vita
E’ un spiaggia simbolica, come quelle conosciute alle cronache per aver restituito i corpi senza vita dei migranti che hanno attraversato il mare. Il suolo però è di pietra anche se sembra far parte di un arenile su cui, grazie alle nanotecnologie e un sistema idraulico particolare, appaiono delle microsfere di acqua che compongono nomi e cognomi di uomini e donne che sono partite dall’Africa o dal Medio Oriente, scomparsi durante il viaggio in mare. Si chiama Palimpsesto ed è l’installazione che si può vedere fino al primo aprile al Palacio de Cristal a Madrid.
L’opera è stata realizzata dall’artista colombiana Doris Salcedo su incarico del Museo Reina Sofia e del suo direttore Manuel Borja-Villel. Si tratta di un imponente memoriale frutto del lavoro di ricerca e di realizzazione che ha visto sul campo anche documentaristi, ingegneri e chimici con l’intento di restituire dignità alle persone che non hanno più fatto ritorno dal viaggio intrapreso per salvarsi al vita. Infatti l’artista stessa si è definita “una scultrice al servizio delle vittime” e ha parlato della sua opera come una “poetica del lutto”.
Un memoriale per le vite spezzate e per le storie incompiute
L’ artista ha spiegato che il lavoro, durato cinque anni, è iniziato da un gruppo di madri che hanno perso i figli e, a seguito del racconto diretto di questa esperienza, ha deciso di riportare il dolore e le lacrime del racconto. «In quel momento ho deciso che dovevo fare in modo che la Terra gridasse quei nomi» dichiara Salcedo.
L’opera di Salcedo è stata oggetto di un’importante retrospettiva presso il Museum of Contemporary Art di Chicago nel 2015, dopo aver esposto, negli ultimi 20 anni nei più importanti musei del mondo, dal New Museum of Contemporary Art di New York nel 1998 al MAXXI di Roma nel 2012.
Come riportato da Ansamed« con le sue opere, Doris Salcedo tenta di ricostruire la storia incompiuta e frammentaria degli esseri umani che abitano la “periferia” della vita. Dietro questo intervento c’è un grande lavoro di ricerca sui “desaparecidos”» ha spiegato ai media il direttore del Reina Sofia, Borja-Villel. La componente sociale e politica anche legata alla Colombia è sempre stata al centro dell’attività della famosa artista che affronta attraverso la sua ricerca le situazioni di conflitto e di violenza, mettendo in risalto il tema della memoria e dell’oblio.
La foto in evidenza è tratta dal sito www.museoreinasofia.es ed è di Juan Fernando Casto