«Nel Mediterraneo è in corso una guerra tra le persone e il mare. Per comprendere quello che sta avvenendo, il grande sforzo che l’Italia sta facendo con Mare Nostrum, è importante conoscere il contesto geopolitico. C’è chi dice: “aiutatiamoli a casa loro”. Certo, se ce l’avessero una casa». Parla così Laura Boldrini, presidente della Camera dei Deputati, in occasione di “Prima di prendere il mare”. Il nome dell’iniziativa è esplicito: cosa possono fare Italia ed Europa per mettere un freno al fenomeno che vede ogni giorno donne e uomini in fuga da conflitti e persecuzioni sfidare il mare, rischiando la vita, nella speranza di raggiungere la salvezza sulle coste del vecchio continente? A proporre e valutare possibili soluzioni oltre a Laura Boldrini, il ministro degli Interni Angelino Alfano, il sottosegretario agli Esteri Mario Giro e il presidente della commissione Diritti umani del Senato Luigi Manconi, promotore del dibattito e di un piano europeo di ammissione umanitaria.
Prima tra le possibilità, secondo Laura Boldrini, è l’attuazione della direttiva europea 2001/55 che stabilisce, in caso di afflusso massiccio di sfollati, standard minimi per la concessione della protezione internazionale temporanea, promuovendo l’equilibrio degli sforzi tra gli stati membri che ricevono i richiedenti asilo. Non si può aiutare a casa chi una casa non ce l’ha, come ha affermato la presidente della Camera – basti pensare che in Italia la maggior parte dei rifugiati proviene da Siria, Eritrea e Mali, ma si può provare a garantire loro maggior sicurezza, a evitare che il mare continui a inghiottire persone. Per la Boldrini i punti di partenza, insieme all’applicazione della direttiva, potrebbero essere rappresentati dall’affiancare Frontex a Mare Nostrum e dal ricorso allo strumento già esistente del reinsediamento.
Secondo Angelino Alfano è necessario un approccio organico dell’Unione europea nei confronti dell’Africa che «organizzi i controlli per la richiesta di asilo direttamente lì, per poter poi applicare una strategia chiara per la protezione delle frontiere che metta fine all’immigrazione illegale» onde evitare il rischio di una «reazione xenofoba dei cittadini della quale abbiamo già trovato traccia nelle ultime elezioni europee».
L’importanza di lavorare sulla creazione di corridoi umanitari è rimarcata anche da Mario Giro; d’altra parte anticipare la richiesta di protezione nei paesi di transito grazie all’istituzione di presidi internazionali è il cuore del piano di ammissione umanitaria dell’Unione europea di Luigi Manconi. Nata in seguito al 3 ottobre 2013 dal confronto tra il senatore e il sindaco di Lampedusa, Giusy Nicolini, la proposta prevede la creazione di canali umanitari che consentano ai richiedenti asilo di raggiungere l’Europa in modo sicuro. Evitando i paesi troppo instabili, come la Libia, secondo i promotori del piano, i presidi potrebbero essere istituiti, per esempio, in Egitto e Libano.
Laurens Jolles, delegato UNHCR per il sud Europa, esprime apprezzamento per le proposte, ma nota anche le criticità che queste portano con sé: «Bisogna essere realistici: ero in Siria quando si sparse la voce che i profughi iracheni potevano avanzare domanda d’asilo in ambasciata. Di fronte alle sedi diplomatiche arrivarono 700mila persone. Creare dei presidi è possibile, ma bisogna lavorare duramente per prepararli». Oltre alla difficoltà di gestione, il delegato UNHCR considera, inoltre, il rischio di «delegare ai paesi limitrofi la questione», aggiungendo che dobbiamo ricordare che i rifugiati hanno diritto di accesso a paesi terzi, a prescindere da come essi arrivino. Per esortare a valutare con attenzione l’efficacia delle possibili azioni, infine, Jolles racconta che nel 2013 hanno usufruito del reinsediamento meno del 10% delle persone che l’UNHCR stimava ne avrebbero fatto richiesta: «Non esiste purtroppo una soluzione unica».
Su tre punti, però, tutti sono d’accordo: è urgente una politica europea condivisa; bisogna riconoscere il ruolo cruciale di Mare Nostrum; è necessario distribuire lo sforzo tra i vari paesi europei. La base – forse – per procedere con più forza nel tentativo di trovare una soluzione che argini le morti in mare e offra ai rifugiati un’accoglienza migliore.
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