“The Immigrants” è il titolo la mostra inaugurata ieri e aperta fino al 27 gennaio alla Howard Greenberg Gallery di New York.
Qui, attraverso il lavoro di oltre 40 fotografi, è possibile osservare una settantina di scatti realizzati a partire dal 1860 fino al 2015, che mettono al centro le persone in movimento e le questioni del lavoro, dell’istruzione e della povertà, oltre alla discriminazione, all’assimilazione di chi deve subire un cambiamento per inserirsi in un nuovo contesto di vita, fino al senso di appartenenza.
Sono i temi legati al fenomeno migratorio ma con protagonisti diversi. In un momento storico, infatti, in cui i media europei parlano, tra l’altro, di migranti libici, rifugiati siriani e rimpatri di cittadini afghani e in America rimane centrale il dibattito sui “muri” e i confini nazionali, la mostra espone i ritratti di migranti italiani, tedeschi, irlandesi, ebrei e rifugiati di guerra europei.
Come si evince dal sito della galleria, tracciando il viaggio dei migranti, le fotografie guidano il visitatore attraverso sezioni sulle questioni globali, i confini, il lavoro e la storia degli Stati Uniti. Oltre a immagini iconiche legate a nomi importanti come Ansel Adams, Margaret Bourke-White, Manuel Alvarez Bravo, Edward Burtynsky, Robert Capa e Imogen Cunningham, la galleria espone, per esempio, due opere storiche di Augustus Frederick Sherman. Quest’ultimo ha documentato l’arrivo dei migranti mentre lavorava come impiegato alla stazione dell’ immigrazione di Ellis Island dal 1892 al 1925. La nave di Displaced Person di Ernst Haas del 1951 documenta che per un periodo limitato, è stata concessa la residenza permanente negli Stati Uniti per 200.000 europei sfollati durante la seconda guerra mondiale.
Tra le immagini più significative della mostra ci sono i ritratti dei migranti che hanno raccontato le loro storie ai fotografi. Per esempio vicino al ritratto di Bill Owens del 1976 di un lavoratore in una fabbrica una nota riporta la sua testimonianza: “Sono un rifugiato dalla Cina. Cucio tasche sui pantaloni. Ogni giorno lavoro, e vivere qui è facile. In Cina è difficile trovare un lavoro. Qualcuno deve raccomandarti. Non parlo inglese e sono troppo vecchio per imparare così non avrò mai un lavoro migliore”.
Una stampa del 2005 di Dulce Pinzón mostra un giovane vestito con un costume da Superman in sella a una bicicletta. Il protagonista è Noe Reyes di Puebla, uno stato del Messico, che ha lavorato come fattorino a Brooklyn per mandare ogni settimana 500 dollari alla sua famiglia Sono tutti scatti in bianco e nero che sembrano rappresentare uno stile d’epoca ma che ritraggono con evidenza l’attualità del fenomeno migratorio.
Parte dei proventi della mostra andranno a sostegno delle attività dell’ International rescue committee impegnato a favore delle famiglie rifugiate e delle persone in fuga dai conflitti.
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