Sono 18.501 i migranti e i rifugiati la cui morte o scomparsa è stata accertata negli ultimi tre anni a livello mondiale, durante il viaggio intrapreso per raggiungere la destinazione. Tra il 2015 e il 2016 vi è stato un incremento del 30.6% nel numero di vittime, passando da 5.740 a 7.495. È il Mediterraneo il luogo in cui, su scala globale, migranti e rifugiati hanno incontrato più spesso la morte: 5.079 nel 2016, quasi il 68% delle vittime a livello mondiale; è, infatti, l’annegamento la prima causa di decesso. Ogni 71 persone che ce l’hanno fatta ad attraversare il Mare Nostrum nel 2016, una ha perso la vita.
Il progetto dell’Oim “Missing Migrants” punta a tracciare in modo sempre più dettagliato i decessi di migranti e rifugiati. “Probabilmente non conosceremo mai il vero numero delle tragedie – ha affermato Joel Millman – Speriamo arrivi il giorno in cui questi numeri inizino a abbassarsi. Ma potrebbe non verificarsi presto”.
A diffondere i dati l’Organizzazione mondiale per le migrazioni, la quale precisa che l’incremento non è da attribuirsi solo a un inasprimento delle condizioni e dei pericoli affrontati da migranti e rifugiati lungo le rotte della migrazione, ma è dovuto anche a un migliorato sistema di rilevamento e registrazione dei decessi, il quale, tuttavia, continua a offrire solo una fotografia parziale della tragedia in corso. “Questi dati sono semplicemente scioccanti, – ha dichiarato William Lacy Swing, direttore generale dell’Oim a Ginevra – Si tratta di 1.096 giorni, secondo il calendario: circa 20 morti al giorno. E non crediamo di essere neppure lontanamente vicini a contare tutte le vittime. Il tempo di contare è passato: dobbiamo agire per rendere l’immigrazione legale e sicura per tutti“.
Il Mediterraneo – e in particolare quello centrale – continua a essere una delle principali rotte a livello mondiale e il luogo dove più spesso migranti e rifugiati incontrano la morte.
Secondo gli analisti dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni sono due le principali tendenze che questi dati indicano. La prima consiste nel fatto che rotte ormai consolidate come il corridoio che collega l’America latina a quella del Nord e il Mediterraneo centrale continuano a essere percorse costantemente, nonostante i tentativi dei paesi di destinazione di frenare i flussi. La seconda è relativa a un significativo ruolo dei social media e della tecnologia nel rilevamento degli incidenti: un sempre più ampio ricorso a essi da parte di migranti e rifugiati, consente loro di comunicare ad altri il verificarsi di incidenti; l’aumento delle morti e delle scomparse accertate sarebbe dovuto, in parte, a questa ragione e non solo, dunque, a una maggiore pericolosità delle rotte intraprese. “I migranti – non importa quanto basso sia il loro livello di educazione o quanto siano poveri – sono in comunicazione quasi costante con chi segue i loro progressi”, spiega Joel Millman, che per l’Oim ha documentato gli incidenti del 2016 in Europa, Africa e America latina. E aggiunge: “Molte volte sono i migranti stessi i primi a denunciare la morte dei compagni di viaggio“.
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