Storie che umanizzano, che denunciano le violazioni dei diritti umani, che raccontano le frontiere. Questi lavori vincitori del MYArt Film Festival, conclusosi a fine aprile a Cosenza. Migrazioni e diritti, infatti, sono stati i temi dominanti di questa edizione.
Tutte le opere premiate durante la kermesse hanno elaborato «una narrazione alternativa, che mette in risonanza con le storie delle singole vite umane» afferma il direttore dell’ufficio Migrantes di Cosenza, Pino Fabiano.
La luce deve essere perennemente accesa sugli argomenti trattati dai vincitori: lo ha evidenziato Daniela Di Capua, direttrice dello Sprar, che ha destinato un premio al miglior documentario in concorso. Ad aggiudicarselo “The black sheep”, di Antonio Martino: “Per avere saputo raccontare la presa di coscienza di un giovane uomo che non accetta passivamente il credo religioso a senso unico, in una società, quella della Libia di oggi, lacerata da una guerra civile e geopolitica”, ha commentato la giuria.
Il miglior cortometraggio, “The Dead Sea” di Stuart Gatt, è stato scelto invece perché rappresenta, secondo i giurati “una storia poco raccontata: la detenzione forzata nelle carceri libiche”. “Una regia che mostra la violenza con eleganza, grazie anche ad attori straordinari – aggiungono – Una storia che restituisce il dramma di una brutale realtà, quella dei migranti del Mediterraneo costretti a essere testimoni di un’umanità perduta”.
“Un invito a restare umani” è stato definito “Loza”, di Jean-Sébastien Desbordes, che ha vinto la sezione short docgrazie alla capacità mettere in luce il dramma delle frontiere e restituire “attraverso l’abbraccio ritrovato di una madre con la propria figlia, la bellezza di un’umanità senza confini”.
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