Lo studio della Fondazione Leone Moressa “Gli stranieri ci invadono?“, analizza le dinamiche demografiche e le caratteristiche della presenza straniera in Italia e in Europa
Prosegue il progetto Coffee Break, realizzato dalla Fondazione Leone Moressa con il sostegno di Money Gram e finalizzato ad analizzare i luoghi comuni più diffusi sull’immigrazione. Il secondo studio, “Gli stranieri ci invadono?“, analizza le dinamiche demografiche e le caratteristiche della presenza straniera in Italia e in Europa.
Nel mondo 272 milioni di migranti, soprattutto tra Paesi vicini. Le previsioni demografiche mondiali raccontano di una continua crescita della popolazione africana (che nel 2050 rappresenterà oltre un quarto della popolazione mondiale) e di un progressivo calo di quella europea, che vive un periodo di bassa natalità e allungamento della speranza di vita (nel 2050 sarà appena il 7% del totale mondiale). Tuttavia, i dati analizzati consentono di affermare che le migrazioni non riguardano solo i flussi Africa-Europa, ma seguono traiettorie ben più complesse e, nella maggioranza dei casi, riguardano Paesi della stessa regione.
La situazione sugli sbarchi nei paesi del Mediterraneo. Il 2019 è l’anno che registra il numero minore di arrivi nel Mediterraneo: dopo il milione di profughi del 2015 (entrati in Europa nell’83% dei casi dalla Grecia) gli arrivi hanno iniziato a diminuire arrivando a 125 mila. In Italia l’anno con il maggior numero di sbarchi è stato il 2016 (181 mila), mentre da luglio 20171 gli sbarchi nel nostro Paese decrescono, arrivando agli 11 mila attuali. Oggi il paese di ingresso principale è la Grecia. Gli arrivi si sono poi tramutati in richieste d’asilo: dal 2015 al 2018 sono state effettuate in Europa quasi 4 milioni di richieste d’asilo, un milione e mezzo nella sola Germania, 384 mila in Italia. Numeri importanti, ma nettamente inferiori ai 71 milioni di profughi mondiali.
Dove sono i 71 milioni di profughi. La migrazione non segue necessariamente una rotta Sud-Nord, ma generalmente si realizza tra paesi vicini, nella stessa regione geografica. Questo è ancor più vero per le migrazioni forzate (c.d. profughi) che sono stimabili in 71 milioni: il 58% dei profughi nel mondo è ancora all’interno del Paese d’origine (sfollati interni), mentre i principali Paesi di accoglienza sono Turchia, Pakistan e Uganda. Nella maggior parte dei casi si tratta di siriani (6,7 milioni), afgani (2,7 milioni) e profughi del Sud Sudan (2,3 milioni).
In Ue presenza straniera al 7,8%. In realtà questi spostamenti rappresentano solo una piccola parte delle migrazioni totali. Secondo le Nazioni Unite nel 2019 sono 272 milioni le persone residenti in un Paese diverso da quello di nascita (migranti internazionali), ovvero il 3,5% della popolazione mondiale. Si tratta di un fenomeno che coinvolge tutti i continenti, tanto che i primi Paesi per numero di immigrati sono Stati Uniti, Arabia Saudita, Germania e Russia. In tutta l’Ue la popolazione straniera (includendo cittadini comunitari in altri Paesi membri) rappresenta il 7,8% della popolazione totale. Presentano valori sopra la media i Paesi più popolosi come Germania (11,7%) e Regno Unito (9,5%). L’Italia, con 5,2 milioni di stranieri residenti, si colloca leggermente al di sotto degli altri grandi Paesi Ue ed è il 14° paese europeo per incidenza straniera, arrivando al 19° posto se consideriamo i nati all’estero.
Gli stranieri in Italia. Gli immigrati presenti oggi in Italia, dunque, non sono principalmente quelli arrivati negli ultimi anni via mare. Sono invece in maggioranza nazionalità radicate nel nostro Paese da almeno vent’anni, come Romania, Albania, Marocco, Cina, Ucraina. Anche l’identikit dell’immigrato in Italia è profondamente diverso rispetto a quello che comunemente si immagina: si tratta in prevalenza di donne (51,7%), di cittadini di provenienza europea e di religione cristiana.
Il calo dell’immigrazione in Italia. Negli ultimi anni, anzi, l’immigrazione in Italia è diminuita: i Permessi di Soggiorno per lavoro sono stati ridotti drasticamente (-96,1% dal 2010 al 2018), mentre l’aumento dei motivi umanitari non ha comunque portato questa componente ad essere la principale, seconda dietro ai ricongiungimenti familiari.