Sono bastati pochi minuti perché la strumentalizzazione si facesse spazio. Sui social media, ma anche sulle testate giornalistiche.
Rilanciamo una riflessione di Igiaba Scego sulle conseguenze dell’attacco subito dal giornale satirico Charlie Hebdo, pubblicata da Internazionale:
«Oggi mi hanno dichiarato guerra. Decimando militarmente la redazione del giornale satirico Charlie Hebdo mi hanno dichiarato guerra. Hanno usato il nome di dio e del profeta per giustificare l’ingiustificabile. Da afroeuropea e da musulmana io non ci sto.
“Not in my name”, dice un famoso slogan, e oggi questo slogan lo sento mio come non mai. Sono stufa di essere associata a gente che uccide, massacra, stupra, decapita e piscia sui valori democratici in cui credo e lo fa per di più usando il nome della mia religione. Basta! Non dobbiamo più permettere (lo dico a me stessa, ai musulmani e a tutti) che usino il nome dell’islam per i loro loschi e schifosi traffici.
Vorrei che ogni imam in ogni moschea d’Europa lo dicesse forte e chiaro. Sono stufa di veder così sporcato il nome di una religione. Non è giusto. Come non è giusto veder vilipesi quei valori di convivenza e pace su cui è fondata l’Unione europea di cui sono cittadina. Sono stufa di chi non rispetta il diritto di ridere del prossimo. Stufa di vedere ogni giorno, da Parigi a Peshawar, scorrere sangue innocente. E ho già il voltastomaco per i vari xenofobi che aspettano al varco. So già che ci sarà qualcuno che userà questo attentato contro migranti e figli di migranti per qualche voto in più. C’è sempre qualche avvoltoio che si bea delle tragedie.
È così a ogni attentato […]».
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Pochi giorni dopo Internazionale pubblica anche la lettera con cui Karim Metref risponde al commento di Igiaba Scego: «Ebbene – scrive Metref – anche se ovviamente condanno questo atto come condanno ogni violenza, non mi dissocio da niente. Non sono integrato e non chiedo scusa a nessuno. Io non ho ucciso nessuno e non c’entro niente con questa gente. Altrettanto non possono dire quelli che domani dichiareranno guerra a qualcuno in nome di questo crimine».
La lettera di Karim Metref è disponibile a questo link: «Io non mi dissocio».
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