«Ci sono voluti mesi di allarmi lanciati e le malattie contratte dai poliziotti (tubercolosi e meningite), per indurre il ministero dell’Interno, dopo le inchieste de Il Tempo che documentavano i rischi per gli agenti e non solo per loro, e il costante pungono dei sindacati di polizia, ad agire allo scopo di ridurre il rischio di contagio[…]». Apre così, con orgoglio, l’articolo «Profughi e agenti malati. La politica si sveglia», pubblicato il 25 luglio dal quotidiano Il Tempo.
Ripercorriamoli insieme, allora, questi mesi di allarmi (infondati) di cui la testata va tanto fiera.
10 giugno. Il Tempo dà inizio con toni moderati alla sua campagna di allarme sulla tbc. Il titolo che ci interessa è «Mare Nostrum, sospetta tbc per dieci marinai». Nel breve pezzo la testata si limita a riportare le dichiarazioni della Marina: «Sono una decina i militari impegnati nelle operazioni Mare Nostrum risultati positivi al test di Mantoux […] Nessuno di questi casi è in fase attiva o contagiosa, sono risultati positivi a questo screening precauzionale e continuano a lavorare. Quindi nessun campanello d’allarme».
20 giugno. È scoppiato da meno di un giorno il caso dei due giovani richiedenti asilo morti a Roma (del quale ci siamo occupati qui). Anche questa volta Il Tempo ha un registro controllato; in «L’allarme della Croce Rossa, morti sospette tra i rifugiati» scrive di due uomini «entrambi morti ieri, uno al mattino l’altro nel pomeriggio, causa un fatale arresto cardiocircolatorio che solo l’autopsia disposta sui cadaveri potrà spiegare» e accenna appena alle voci sulla tbc come possibile ragione del decesso di uno dei due.
26 giugno. «Mare Nostrum, allarme tbc. Contagiati dieci poliziotti», come annuncia il titolo il tono è cambiato. Nessun dubbio: nel pezzo si legge che dieci poliziotti sono positivi alla tbc, uno dei quali ha contratto l’infezione. Fa la sua apparizione la sigla del Consap (Confederazione sindacale autonoma polizia, spesso abbreviata in Sap) che interviene commentando il caso dei poliziotti positivi al test della tbc e rivendicando maggiore sicurezza per gli agenti coinvolti nell’operazione Mare Nostrum.
27 giugno. I dieci poliziotti contagiati si sono trasformati in «poliziotti contagiosi a metà». Il ministero della Salute, infatti, ha prontamente messo fine all’allarme sul contagio tbc con una smentita che Il Tempo riporta: «“Nessuno dei poliziotti in questione – si puntualizza in una nota – risulta contagiato o affetto, allo stato attuale, da Tbc. I 10 casi segnalati presentano in realtà una positività al test della tubercolina. Questa positività – precisa la nota del ministero – in 9 casi può farsi risalire ad epoca precedente l’espletamento del servizio, verosimilmente anche in età infantile. Solo per un caso – si spiega – la cutipositività, rilevata successivamente, ha richiesto accertamenti clinici di secondo livello che hanno escluso la presenza di una malattia in atto”. In ogni caso, è la conclusione “è assolutamente escluso per tutti e dieci i dipendenti il rischio di contagiare terzi”». Tuttavia ammettere in maniera evidente di aver aver diffuso un falso allarme il giorno precedente deve essere sembrato inopportuno a chi di turno in redazione; il risultato è stato questo titolo: «Mare Nostrum e tbc, i 10 poliziotti contagiosi a metà» (su questo Carta di Roma era intervenuta qui).
1 luglio. A pochi giorni dalla smentita sulla tbc arriva l’occasione per cambiare virus. Il Tempo titola «Dopo la tbc, il vaiolo. Allarme Italia», mentre nel sommario troviamo: «La Marina soccorre un barcone con 396 migranti a bordo. Uno era malato. Il ministero della Salute minimizza: potrebbe anche essere solo varicella». In uno dei primi paragrafi si legge che l’uomo era gravemente ammalato per «una patologia infettiva che sarebbe tra quelle “di interesse” per il regolamento sanitario internazionale dell’Oms, un elenco che comprende vaiolo, febbre gialla, peste e malaria», ma aggiunge, solo in un secondo momento, che «per il momento non ci sono elementi per sapere che tipo di infezione si tratta. Potrebbe anche trattarsi di semplice varicella». Sulla questione viene chiamato a esprimersi – di nuovo – il Sap, scagliato nella sua battaglia sindacale.
Il vaiolo era l’opportunità perfetta per tornare a spingere sul tasto allarmismo, così lo stesso giorno ecco un secondo articolo: «Scabbia, lebbra, perfino ebola. Se il contagio mortale viene dal mare». Sarebbero doverose diverse precisazioni sulla presenza in Europa di alcune delle numerose malattie elencate e sulla loro curabilità, ma ci limiteremo a riflettere sulla seconda parte del pezzo, in cui l’autore torna sul rischio ebola. Riferendosi a un comunicato nel quale l’Organizzazione mondiale della sanità esprime preoccupazione per «la trasmissione tra paesi confinanti e per la potenziale ulteriore diffusione internazionale» del virus ebola. «Queste due paroline terribili “diffusione internazionale” – scrive il giornalista – dovrebbero far tremare le vene dei polsi, invece è stata scelta la strategia del silenzio […] vi è chi sostiene che certi allarmismi sarebbero esagerati in quanto la possibilità che l’epidemia attecchisca anche in Europa non andrebbe nemmeno presa in considerazione. Sarà pure così, ma in base a quali dati di fatto si esclude una tale terribile evenienza? Per quale motivo le altre malattie sono arrivate da noi mentre l’Ebola dovrebbe fermarsi alla frontiera?». Il giornalista conclude poi chiedendo rassicurazioni. Rassicurazioni che sono arrivate più e più volte dal ministero della Salute (del caso ebola Carta di Roma si è occupata qui), il quale ha spiegato perché il rischio in Italia attualmente è nullo, ma che continuano a essere volutamente ignorate.
2 luglio. Il ministero della Salute non aveva affatto minimizzato: era solo varicella. Il Tempo su questo argomento tace. È stata, d’altra parte, solo una delle tante testate ad aver gridato l’allarme senza avere alcun elemento fondato sul quale basarsi. In rassegna troviamo diverse reazioni.
«Immigrati, il fantasma del virus», scrive la stampa ponendo alcuni interrogativi: «Qual è la fonte – che dobbiamo immaginare a contatto con i migranti – della notizia che la malattia infettiva di uno di essi poteva essere vaiolo? E la distinzione con la varicella? Si può pensare che – come riferiscono alcuni giornali – si tratti di medici, ignari che il vaiolo non rappresenta, fortunatamente, una minaccia da decenni? E perché le autorità sanitarie, prima di chiarire, e mentre assumevano i provvedimenti a tutela della salute pubblica, hanno lasciato circolare gli allarmi del Sap, le prese di posizione leghiste, le proteste xenofobe?».
Sul fenomeno dei facili allarmismi sanitari riflette anche l’Unità in «Migranti, bufala virale» e in «Se per i media «migrante» fa rima con malattia», nel quale l’autore invita le testate che hanno lanciato l’allarme del vaiolo a «farsi perdonare» impegnandosi a riportare almeno fedelmente «il comunicato con cui la Marina Militare, con la pignoleria che è propria dei militari, ha spiegato come e quanto siano attente, puntuali e rigorose le procedure adottate, sulle navi e poi a terra, per identificare, isolare e trattare i casi di allarme sanitario tra i migranti tratti in salvo».
3 luglio. In effetti Il Tempo, pur continuando a tacere sulla questione vaiolo, dà voce alle forze militari. In «La Marina solo 27 casi di tbc su 43.000 arrivi» sono riportate le dichiarazioni del capo dell’Ispettorato alla Sanità della Marina. «”Fino ad ora nessuna malattia è stata trasmessa dai migranti soccorsi al personale militare – ha ripetuto l’ammiraglio Mario Tarabbo, capo del corpo sanitario della Marina – la possibilità che i migranti abbiano malattie esiste, ma le nostre misure di prevenzione, a partire da tute e mascherine, sono perfettamente adeguate”». L’articolo prosegue così. Tutto regolare quindi; anzi, troppo regolare, tanto che nel finale Il Tempo non può resistere e torna nelle ultimissime righe a far aleggiare lo spettro della tbc ricordando ai lettori che il Campidoglio ha confermato che uno dei richiedenti asilo morti a Roma il 19 giugno era risultato positivo alla tbc, «anche se non virale, quindi non contagiosa». Non virale e non contagiosa: per l’ennesima volta i test hanno solo dimostrato che il soggetto era entrato in contatto con il virus, ma non aveva la malattia. Non è stata quella la causa della morte. Allora perché scegliere questa chiusura per l’articolo?
A supporto dell’allarme tbc anche la didascalia di una foto: «nei giorni scorsi cinque agenti sono risultati positivi alla tbc». Le immagini sono a corredo di un pezzo che ha per protagonisti, neanche a dirlo, alcuni agenti di polizia in servizio a Pozzallo («Noi, con l’odore di morte addosso»).
13 luglio. «Poliziotti a rischio malattie infettive». La fonte della notizia è il Sap, che denuncia al quotidiano il presunto caso di un gruppo di poliziotti richiamati per accertamenti sanitari dopo essere entrati in contatto con un richiedente asilo affetto da meningite.
A oltre dieci giorni di distanza dalla smentita del ministero della Salute sul finto caso di vaiolo, quando ormai i lettori hanno dimenticato il titolo «Allarme Italia», Il Tempo si ricorda di annunciare che si trattava di semplice varicella e lo fa in un breve pezzo d’appoggio («Ebola, Tbc e varicella. L’incubo dei soccorritori») e aggiunge che «per un operatore della sicurezza, poliziotto, infermiere o marinaio, anche beccarsi una semplice varicella non è una bella prospettiva». Peccato, però, che le probabilità di “beccarsi” la varicella siano molto più alte quando si accompagna il proprio figlio all’asilo, piuttosto che in servizio.
15 luglio. Il Sap offre una nuova storia al Tempo: «Allarme immigrati. Un altro agente contagiato». Sarebbe stato corretto scrivere il primo agente contagiato e non un altro agente, poiché più volte le istituzioni avevano ribadito l’assenza di contagio, ma questo è un dettaglio. Il quotidiano riportava un nuovo presunto caso: «non si tratta più di positività al test della tbc. Lo specialista infettologo, infatti, ha spiegato al poliziotto che pur non avendo ancora contratto a tutti gli effetti la malattia, il suo organismo è stato “aggredito” dai batteri […] L’agente contagiato, un operatore del Gabinetto della Polizia scientifica di Ferrara che svolge regolarmente attività di foto segnalamento, è stato a contatto, pochi giorni fa, con un gruppo di immigrati arrivati in città». Niente malattia, dunque, ma il contagio sì.
Invece no: arriva anche in questo caso il comunicato che in modo puntuale smentisce le informazioni riportare da Il Tempo. Sono il Comune di Ferrara e l’Ausl, insieme, a rilasciare la dichiarazione. Pochi giorni dopo lo stesso capo dell’Ispettorato alla Sanità della Marina, Mario Tarabbo, torna a rassicurare i lettori del Mattino sulla questione tbc in un’intervista («Nessun pericolo sanitario, lo screening avviene a bordo»).
25 luglio. Ci siamo. Eravamo partiti da qui, da «Profughi e agenti malati. La politica si sveglia». Le rivendicazioni del Sap hanno ottenuto una risposta soddisfacente da parte del Viminale e Il Tempo celebra il successo della (legittima) iniziativa sindacale lodando gli allarmi sanitari lanciati dalle proprie pagine negli ultimi mesi (rivelatesi tutti palesemente falsi) e ricordando le presunte malattie contratte dai poliziotti (quando non smentite ufficialmente, comunque non accertate).
Il Tempo non è l’unica testata ad aver assunto questo tipo di atteggiamento, ma questa insistenza nell’attribuire veridicità, seppure in modo non esplicito, a notizie già ufficialmente e pubblicamente smentite appare davvero poco rispettosa della deontologia professionale giornalistica.
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