“In fondo è questa cultura del luogo che permette a chi lo abita di restare – nonostante tutto – umano. E riconoscere l’umano nell’Altro, anche quando ha di fronte un viaggio infinitamente più lungo del nostro, e più duro”, così scrive il sociologo Marco Revelli nel libro “Non ti riconosco. Un viaggio eretico nell’Italia che cambia”.
Giunti alla quinta edizione del rapporto “Illuminare le periferie” (realizzato dall’Osservatorio di Pavia, Cospe e AICS, in collaborazione con FNSI, UsigRai e Rai per la Sostenibilità), si è sempre più consapevoli che rendere visibili, far conoscere le “periferie” geografiche e tematiche è un’occasione, per i media mainstream, di svolgere appieno la funzione informativa a cui essi sono preposti. Dare voce alle persone che vivono in paesi e contesti da cui hanno origine molte delle migrazioni contemporanee, raccontare temi “ai margini” (conflitti endemici, disagio sociale, povertà educativa, disoccupazione e disuguaglianze nell’accesso dei servizi) fa esistere quelle stesse realtà.
Il 2022 conferma una tendenza già emersa negli ultimi anni, ovvero l’incremento di attenzione nei confronti degli esteri nell’informazione di prima serata: 17.533 notizie, inclusive di hard news (guerre, conflitti, politica e relazioni internazionali) e soft news (costume, nuove tendenze, cronaca, ecc..), il 41,5% di tutte le notizie. La percentuale più elevata dal 2012 a oggi, di oltre 10 punti percentuali superiore rispetto a quanto emerso nell’anno precedente.
Una pagina estera largamente focalizzata su un evento unico, la guerra in Ucraina, protagonista dei telegiornali in tutti i suoi aspetti: rapporti diplomatici, invasione militare, crisi umanitaria, conseguenze economiche, iniziative per la pace, dibattito politico. Alla centralità della guerra in Ucraina, segue l’attenzione nei confronti dell’Europa, degli USA, della Gran Bretagna, della Russia, della Francia, della Cina e dell’Iran. È interessante sottolineare quanto la copertura degli esteri sia concentrata su pochi paesi: i primi 10 paesi o regioni coperti dai telegiornali italiani coprono oltre l’80% della pagina estera, tra questi dieci non compare né un paese africano né uno del Centro-Sud America. L’eurocentrismo della pagina degli esteri si conferma dunque come una tendenza consolidata: nel 2022 l’area geografica dell’Europa è protagonista in tre quarti delle notizie estere (74%), seguono il Nord America e l’Asia (con l’11%), mentre si ampliano le marginalità dell’Africa (2%) e del Centro-Sud America (1,2%), entrambi registrano il dato più basso degli ultimi cinque anni.
Una sorta di oblio mediatico che riguarda aree e paesi; nove paesi dell’Africa sub-sahariana definiti prioritari per la Cooperazione italiana (Burkina Faso, Senegal, Niger, Etiopia, Kenya, Somalia, Sudan, Sud Sudan e Mozambico) sono presenti in 36 notizie, sei in meno rispetto a quanto rilevato nel 2021. In tutto il 2022, un paese come il Senegal, con una diaspora storicamente molto presente e radicata in Italia, con rapporti commerciali consolidati, è stato presente in 2 servizi. Un paese che, ora, sta attraversando una fase molto delicata, con scontri nelle piazze, vittime tra i manifestanti, arresti di attivisti, giornalisti, e persone della società civile. Lo Yemen che, nel corso del 2021, era stato portato come esempio di “oblio”, in tutto il 2022 non è stato presente in alcun servizio.
Come ha affermato Anna Meli, giornalista e responsabile della comunicazione del Cospe “la guerra in Ucraina oltre a sconvolgere drammaticamente un paese e gli equilibri geopolitici ha segnato un punto di svolta storico nelle relazioni internazionali e anche per chi, come COSPE, da anni si batte per i diritti dei popoli oppressi da regimi liberticidi ovunque nel mondo e da un sistema economico che distrugge il pianeta e alimenta le disuguaglianze. Ciò che sembra emergere con forza è la differenza tra conflitti con un impatto anche visivo immediato e quelle più o meno volutamente ai margini dell’informazione, a riprova di quanto il potere influenzi e sia a sua volta influenzato dalle logiche mediatiche e di quanto importante sia il lavoro di moltissimi bravi giornalisti per “Illuminare le Periferie”, tutte. È una sfida che dobbiamo raccogliere come professionisti, quella di trovare quel modo adeguato e non spettacolarizzato o pietistico, di restituire a quei numeri e quei corpi una soggettività fatta di storie, ma anche di desideri, speranze, fallimenti e vita quotidiana che avvicinino il lettore e lo spettatore alle realtà anche lontane”.
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