I media e le parole per raccontare la strage infinita
A cura di Cospe
Mentre quotidianamente si aggiorna la macabra conta di centinaia di vite spezzate nel Mediterraneo, dalle coste della Libia ai camion nel cuore dell’Europa, le testate internazionali si interrogano su come raccontare questa strage infinita.
Ha suscitato interesse la decisione di Al Jazeera di sostituire il termine migranti con rifugiati. La scelta è dovuta non solo al fatto che il termine refugee è legalmente e eticamente più corretto per quei Paesi che ricevono coloro che non hanno avuto altra possibilità se non quella di abbandonare le proprie case. Ma non solo, la rete televisiva internazionale va oltre, specificando che il termine migrant– applicabile, piuttosto, a coloro che hanno la scelta di cercare una vita migliore altrove –“ ha acquisito un valore peggiorativo in gran parte dell’Occidente e non è più idoneo a riflettere la realtà di oggi.” Sullo slittamento semantico di migrant da termine neutrale a definizione carica di connotazione negative si era già espresso The Guardian e anche il Washington Post ha proposto un’interessanteriflessione sul linguaggio da utilizzare quando si parla di rifugiati.
Le morti dei migranti non valgono per i media quanto quelle degli altri, difficilmente se ne parla come individui singoli, sono solo numeri. «Quando applichiamo una terminologia riduttiva alle persone», prosegue il giornalista Barry Malone, i media contribuiscono a creare un ambiente fertile per «l’hate speech e il razzismo».
Ne sanno qualcosa le nostre testate nazionali, da Libero a Il Giornalepassando per molte testate online, che dello sciacallaggio mediatico e della propaganda anti stranieri fanno il loro pane quotidiano. Titoli allarmistici e sensazionali, editoriali basati su dati mal interpretati,notizie false che rimbalzano sul web e aizzano reazioni disgustose. E’ proprio sui social network che si gioca una battaglia importante per impedire la diffusione dell’odio e fortunatamente si vedono i primi passi avanti di alcune testate, che prendono posizioni forti. Il social media staff de La Stampa ha deciso di cancellare i commenti razzisti e bannare gli autori. Anche altre testate, non solo in Italia, stanno seguendo questa direzione: “E’ responsabilità etica dei media cancellare i messaggi razzisti, discriminatori, che incitano alla violenza o irrispettosi della dignità delle persone e bannare i loro autori” è la forte posizione della Federazione Europea dei giornalisti che si unisce all’Associazione Carta di Roma nella campagna #nohatespeech.
Cospe partecipa attivamente e rilancia questa campagna all’interno del progetto BRICKS, che ha l’obiettivo di combattere la diffusione di discorsi d’incitamento all’odio contro i migranti e le minoranze, puntando sulla collaborazione con le testate online e l’educazione ai media per i giovani grazie a: interviste con le principali testate nazionali, scambi internazionali tra social media manager, formazioni per educatori ed insegnanti, manuali didattici, laboratori nelle scuole secondarie superiori ed eventi pubblici (Web Marketing festival, Festival del giornalismo digitale, Festival di Internet).
Il prossimo appuntamento è infatti con “Parole d’odio” a Igea Marina il 4 e il 5 settembre.Impegnarsi per fermare il discorso dell’odio e promuovere un’informazione di qualità è un dovere e un impegno che ci assumiamo quotidianamente e oggi ancora con più forza.
#nohatespeech.