Migranti forzati e non aumentati del 41% da inizio secolo. L’International Migration Report 2015 delle Nazioni Unite analizzato dal Sole 24 Ore
È scarsa la «consapevolezza che i numeri che stanno investendo l’Europa – pur importanti – rappresentano solo una parte del movimento di persone in atto, da sempre, nel mondo», scrive Rossella Cadeo per il Sole 24 Ore introducendo le tendenze rilevate dall’International Migration Report 2015.
I migranti – nella definizione più generica del termine, comprendendo quindi tutti coloro che lasciano il proprio paese – sono nel mondo 244 milioni, a fronte di circa 7,4 miliardi di persone.
Paesi lasciati e paesi raggiunti
Dal rapporto delle Nazioni Unite emerge come l’immigrazione verso l’Europa dal 2000 sia aumentata del 34%, con cifre che variano da paese a paese e sono più alte lì dove è maggiore l’indice di benessere (vedi la mappa del Sole 24 Ore, qui a fianco). Un incremento significativo, il quale però resta al di sotto di una media globale del +41%, dato che sottolinea come i flussi migratori (forzati e non), con questo aumento generale, rappresentino una sfida a livello mondiale.
Nonostante la media europea sia al di sotto di quella globale per quanto riguarda l’incremento registrato negli ultimi 15 anni, resta l’Europa il paese che ospita il maggior numero di immigrati, con 76 milioni di persone; un numero che, tuttavia, deve essere considerato in rapporto a una popolazione complessiva di oltre 742 milioni (proiezione Onu per il 2015).
Interessante notare, come suggerisce il Sole 24 Ore che «due terzi degli “stranieri nel mondo” abitano in appena 20 Paesi». Al primo posto gli Stati Uniti: nei movimenti delle persone il “sogno americano” – complice la vicinanza col Messico – continua a esistere; gli Usa assorbono da solo quasi un quinto degli emigrati a livello globale. Seguono Germania, Russia, Arabia Saudita e Regno Unito.
L’Asia, dove l’incremento di immigrati è stato maggiore (+53%) è allo stesso tempo il continente che genera il maggior numero di emigrati: tra i primi 10 paesi di provenienza troviamo l’India, con 16 milioni di persone ad averla abbandonata, la Cina con 10, il Bangladesh con 7, il Pakistan con 6, le Filippine con 5. Il Messico, coi suoi 12 milioni di emigrati, è secondo solo all’India per numero di migranti in uscita. Tra i primi dieci paesi troviamo anche la Russia e l’Ucraina, per un totale di 17 milioni di persone e la Siria, con la guerra che ha prodotto 5 milioni di rifugiati.
Il 72% in età da lavoro
L’età media, rileva il rapporto, è salita da 38 a 39 anni, mentre i giovani sotto i 20 anni rappresentano il 15% del totale. «Alto risulta il contributo che le collettività immigrate possono dare al bilancio economico e demografico del Paese ospite», scrive il Sole 24 Ore, in considerazione del fatto che il 72% dei migranti è in età da lavoro. «Va anche evidenziato – aggiunge il quotidiano – che gli over 65 sono il 12% (30 milioni) dei residenti totali nel mondo. E in Europa, già alle prese con il rallentamento della natalità e il progressivo invecchiamento della popolazione, questo “carico” pesa più che altrove (18%)».
“Le due facce dello sviluppo”
«Sapere che per ogni mille abitanti della Terra “solo” 33 appartengono alla categoria dei migranti, intesi come coloro che, stando alla definizione (semplicistica ma necessaria) dettata dalle statistiche internazionali, vivono in un Paese diverso da quello in cui sono nati, può spingerci a riconsiderare l’immagine mediatica delle migrazioni e ci aiuta a ricondurre il fenomeno della mobilità internazionale alla sua reale consistenza: 244 milioni di persone su una popolazione di 7,4 miliardi». Lo scrive, sempre sul Sole 24 Ore Gian Carlo Blangiardo, ricordando tuttavia che le tendenze emerse dall’International Migration Report 2015 pongono una serie di domande legittime e impongono una riflessione attenta. Dovremmo, per Blangiardo, agire su due piani: «Occorre infatti operare con lungimiranza non solo perché le migrazioni possano continuare a rappresentare un fondamentale contributo in termini di capitale umano per un nord del mondo sempre più impoverito dalle dinamiche demografiche in atto, ma anche (e soprattutto) per impedire che sia la valvola di sfogo dell’emigrazione e non, come sarebbe giusto e auspicabile, lo sviluppo, l’unica opportunità lasciata a centinaia di milioni di esseri umani che inseguono il legittimo sogno di una vita migliore».
Per leggere entrambi gli articoli clicca qui: «Nel mondo 244 milioni di migranti» e «Le due facce dello sviluppo».