Da Atene a Grande-Synthe, giovani francesi e romeni per narrare il viaggio degli “Ulisse” moderni
Si chiama “Odyssée des migrants en Europe“ ed è il progetto che ha portato attraverso l’Europa un gruppo di giovani, francesi e romeni, per tracciare le strade, e le storie, di migranti e rifugiati tra la Francia e la Grecia.
Per raccontare questa Odissea moderna un blog, sul quale leggere i post scritti dai partecipanti al progetto, vederne le foto, seguirne i percorsi: l’obiettivo è quello di sensibilizzare i cittadini sulla questione migratoria, diffondendo l’idea di un’Europa fondata sui valori della convivenza civile e dei diritti umani.
Sognando il Regno Unito, a Calais e Grand Synthe
Quando il reportage è stato realizzato il campo di Calais esisteva ancora, dopo lo sgombero del 24 ottobre non è più così. A esserci tutt’oggi è, invece, il campo di Grande-Synthe, a 30 chilometri da Calais.
Sono un meccanico specializzato in automobili Peugeut quindi per me la Francia equivaleva al sogno americano. Ho rischiato la vita per arrivare fin qui e ho ottenuto lo status di rifugiato. Non posso deludere chi ha investito in me, ho l’occasione di riscatto.
Sono le parole di un rifugiato sudanese che vive nel campo francese. In migliaia transitano a Grande-Synthe, in attesa di trovare la loro strada verso il Regno Unito:
Sono arrivato nel 2014 e non mi è stato riconosciuto lo status di rifugiato. Ed ora sono in attesa di risposta dal riesame della commissione. Le nostre forze sono allo stremo e il nostro status non ci permette di lavorare. Vorrei raggiungere l’Inghilterra per affrontare il mio cancro. Mi è stato diagnosticato in un ospedale francese ma purtroppo non mi hanno potuto somministrare le cure nell’immediato.
Atene, culla di cultura e oggi casa di migranti e rifugiati
Atene è da sempre capitale di cultura e fasti antichi, ma negli ultimi anni è diventata simbolo della crisi economica e ora anche di quella migratoria.
Tra le storie raccontate in questa tappa vi sono quelle del campo di Eleonas, zona industriale di Atene.
[…] E poi c’era Ali, che correndo energicamente e a cuor leggero chiamava un solo nome, “Evghenia”. I bambini chiedevano a lei per la carta, i colori, lei replicava qualche volta in greco, qualche volta in inglese, ma sempre con la pazienza e la resiliente reminiscenza di un albero di olive. È stato solo la sera che ho notato un albero di olive, polveroso, piantato nell’oceano di asfalto grigio dai volontari.
Ricorda così Eleonas una delle partecipanti al progetto, Theodora Dragulescu, che racconta la condizione dei tanti minori che oggi vivono nei campi per rifugiati:
Come lo yin e lo yang, i bambini trovano dei meccanismi di reazione. Alcuni mostrano un’espressione coraggiosa, tentando di allontanare i brutti sogni mentre altri si accoccolano nelle braccia di sconosciuti inaspettatamente familiari. Per questi bambini, trovare un rifugio va oltre il cibo e il riparo. È qualcosa che riguarda la serenità. Ed è ciò che ci riguarda tutti, una responsabilità a piantare molti alberi di olive, quanti più possibile affinché prevalga, finalmente, la serenità.
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Nella foto in alto il gruppo di giovani che ha raccontato le storie di migranti e rifugiati lascia, dopo la terza e ultima visita, il campo greco di Eleonas.