Troppo semplice – e anche sbagliato – il binomio malattie infettive – immigrati. Altrettanto il luogo comune che patologie come Hiv, tubercolosi, epatite o il semplice morbillo siano ormai reminiscenze di un’ altra epoca. Colpa del calo drastico delle vaccinazioni – solo per morbillo, parodontite e rosolia ci sono 358mila bimbi non vaccinati nell’ultimo quinquennio – ma anche della mobilità della popolazione nella globalizzazione. Per questo serve mantenere una rete di presidio sul territorio di esperti in patologie trasmissibili, perché non si può mai abbassare la guardia. Ancor più con il rischio bioterrorismo, che torna a far capolino ogni volta che accadono attentati come quelli di Parigi.
Alessia Guerrieri per l’Avvenire riprende le informazioni e i dati contenuti nell’analisi di 150 pagine elaborata dalla Società italiana malattie infettive e tropicali, la quale ricorda che le patologie di questo tipo non giungono a bordo dei gommoni carichi di rifugiati e migranti: «Meno dell’ 1-2% delle 200mila persone sbarcate quest’anno in Italia e Grecia infatti ha una patologia infettiva Questo catastrofismo è dunque infondato», ha dichiarato, come riporta il quotidiano, Tullio Prestileo, infettivologo dell’ospedale di Palermo.
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A pagina 31 delle nuove Linee guida per l’applicazione della Carta di Roma un approfondimento sugli allarmismi sanitari legati all’immigrazione a cura di Medici Senza Frontiere. Per leggerlo clicca qui.
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