Immigrazione e media. Coordinamento nazionale Comunità di accoglienza del veneto: «Facciamo un richiamo al senso di responsabilità di tutti»
Sono numerosi in questi giorni gli articoli che parlano di accoglienza in Veneto, riportando a volte dati imprecisi o errati, ripetendo in continuazione il termine “emergenza” e citando le osservazioni spesso allarmiste e infondate dei politici.
Rilanciamo l’appello del Coordinamento nazionale Comunità di accoglienza del veneto (pubblicato oggi qui) per una corretta informazione sull’immigrazione e le migrazioni forzate.
Il nostro Paese ha molti problemi e non necessita di averne di nuovi, ma soprattutto non ha bisogno di divisioni e conflitti. Ciò che stiamo vedendo in questi giorni ci preoccupa molto, perché dipinge un’Italia attraversata da moti di odio verso il diverso, oggi rappresentato dagli immigrati, anche se in fuga da guerre e devastazioni, o dai rom che vivono ai margini delle nostre comunità. Alimentare il conflitto sociale tra le fasce più deboli della popolazione e soffiare sulla lotta nell’accesso al welfare di sopravvivenza può convenire sotto il profilo del consenso elettorale, ma non aiuterà il nostro Paese a crescere e migliorare. La gestione degli arrivi dei profughi alla ricerca di protezione ci trova sempre impreparati e molti dei problemi che dobbiamo affrontare sono riconducibili alle nostre carenze organizzative piuttosto che al fenomeno in sé. Usiamo i numeri per gridare ad un allarme che è solo in parte giustificato e che gli altri paesi europei faticano a comprendere, perché falsato dalla strumentalizzazione politica. Nel 2014 abbiamo avuto 64mila richieste di asilo a fronte di oltre 170mila ingressi via mare. Un dato che si legge in modo elementare: oltre 100mila persone hanno solo attraversato il nostro Paese per dirigersi verso altri stati europei, alimentando le richieste soprattutto in paesi come la Germania, dove vi sono state 202mila domande di asilo, ma anche in nazioni più piccole come la Svezia, dove ve ne sono state 81mila. Un aspetto che potrebbe confortare chi non tollera gli stranieri, ma che dovrebbe porci un altro interrogativo, dato che la dispersione dei profughi è un indicatore dello stato di salute della nostra economia. La dispersione è la prova che il nostro mercato del lavoro è oggi poco attraente, ma è utile ricordare che lo stesso mercato, seppure in crisi o anche perché in crisi, necessita tuttora di manodopera straniera.
Nel 2014, a fronte di un martellante uso politico e giornalistico dell’immagine dell’invasione, sono stati necessari due decreti flussi per lavoro stagionale e non, per complessive 30mila persone non comunitarie, con una riserva dedicata al completamento dei cantieri dell’Expo di Milano. E altri 13mila sono gli stranieri non comunitari considerati necessari alla nostra economia con il primo decreto flussi del 2015. La presenza e l’ingresso degli stranieri, infatti, è un elemento indispensabile in una società come la nostra, in strutturale squilibro demografico e con un mercato del lavoro che continua a richiedere profili professionali che non siamo più in grado di fornire. La politica del doppio binario, in altre parole, quella che ci fa dire e fare cose opposte, che ci fa gridare all’invasione e promuovere gli ingressi, appare oggi sempre più inadatta e pericolosa, vero elemento di immaturità e inadeguatezza della nostra classe politica. Le polarizzazioni tra buonisti e contrari, il continuo ricorso a pensieri semplici e demagogici, la cultura della polemica, dell’allarme e dell’emergenza, sono solo alcuni dei veri nodi che la nostra società deve sciogliere se vuole tornare a governare i fenomeni e non solo cavalcarli sulla base della convenienza elettorale.
È per questo che facciamo un forte richiamo al senso di responsabilità di tutti, ma in particolare ci rivolgiamo a chi ricopre cariche pubbliche, e perciò aspira alla guida delle comunità locali e del Paese, e a chi opera nel campo dell’informazione e concorre alla formazione dell’opinione pubblica. A tutti chiediamo uno sforzo per superare le semplificazioni e cercare di comprendere realmente ciò che sta accendendo attorno a noi e nel Mondo. Agli operatori dei media chiediamo di fare informazione nel rispetto della “Carta di Roma”, documento approvato dall’Ordine dei Giornalisti e che definisce le linee guida in materia di rifugiati, richiedenti asilo, vittime della tratta e migranti, coerentemente con i dettati deontologici presenti nella Carta dei doveri del giornalista. Agli amministratori pubblici chiediamo di agire con la saggezza del buon padre di famiglia, figura retorica citata nel nostro ordinamento per indicare un comportamento sufficientemente riflessivo ed equilibrato da non provocare fatti illeciti. A tutti, operatori, amministratori e cittadini, chiediamo di non fermarsi a giudizi sommari e superficiali, di promuovere la coesione sociale e la solidarietà, anziché la divisione e il conflitto, perché ciò che accade nel mondo e nel nostro Paese ci riguarda nel presente ma soprattutto riguarderà i nostri figli e le generazioni future. Ciò che seminiamo ora nelle nostre comunità locali, sarà il raccolto di chi verrà dopo di noi.
Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza del veneto