Dieci conversazioni con i tassisti di tutto il mondo racchiuse in un libro contro fake news e pregiudizi diffusi sul tema dell’immigrazione
Un libro di fatti, numeri e dati, che spiegano le migrazioni ma anche un dialogo reale per formularsi un’idea basata sull’esperienza, rispetto all’immigrazione, senza stereotipi di sorta. Da qui, lo spunto per l’espediente letterario delle dieci conversazioni con i tassisti di tutto il mondo che si trovano in “Passaggi migranti”, il libro di Chiara Longo Bifano e Stefano Natoli, giornalisti Rai e de Il sole 24 ore.
Il taxi è un’ambientazione particolare in cui prende vita il dialogo, « è una conversazione urbana – specifica Chiara Longo Bifano – e proprio nei grandi centri cittadini si trovano i migranti, qui molte persone che passano incominciano a parlare con il tassista di turno e nascono conversazioni. Nei dialoghi che abbiamo messo in atto noi con il tassista, complice anche l’ambiente chiuso dell’auto, si instaura un dibattito, anche un po’ “crudo” a volte, dai toni razzisti, che porta ad un ragionamento che parte da un luogo comune, poi si arriva, col procedere della discussione, ad una conclusione che mette in luce un pregiudizio di fondo».
Il libro è frutto di una osservazione specifica sul digitale e sui fenomeni di hate speech attraverso i social che ha portato gli autori ad argomentare il lavoro non solo attraverso i dialoghi con i tassisti ma anche attraverso la corposa bibliografia con dati di riferimento «ormai siamo oltre le fake news, – specifica Longo Bifano, anche su Facebook il dibattito è aperto in relazione agli algoritmi di controllo del sistema che si nutrono delle nostre reazioni in rete. Quello che però vogliamo rendere è la dimensione del dialogo faccia a faccia perché anche gli haters non porterebbero avanti certe conversazioni di persona».
I pregiudizi e il razzismo dilagante da Roma a Cracovia
Molte le città “attraversate” nel libro, si passa da un tassista romano che pensa che i migranti siano ospitati tutti negli alberghi a 4 stelle mentre gli italiani sono sotto le macerie del terremoto del centro Italia a uno di Cracovia che orgogliosamente vede nella Polonia la causa della Brexit. La tesi del primo viene messa in discussione con i fatti, portando l’esempio di tutti i migranti che si sono adoperati, e ancora lo fanno, con le attività di ricostruzione post terremoto. Al secondo che sottolinea anche le differenze di razza e che gli extracomunitari invadono l’Europa senza rispettarne i valori fondamentali, vengono poste delle domande specifiche. «In questo dialogo – sottolinea Longo Bifano – ho chiesto un riferimento a quali siano questi valori dal momento che non c’è una costituzione europea a cui rifarsi e se in caso sarebbe stato veramente disposto a metterli nero su bianco. Ecco a lui per primo ho chiesto a quali valori fondanti si ispira nel fare certe affermazioni e tutte le mie domande lo inducono ad una riflessione profonda anche su di sé. A dimostrazione che si può dialogare sempre, anche se si ha poco tempo e non ci si conosce. Si può cambiare idea o, quanto meno, aver voglia di approfondire».
Lo stereotipo principale che viene ripreso è quello dell’invasione: «smontato a più riprese – precisa la giornalista – abbiamo, infatti, fornito i dati del fenomeno in Italia e in Europa, dimostrato che Milano è l’unica città nella top 20 a livello mondiale per presenza di cittadini stranieri e di quanto siamo masochisti nel non volerci rendere conto che il fenomeno costituisce la salvezza per l’Europa in termini demografici, lavorativi, sociali e quant’altro. Una risorsa notevole».
Ius culturae e una nuova narrazione per gestire un fenomeno globale
Se il dialogo per arrivare ad una condizione di convivenza non è sempre facile e non esiste un modo per eliminare i fenomeni di razzismo tout court, il libro presenta in ultima analisi anche quali siano i passi in avanti da fare in questo momento: « Sicuramente una riforma della legge in direzione dello ius culturae –conclude Longo Bifano – ma anche essere costruttivi nella narrazione del fenomeno abbandonando i titoli da allarmismo diffuso; il fenomeno migratorio è globale e come tale va gestito senza l’intenzione di alimentare paure, senza il tentativo di destabilizzare i cittadini che è poi quello che fa gioco ai nazionalismi e ai populismi».