Sono in migliaia, ma restano invisibili. I minori stranieri non accompagnati che vivono in Italia sono, in base ai numeri forniti dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali aggiornati al 31 ottobre 2016, 15.883. Questo, almeno, il numero di giovanissimi stranieri soli censiti.
Le istituzioni li indicano con l’acronimo “msna”: sono i minori stranieri non accompagnati, bambini e ragazzi che si trovano in Italia privi di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per loro legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano. La maggior parte ha 17 anni, oltre il 10% ha 15 anni e quasi l’8% ha tra i 7 e 14 anni. I primi tre paesi di provenienza sono Egitto, Gambia e Albania.
I dati relativi all’età dei minori stranieri. Fonte: report mensile minori stranieri non accompagnati, ministero del Lavoro e delle politiche sociali, 31 ottobre 2016
Tra i più giovani minori stranieri non accompagnati vi sono ragazzi di origine egiziana ed eritrea. Giungono in Italia senza un adulto al loro fianco, intraprendendo il lungo e pericoloso percorso che li conduce in Libia e infine attraversando il Mediterraneo, talvolta anche a soli undici o dodici anni.
Dietro all’arrivo di tanti giovanissimi egiziani soli vi è, secondo la Caritas di Roma, la volontà delle famiglie di offrire ai figli prospettive di lavoro e di vita migliori: “Molte volte non si tratta di una scelta dei minori egiziani, ma piuttosto dei genitori che si indebitano per far arrivare i loro figli in Italia”. “Provengono da famiglie molto povere e generalmente vengono mandati in Italia proprio dai famigliari per guadagnare soldi da inviare a casa”, spiega Save the Children.
I dati relativi alla cittadinanza di provenienza dei minori. Fonte: report mensile minori stranieri non accompagnati, ministero del Lavoro e delle politiche sociali, 31 ottobre 2016
Diversa la situazione dei giovani eritrei, i quali, col supporto delle famiglie, spesso fuggono per sottrarsi al servizio militare obbligatorio per tutti – uomini e donne – dai 17 anni in su. Una condizione che si traduce in lavoro forzato a tempo indeterminato dal quale i ragazzi scappano prima di raggiungere l’età stabilità dal Governo.
Secondo il report di monitoraggio del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali al 31 agosto sono 6.110 i minori non accompagnati che risultano irreperibili. Molti di loro si allontano in modo autonomo poco dopo l’arrivo in Italia: tanti, infatti, sperano di raggiungere parenti, amici o la propria comunità di riferimento nei paesi del nord Europa, come la Svezia, la Germania o il Regno Unito.
Non è raro il caso di minori entrati nel circuito dell’accoglienza che solo in un secondo momento scompaiono: i lunghi tempi necessari talvolta per la nomina tutore legale, così come per l’esito delle domande di ricongiungimento tendono a scoraggiare i ragazzi.
Stando alla normativa vigente la possibilità di restare in Italia con un regolare permesso di soggiorno dopo aver compiuto 18 anni ha una casistica molto ampia, ad esempio è necessario avere una casa o aver seguito un percorso d’integrazione sociale. In ogni caso con la maggiore età si verifica la perdita del diritto a permanere all’interno dei circuiti di assistenza e tutela dei minori.
Nella pratica questo significa che il giorno stesso del compimento dei 18 anni di età il giovane viene trasferito in un centro per richiedenti asilo adulti, passaggio che, a volte, mina il poco di stabilità raggiunta ed è vissuto da molti modo traumatico.
Lo scorso 26 ottobre il Parlamento ha approvato la proposta di legge 1658 per disciplinare la materia di protezione dei minori non accompagnati. Viene sancito il fatto che tutti i minori non accompagnati possano accedere al sistema Sparar definendo un sistema unico di accoglienza. Sono promossi gli istituti della tutela e dell’affidamento familiare, le procedure relative all’età e si riconosce il divieto di respingimento fatto salvo “un interesse superiore del minore”.
Con l’approvazione del ddl Zampa Save the Children ribadisce il rafforzamento della tutela di una categoria vulnerabile e “facilmente preda di sfruttamento e violenza”.
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